Revisione del debito
3 Giugno 2015 Share

Revisione del debito

Diversi economisti sono consapevoli della sostanziale necessità di revisione e ristrutturazione del debito. In particolare gli economisti Alberto Montero Soler, Bibiana Medialdea García e Nacho Álvarez Peralta avallati dal circolo 3 E (economia, ecologia e energia) sostengono, come sia necessario realizzare una analisi del processo di indebitamento pubblico e privato e delle sue conseguenze a partire da criteri sociali e non esclusivamente economici. Dall’altro lato è necessario lanciare una strategia per la ristrutturazione ordinata del debito, tanto pubblico quanto privato. “Un audit cittadino del debito è uno strumento di consapevolezza e mobilitazione sociale attraverso cui la cittadinanza organizzata inizia una revisione dell’origine e dello stato del debito, dovendo abbracciare in questa revisione sia il debito pubblico sia alcuni componenti di quello privato. La finalità della revisione è andare più in là di quanto ispezionato dalle istituzioni pubbliche che operano in questo settore e che, per questo effetto, si limitano a controllare e certificare la legalità dei procedimenti. Il suo obiettivo finale è conoscere e diffondere qual è la grandezza, le condizioni, l’oggetto e le responsabilità dell’ indebitamento che si è prodotto nella società. Come risultato di questo processo, la cittadinanza potrà discernere in maniera adeguata quali debiti possono considerarsi illegittimi”. Facciamo finta di non sapere che in altri continenti misure di contrasto come quella dell’audit sono state efficacemente utilizzate per riportare la giustizia sociale e far ripartire, in un quadro di riforme ordinate, una conversione sociale ed economica dell’economia, ridando speranza alla popolazione vittima della miseria provocata dal sistema del debito, il quale viene spesso contratto “contro l’interesse generale perché le risorse finanziarie che si ottennero si dedicarono a salvaguardare i privilegi dei gruppi di potere. L’audit sul debito già meriterebbe di essere realizzato solamente per questa ragione; specialmente quando per mezzo di questa strada si rinforzano le condizioni sociali soggettive per affrontare il processo di ristrutturazione del debito”.

Ma se la soluzione dell’audit o indagine popolare può sembrare democratica, al pari di una commissione parlamentare conoscitiva delle varie stragi, scandalosa sembrerà invece l’espressione: “ristrutturazione del debito”. Il punto di partenza in materia di ristrutturazione del debito deve essere lo sforzo al fine di instaurare come senso comune l’idea che la stessa è una conditio sine qua non per l’applicazione di qualunque programma economico che abbia come obiettivo il recupero delle condizioni economiche e di benessere della popolazione. “Ciò significa che è necessario vincere l’obiezione che suggerisce che non vogliamo pagare i debiti, dimostrando come non sia una questione di volontà, e neppure di equità sociale (nono- stante sia anche questo), piuttosto che si tratta in primo luogo di una questione di efficienza economica e di necessità”. Molti sosterranno che pagare è giusto ed è condizione necessaria e sufficiente per assolvere a tutti quegli obblighi costitutivi dello Stato come pagare gli stipendi, assicurare servizi essenziali, pagare i fornitori della pubblica amministrazione.

Da un recente studio pubblicato in “La truffa del debito pubblico. Come finanziare gli speculatori con i soldi dei cittadini facendoli anche sentire in colpa” di Paolo Ferrero (Derive approdi), viene dimostrato che anche considerando un tasso di interesse del 2% superiore al tasso di inflazione dal 1981 (anno del divorzio tra Banca d‘Italia e Ministero del Tesoro) al 2007, la cifra eccedente, ammonta ad almeno 780 miliardi di euro. Questo significa che se ci fosse stata una indagine conoscitiva, almeno la metà del debito pubblico italiano sarebbe risultato illegittimo con un dimezzamento dello stesso al 2007, ante crisi. Questo enorme flusso di denaro è andato nelle tasche di chi possedeva titoli ed in particolare banche, fondi finanziari e proporzionalmente a famiglie per lo più nella scala medioalta. Ad oggi la cifra che dal 1992 al 2014 risulta data per interessi passivi, ma risparmiata dagli italiani, come conseguenza di effettiva minor spesa pubblica rispetto alle imposte e tasse, sfiora i 750 miliardi. Chi osa dire che il popolo italiano ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità, dovrebbe considerare questi dati come la riprova del contrario: un popolo costretto a risparmiare sui propri servizi, diritti, riducendo gli investimenti sociali ed ambientali per arricchire una finanza speculativa senza regole, della quale in minima quota fanno parte in tanti.

Ulrich Beck, scriveva recentemente: “Viviamo la tragedia di trovarci in momenti rivoluzionari senza rivoluzione, e senza soggetto rivoluzionario non c’è nulla”. Ma io credo che esista la possibilità storica di una leadership mondiale costituita dai movimenti popolari e da autorità morali religiose che alleandosi potranno far fare ai popoli un salto enorme nella direzione di una riappropriazione della democrazia, sempre nella lenta impazienza che richiede sì indignazione, ma anche coraggio di cambiare le cose.

(Stralcio dal libro in corso di pubblicazione “Per un Giubileo dal Debito. Lotta, Misericordia, Comunità, Territorio” curato da Antonio De Lellis” )☺

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