Ridurre l’ineguaglianza
11 Dicembre 2018
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Ridurre l’ineguaglianza

Entro il 2030: [10.1] raggiungere e sostenere la crescita del reddito del 40% della popolazione nello strato sociale più basso ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale; [10.2] potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico o altro; [10.3] assicurare pari opportunità e ridurre le disuguaglianze nei risultati, anche eliminando leggi, politiche e pratiche discriminatorie e promuovendo legislazioni, politiche e azioni appropriate a tale proposito; [10.4] adottare politiche, in particolare fiscali, salariali e di protezione sociale, per raggiungere progressivamente una maggior uguaglianza; [10.5] Migliorare la regolamentazione e il monitoraggio di istituzioni e mercati finanziari globali e rafforzare l’attuazione di tali norme; [10.6] Assicurare una migliore rappresentanza che dia voce ai paesi in via di sviluppo nelle istituzioni responsabili delle decisioni in materia di economia e finanza globale e internazionale, per creare istituzioni più efficaci, credibili, responsabili e legittimate; [10.7] Rendere più disciplinate, sicure, regolari e responsabili la migrazione e la mobilità delle persone, con politiche migratorie pianificate e ben gestite

A livello europeo va ricordato che il 26 aprile 2017 la commissione europea ha adottato lo European Pillar of Social Rights, una proposta che stabilisce 20 principi e diritti per sostenere il buon funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. I principi sono articolati nelle seguenti tre categorie: pari opportunità ed accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque; protezione ed inclusione sociale.

In Italia, la lunga recessione e la debole ripresa economica hanno profondamente inciso sul tessuto sociale del Paese, in particolare sulle fasce più deboli della popolazione. Il divario fra il reddito disponibile equivalente ricevuto dal 20% della popolazione con più alto reddito (quintile più ricco) e quello del 20% della popolazione con più basso reddito (quintile più povero) è, in Italia, molto elevato ed è aumentato nell’ultimo decennio. Alcune regioni (Sicilia, Sardegna, ma anche Umbria, Lombardia e Lazio) registrano negli ultimi tre anni un forte aumento delle disuguaglianze di reddito. Tra i principali interventi adottati si sottolineano in particolare: a) la legge delega incentrata su una strategia nazionale per il contrasto alla povertà e la riduzione delle disuguaglianze; b) la pubblicazione del Decreto riguardante l’aggiornamento dei LeA; c) il PON Istruzione, declinato in 10 azioni legate agli SDGs, e l’aumento delle risorse (23,4 milioni) per progetti di scuole che accolgono alunni con disabilità.

La riduzione delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi fondamentali è anche al centro della Strategia Nazionale per le Aree Interne, una politica nazionale oggi estesa a oltre settanta aree lontane dai grandi centri di servizio, che coprono un quinto del territorio nazionale, con circa due milioni di abitanti. Per questi cittadini, Stato e Regioni stanno sperimentando nuove modalità di offerta dei servizi essenziali (scuola, salute, mobilità e rete web), “piegando” l’intervento pubblico settoriale alle specifiche esigenze dei singoli luoghi, attraverso un processo di condivisione con il territorio di una visione di medio-lungo periodo che si traduce in risultati attesi monitorabili e misurabili. Va poi segnalato come (secondo quanto previsto dalla Legge di riforma del bilancio approvata nel 2016) con il DEF 2017 l’Italia abbia incluso per la prima volta nella propria programmazione economica, accanto agli obiettivi tradizionali (come il PIL, l’occupazione, il deficit e il debito pubblico), quattro indicatori di benessere equo e sostenibile. Tra questi un indice di diseguaglianza del reddito disponibile (gli altri indicatori sono l’andamento del reddito medio disponibile, della mancata partecipazione al mercato del lavoro, delle emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti).

È essenziale re-imperniare le politiche e strategie di sviluppo sostenibile sull’agenda dei diritti, contrastando il crescente riduzionismo che identifica i diritti come mera rete di sicurezza e salvataggio degli esclusi per riaffermarne il ruolo come “algoritmo equalizzante” su cui costruire le regole del funzionamento di economia, società e politica. L’analisi multidimensionale – cioè quella che combina l’analisi economica con quella sociale, politica ed ecologica – consente di demistificare l’uso delle “medie” quali parametri chiave per rappresentare reddito e benessere, in quanto espone la realtà della profonda iniquità della distribuzione dei risultati di decenni di crescita economica. Infatti esplorando le disparità in modo orizzontale attraverso differenti gruppi sociali, generazionali e geografici, si evidenzia come siano sempre gli stessi gruppi ad essere discriminati da differenti tipologie di diseguaglianze. Si assume un approccio che metta in correlazione prosperità e marginalizzazione, svelando lo stretto rapporto fra le due e il modello “estrattivo” di sviluppo che ha progressivamente spostato i proventi dell’attività economica a favore delle rendite rispetto al lavoro. Il focus sulla semplice povertà – pur essenziale per urgenza e valori di condivisione e solidarietà – ci ha spesso resi ciechi sulle dinamiche di accumulazione e concentrazione delle ricchezze sempre più distanti dall’economia reale, dove famiglie e lavoratori arrancano nei loro problemi quotidiani, e sempre più legate al mondo virtuale ed immateriale della finanza e dell’informazione. Ma ciò che maggiormente interessa è il significato di guida normativa che la riduzione delle diseguaglianze può offrire alla revisione delle politiche di sviluppo: una sorta di stella polare che offre una direzione insindacabile e una cartina di tornasole per valutare leggi e programmi.☺

 

 

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