Riforma aree protette
29 Aprile 2017
La Fonte (351 articles)
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Riforma aree protette

Nei mesi scorsi il Governo Renzi (l’originale) portava avanti una riforma della L. 394/91 sulle aree protette. Tutti d’accordo nel voltare pagina, non perché la legge non fosse buona, anzi, dopo venticinque anni andava rivista, ma tutti in disaccordo sulle ricette da adottare. Era una legge figlia del suo tempo, che tutelava poco più del dieci per cento del territorio patrio. Allora i Parchi nazionali non erano i giganti fragili di adesso, con la biodiversità in pericolo, bisognosi di cure, impulsi economici e contesti normativi stringenti. Venticinque anni fa, inoltre, non erano ancora all’ordine del giorno (tranne pochi casi) le riserve marine protette né soprattutto gli inquietanti mutamenti climatici d’oggi, dal surriscaldamento del pianeta all’aumento del livello del mare.
Tutte le maggiori associazioni ambientaliste lanciano l’allarme. “La proposta di legge prevede l’introduzione del silenzio assenso per il nulla osta rilasciato dagli Enti Parco, la caccia nei parchi mascherata da controllo faunistico per tutte le specie, royalty per le opere ad elevato impatto ambientale, aumento del potere dei Comuni nella gestione dei parchi e nuove categorie di parchi per soddisfare solo gli interessi di alcuni territori – spiegano le associazioni – Ci appelliamo ai senatori chiedendo di fermare questo colpo di mano che rischia di trasformare la legge quadro sulle aree naturali protette in uno strumento per sferrare un attacco mortale al patrimonio naturale del nostro Paese. Questa proposta di riforma della Commissione Ambiente del Senato non è solo inopportuna ma è pericolosa per le sorti della natura italiana”.
Nel tentativo di rendere più snella la Legge sulle Aree naturali protette, il Senato ha di fatto indebolito la portata nazionale dei Parchi, accentuando l’influenza di interessi locali e logiche estranee alla corretta gestione del comune patrimonio naturale del Paese. Gravi passi indietro sono stati fatti per quanto riguarda la governance degli Enti Parco, di cui viene stravolta completamente l’ originaria funzione di raccordo e sintesi tra interessi locali e nazionali, tra conservazione e promozione del territorio.
Pochi giorni fa, a distanza di mesi, il WWF Italia, viene sentito nel corso dell’audizione delle Associazioni ambientaliste alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. La presidente Donatella Bianchi dichiara “Chiediamo che, nell’aggiornare la Legge 394/91, vera e propria ‘Piccola Costituzione delle Aree Protette’, si riapra il confronto nel merito con il fronte delle Associazioni e si abbia come obiettivo il mantenimento dell’importante ruolo e funzione di Parchi Nazionali e Aree Marine Protette, puntando sulle competenze e sull’innovazione, così come volle fare il Legislatore approvando la 394: se lo Stato rinuncia alle sue competenze in tema di conservazione della natura rischiamo di tornare indietro di vent’anni nelle politiche di gestione della natura. Dal patrimonio naturale del Paese dipende non solo la bellezza del nostro paesaggio e la ricchezza della nostra biodiversità, ma anche il benessere economico e sociale delle future generazioni: ricordiamo che la Costituzione, in modo chiaro e inequivocabile, attribuisce allo Stato doveri e obblighi, precisi e irrinunciabili, per la conservazione della natura e la tutela degli ecosistemi. Nel testo licenziato dal Senato non ci sono solo articoli da rivedere ma anche questioni fondamentali non affrontate come l’insufficienza delle risorse che comportano pericolose compensazioni come il ricorso alle royalties o la questione delle Riserve Naturali dello Stato, le piante organiche insufficienti”.
I punti critici evidenziati dalla presidente del WWF rispetto al testo approvato al Senato e su cui si chiede di intervenire (come le Associazioni ambientaliste avevano già sollecitato al Senato) sono i seguenti:
1- La governance dei parchi con la mancanza di competenze specifiche per la gestione, la conservazione e la valorizzazione dei beni naturali e ambientali previste per la nomina del presidente e del direttore del parco e il difficile equilibrio nei Consigli direttivi con l’ingresso nella componente riservata allo stato di rappresentanti del mondo agricolo e la scomparsa della componente scientifica.
2- Le Aree Marine Protette per le quali, nonostante insistano sull’ambito demaniale ‘per eccellenza’, il mare, non è previsto nessun ruolo nella gestione per lo Stato. Inoltre i loro Enti di gestione vengono trattati come enti di serie B.
3- Preoccupa il totale silenzio sul potenziamento della sorveglianza e delle dotazioni organiche dei Parchi, drammaticamente insufficienti rispetto agli importanti compiti di difesa e valorizzazione di un patrimonio indisponibile dello Stato.
4- Le Riserve Naturali dello Stato che anche quando sono comprese all’interno dei Parchi Nazionali restano in capo al ministero delle Politiche agricole, con una evidente contraddizione gestionale.
5- La gestione della fauna.
6- Il Piano del Parco, l’utilizzo dei loghi/marchi del Parco che deve essere omogeneo.
7- Le royalties che devono confluire in un apposito fondo gestito dal ministero dell’Ambiente, dedicato ad attività di conservazione.
8- Il silenzio assenso previsto dall’articolo 12 del testo approvato dal Senato è un punto di estrema delicatezza che rischia di essere sottovalutato visto che, come richiamano le considerazioni più volte ribadite della Corte di Giustizia Europea, l’interesse all’ambiente sia di tale importanza da richiedere sempre un’espressa valutazione da parte delle autorità che dia conto dell’istruttoria svolta.
9- L’istituzione del Parco del Delta del Po rispetto al quale non era necessario una ulteriore previsione normativa (visto che la legge 394/91 escludeva esplicitamente la possibilità di due parchi nazionali e prevedeva, dopo il 31 dicembre 1993, un Parco Nazionale). Visto che quel termine è da tempo scaduto si proceda subito all’istituzione di un Parco Nazionale.
La tutela dell’ambiente è il presupposto stesso del nostro futuro e sul mantenimento del capitale naturale si basa ogni prospettiva di benessere: le aree naturali protette costituiscono al tempo stesso uno strumento di conservazione e un banco di prova per lo sviluppo sostenibile.

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