riscoperta della comunità di Leo Leone
4 Luglio 2013 Share

riscoperta della comunità di Leo Leone

 

Viviamo in una società in calo nella dimensione dialogica tra cittadini e gruppi di ogni genere. Assistiamo ad una frammentazione dilagante pervasa da individualismo e da una cultura di nicchia centrata sull’interesse di pochi.

La turbolenza che dilaga contagia soggetti e gruppi che operano nel sociale e che, per le finalità poste alla base dei loro programmi, dovrebbero muoversi in una dimensione di socializzazione e di interscambio con altri interlocutori operanti sul territorio e anche in contesti di più ampio respiro nel dare risalto ai valori e nel promuovere iniziative volte al bene comune. Occorre rilanciare con forza il principio della Sussidiarietà contenuto nel capitolo quinto della Costituzione all’articolo 118, per rivendicare il ruolo dei gruppi sociali ad ogni livello e anche per quanti si impegnano nell’ambito delle imprese e cooperative in diversi settori dell’economia. Occorre adoperarsi perché le istituzioni, ad ogni livello, riconoscano il diritto/dovere di avviare progetti e di interloquire in termini di cittadini e non di “clienti” negli spazi e nei gruppi di lavoro previsti nelle sedi dei governi centrali e periferici.

“Una società sempre più incivile concepisce la sua identità nella relazione”. Questa l’istanza di un affermato sostenitore del welfare inteso come democrazia partecipata: Aldo Bonomi. Per stabilire relazioni abbiamo bisogno di sapere chi sono gli altri e gli altri hanno bisogno di sapere chi siamo noi. Questo favorisce anche una più accessibile e motivata presa di coscienza del proprio pensare e del proprio fare. L’altro mi aiuta a scoprire i miei talenti e i miei bisogni… e viceversa.  Il processo è già avviato in diversi territori di un’Italia che si è destata anche se contagiata da una crisi che non lascia molto spazio ad una intraprendenza tesa alla realizzazione di un mutamento epocale proprio in contesti in cui si andava sempre più accentuando la condizione dei comuni polvere. Da un decennio possiamo raccogliere esperienze positive che accomunano il nord e l’estremo sud della penisola.

Segnali ve ne sono anche in Molise. Torniamo a riascoltare Aldo Bonomi: “L’alterità non sta nel soggetto, nel suo colore della pelle, nelle sue tradizioni, nel suo idioma o nella sua religione e nella comunicazione che ognuno di noi instaura con la comunità più prossima”. Il giudizio si applica efficacemente nei segnali molto incisivi e coinvolgenti che andiamo raccogliendo sul nostro territorio a partire dalla nascita, proprio nel capoluogo regionale, della già menzionata cooperativa “I colori della terra”. Essa è in attivazione e coinvolge attivamente cittadini donatori e volontari nella coltivazione di prodotti genuini del nostro territorio che a breve verranno proposti agli acquirenti  attraverso i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) il cui elenco si va ampliando sempre più e al quale hanno già aderito i numerosi cittadini che si sono fatti carico dell’iniziativa, sostenendone le spese di avvio con le loro donazioni. La peculiarità aggiuntiva che dà ancor più rilievo al progetto è data dalla presenza al suo interno di un bel gruppo di giovani immigrati di provenienza diversa: Marocco, Egitto, Bangladesh. E si stanno rivelando persone attive responsabili e aperte al confronto e disponibili all’impegno giornaliero. Insieme ad un folto gruppo di molisani che hanno aderito alla cooperativa come volontari e anche come soci lavoratori si va sviluppando un progetto che integra l’opportunità di lavoro all’esperienza concreta di accoglienza dialogica e operativa tra culture diverse volte alla crescita del senso di comunità.

Ma occorre anche evidenziare che tale esperienza si va avviando anche in zone interne e su terre più soggette al fenomeno dei comuni polvere che è presente, e in estensione diffusa, nell’area geografica del nostro Molise, come in tante altre regioni d’Italia. È stato avviato anche in territorio di Campolieto e comuni viciniori un progetto simile a quello già in atto nel capoluogo regionale. Al suo interno si va delineando un itinerario interessante che, anche lì, consente la coltura di prodotti agroalimentari propri della nostra terra, sostenuto dall’assegnazione di una vasta area coltivabile resa disponibile da parte della Curia Vescovile di Campobasso-Boiano. Tra le due iniziative si va tracciando un programma d’intesa volto alla creazione di una rete operativa che dia maggiori opportunità di crescita a tutti i progetti che andranno a svilupparsi e per raccogliere più ricche opportunità di sostegno con il ricorso a consulenze di esperti in materia e di fruizione di risorse che possano attingere a fondi di provenienza anche europea.

È questo un segnale di apertura al futuro per i giovani, e non solo, ma anche per fornire testimonianze concrete di solidarietà e di interculturalità come pure per riscoprire ridare volto e rilevanza a tradizioni e risorse paesaggistiche, storiche e artistiche della nostra terra.☺

 le.leone@tiscali.it

 

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