Riserva di coscienza
14 Marzo 2019
laFonteTV (3152 articles)
Share

Riserva di coscienza

A volte i diari di viaggio annoiano, ma spero, con questo mio reportage emotivo, nome più accattivante, di coinvolgervi in uno dei miei ultimi giri nell’Italia che non si racconta, fatta da periferie e centri, in una concezione di luogo innovativa perché in funzione delle relazioni umane. La conclusione del secondo giro di presentazione del dossier debito e contro le riforme fiscali ha toccato consecutivamente Bergamo, Milano, Torino, Genova e Ceriale (Savona). Gli incontri sono stati partecipati e coinvolgenti con una media di 30 persone a serata. Il metodo utilizzato, favorito dall’ottimo strumento del dossier, è prevalentemente quello della scuola popolare con un ruolo, da parte del divulgatore, di attivatore di conoscenze e di messa in rete di riserve di coscienza. È stato sufficiente trasmettere alcuni concetti e strumenti di analisi e poi coinvolgere i presenti, ai quali può mancare qualche conoscenza, ma non la disponibilità a condividere le proprie esperienze di vita economica quotidiana mettendole in relazione con il tema, apparentemente lontano, del debito pubblico e degli audit locali. Ne esce rafforzata la lettura del quadro politico e sociale attuale, alla luce della “marea nera”, e la rappresentazione comunitaria di preoccupante attesa. Interessante l’esperimento di Genova in cui anche la lettura dei principali avvenimenti storico-politici che prepararono e seguirono il divorzio tra Banca D’Italia e Tesoro sono stati letti e raccontati avendo sullo sfondo i fenomeni di finanziarizzazione e i conflitti istituzionali che resero possibile, unitamente a fattori internazionali, il raddoppio del nostro debito. Ma è il fisco ad averla fatta da padrone con la comprensione delle scelte di politica fiscale di tutti i governi degli ultimi 30 anni che hanno determinato una inversione di tendenza della riduzione delle disuguaglianze, avviata negli anni ‘70 con importanti riforme sociali, annullate dal mutato quadro politico generato dalla finanza globale deregolata. Iniziamo con la prima tappa di questo viaggio. L’esperienza di Bergamo è stata importante perché proprio là dove la Lega si è sviluppata mi sono reso conto di quanto sia importante costruire relazioni sociali attraverso incontri culturali, iniziative, attività, momenti di riflessione e di approfondimento di tematiche fondamentali. A Bergamo solo le Acli organizzano almeno due incontri a settimana e promuovono la conoscenza di storie di integrazione reali attraverso pubblicazioni gratuite distribuite nei supermercati, dal barbiere e nei bar. La Lega in città non ha mai vinto, ma purtroppo nella Bergamasca sovrasta tutte le altre forze politiche. Motivo? La provincia è stata lasciata ed i leghisti hanno occupato il “territorio”. Parola chiave che deve diventare l’obiettivo delle realtà sociali. Senza questo metodo, che ci fa sentire presidio territoriale, non è possibile animare il tessuto sociale e si forma il deserto culturale, si rattrappisce il senso di una comunità solidale sostituendola con quella familistica, chiusa ed invidiosa. Nella stessa provincia anche la mafia è molto sviluppata. Negli stessi giorni della mia permanenza è stato presentato da Libera il Vademecum per gli imprenditori allo scopo di prevenire un fenomeno purtroppo molto sviluppato che lascia dietro di sé una scia inarrestabile di incendi, intimidazioni e diversi omicidi. Le mafie penetrano nel tessuto economico apparentemente per sostenerlo, ma questo si traduce ben presto in un controllo territoriale e acquisizioni di quote di partecipazioni con fuoruscita sostanziale dei legittimi proprietari che vivono situazioni di crisi di liquidità strutturale. Mi viene da pensare che la stessa mafia presente nella provincia di Bergamo potrebbe avere collegamenti con la Lega: entrambe hanno una visione originaria accomunabile e come obiettivo il controllo del territorio dentro un progetto di morte. La Milano dei centri sociali e dei quartieri popolari invece attraversa momenti di tentativo di schiacciamento e reagisce con turbolenza e vivacità inaspettata. Gli obiettivi potrebbero anche essere diversi rispetto ai più tranquilli moti di protesta nonviolenta. Nei quartieri popolari i migranti o cittadini del mondo si sono insediati da tempo con molte attività, spesso aperte anche oltre il solito orario dei supermercati; questi ultimi, ormai distanti dal centro, soffrono la concorrenza degli intraprendenti esclusi del mondo tanto da decidere anch’essi di diventare piccoli per poter entrare nei mercati dei quartieri popolari. Torino, invece, di alto profilo culturale, dispone di innumerevoli spazi quasi tutti finanziati da organizzazioni di potere, ma si sofferma poco sulle disuguaglianze, guarda poco ai poveri e senza tetto che anche di giorno vengono ospitati sotto i portici, quasi nell’indifferenza dei passanti. A Torino i giovani scalpitano e cercano nelle generazioni che li hanno preceduti le orme da seguire. La rabbia cova segreta anche qui e infatti nelle 24 ore successive gruppi anarchici agiscono per le strade devastandole e condannandosi ad un futuro incerto, facendo naufragare possibili riscatti. Ma tant’è e dobbiamo fare i conti con queste realtà, sempre di sofferenza, se lasciamo ai margini gli esclusi. Genova invece, che ammalia con i suoi vicoli e monumenti storici, nasconde un mondo vivace e pieno di passione equilibrata e di visione strategica. La morte di un giovane suicida a cui avevano negato il permesso di soggiorno commuove e indigna tutta la città. La periferia ligure della provincia di Savona è alle prese con molte attività e soffre per non essere un “centro”, ma costruisce silenziosamente quella resistenza territoriale che impedirà l’arrivo e il controllo dell’onda nera di cui tutti sentono il pericolo proprio perché giunge da tutte le parti: dentro il cuore e la testa di tanti che hanno smesso di lottare e sperare. A Ceriale anche tante storie che si incastrano dentro i grandi processi storici e si rammenta come anche nel ’68, quando la vivacità culturale e le lotte spingevano la società in avanti, il potere ha usato l’ordine della sicurezza e il caos delle droghe per sbaragliare i movimenti giovanili. Ci si domanda dove finirà tanta rabbia già intercettata dalla Lega e come potrebbe trasformarsi in lotte reali.

È questa l’Italia che in questa settimana di viaggi ed incontri ho visto e racconto perché vi sia spazio per chi viene nascosto, seppur ancora gode di una riserva di coscienza, la quale non può attendere a lungo senza mutare pelle. Una pelle imprevedibile e oscura che non può restare nell’oblio senza mutare in peggio la storia di una Italia che non si stanca di sperare: tutto può essere ancora salvato senza lasciare nessuno indietro.☺

laFonteTV

laFonteTV