Ritrovare la gioia
18 Giugno 2019
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Ritrovare la gioia

«In quel giorno si dirà a Gerusalemme: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”» (Sof 3,16-17).

Il Libro del profeta Sofonia (nome che significa “il Signore ha nascosto, ha protetto”) è un libro che descrive l’infiltrazione di prassi idolatriche in mezzo al popolo di Dio che determina una dolorosa e prolungata situazione di infedeltà. Viene annunciato il castigo che si abbatterà su Giuda e sui popoli circostanti, ma anche la grazia che si riverserà sul resto del popolo fedele che non si è macchiato del peccato di idolatria.

Il Libro si colloca tutto o in parte nel periodo del regno di Giosia che nel 622 a.C. attua un’importante riforma religiosa, basata sui princìpi del libro del Deuteronomio e caratterizzata dalla volontà di purificare il culto e da una forte centralizzazione di esso a Gerusalemme. Il giudizio pronunciato contro le classi dirigenti giudee e il sincretismo marcato che aveva attecchito in tutto il popolo fanno di Sofonia uno strenuo sostenitore, o comunque un precursore, di tale processo riformatore.

Il Libro segue uno schema non rigido, dal momento che presenta digressioni dove la poesia si fa spazio tra le affermazioni teologiche, e si suddivide essenzialmente in tre parti:

-Sof 1,2–2,3: dove si afferma la potenza di Dio, si annoverano i peccati di Giuda e Gerusalemme, si rimanda al famoso “giorno del Signore” in cui i colpevoli saranno puniti e si offre l’ultima chance di salvezza invitando il popolo a rifugiarsi nel Signore;

-Sof 2,4–3,8: dove insieme a Gerusalemme vengono minacciati anche i popoli stranieri, i Filistei a Occidente, Moab e Amon a Oriente; gli Etiopi a sud, e Assur a nord (si menziona la caduta di Ninive, che invece nel libro di Giona non si verifica!);

-Sof 3,9-20: dove Dio attua una restaurazione generale che tocca sia Gerusalemme, deputata a sperimentare la presenza del Signore che garantisce la pace, che tutti i popoli, la cui sorte muta per intervento divino.

Sofonia vede Dio come il giudice universale che neutralizza i suoi oppositori e vede il popolo dell’alleanza come affetto da patologie spirituali gravissime, quali idolatria, orgoglio e assenza di fede, e da disturbi sociali notevoli, quali violenza e ingiustizia. Di fronte alla coltre di questo male vi è un’unica via d’uscita: quell’inversione di marcia che è la conversione, una virata della propria esistenza verso il Signore e la sua parola che invita innanzitutto a far pace con la propria creaturalità o piccolezza. Questo atteggiamento di accettazione serena della propria condizione che permette di aprirsi all’alleanza con Dio, all’accoglienza della sua Parola e alla pace col prossimo è quello che vivono gli ‘anawim o ‘anwe ha’aretz, cioè i piccoli, i miti e poveri della terra, che vivono lo spirito che Gesù presenterà nelle Beatitudini (cf. Mt 5,3-12). La mitezza è proposta come la via per la pace con il Signore, unico vero potente della terra, e con gli altri esseri umani che non vengono percepiti come minaccia ma come parte di uno stesso corpo a cui tutti appartengono: la grande famiglia dell’umanità.

L’intervento salvifico del Dio misericordioso che interviene con la sua grazia a trasformare le sorti da distruttive a ricreative devitalizza il peccato e suscita la gioia della salvezza, una gioia contagiosa che riporta il sole e apre ad un futuro pieno di speranza. La gioia che sarà di Myriam di Nazaret quando Gabriele le annuncerà che è giunta l’ora di far spazio a Dio e al suo regno di pace che non avrà fine (cf. Lc 1,28).

I tempi di Sofonia non sono diversi dai nostri. Orgogliosi e violenti riempiono gli schermi televisivi e le pagine di internet. Dio viene ucciso ogni giorno e così i suoi figli, specie i più indifesi, creati a sua immagine, per il delirio di onnipotenza di alcuni che si sentono autorizzati a distruggere e costruire a proprio piacimento, nascondendosi dietro la “volontà sovrana” di un popolo. Un gregge stanco e sfinito simile a pecore senza pastore, però, non sa ciò che vuole e ha bisogno di guide pacifiche, appassionate della vita, della storia, capaci di promuovere la convivialità in mezzo al popolo. I violenti che urlano e imprecano, inquinando l’anima della gente, rei di disastri ambientali interiori, umiliano il popolo rendendolo una massa di individui ripiegati ciascuno sul proprio ventre. Una classe dirigente così non comunicherà mai la gioia che è il frutto di mani prive di munizioni per la guerra e piene di fili per tessere la pace.  

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