salva l’acqua
22 Febbraio 2010 Share

salva l’acqua

Mai come in questi giorni si è tornato a parlare di acqua pubblica e di diritto umano universale dell’acqua. Fiumi di inchiostro e molte prese di posizione hanno fatto da contorno a quello che può essere definito come il rischio della privatizzazione definitiva dell’acqua in Italia. Il governo con il famoso art.15 del Dl 135/09 vuole che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali, acqua compresa, avvenga, in via ordinaria a: – imprenditori o società; – società a partecipazione mista pubblica e privata in cui quest’ultima non sia inferiore al 40%. In deroga potrebbe essere affidato ad una spa pubblica (house) o gestito nel rispetto dei principi della comunità europea, ma occorre una richiesta di parere all’autorità garante della concorrenza e del mercato circa le cause peculiari, caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato. Per il regime transitorio viene stabilito che le gestioni “in house” in essere alla data del 22 agosto 2008, affidate conformemente ai principi comunitari, cessano alla data del 31 dicembre 2011 a meno che le amministrazioni cedano almeno il 40% del capitale ai privati. Quindi tutte le 65 gestioni pubbliche esistenti in Italia dovranno cedere il 40% a privati entro il 31 dicembre 2011. Solo così potranno gestire fino alla scadenza.

Le società in house, insomma, devono trasformarsi da interamente pubbliche in soggetti misti, ma questo implica che il privato sia in grado di operare, qualora vi siano anche altri servizi (multiservice), nei diversi ambiti, e che lo stesso trovi convenienza a gestire il servizio solo  fino alla scadenza. Ma l’altra importante novità è che gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica, si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ad una quota non superiore al 40% entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30% entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015. Le gestioni affidate che non rientrano nei casi previsti cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Il 18 Novembre il governo ha posto la fiducia (per la 28esima volta) sul decreto che contiene anche la riforma dei servizi pubblici locali, compresa l'acqua. In realtà tempo per l'esame della Camera ce n'era: infatti il decreto, che l'esecutivo considera blindato, sarebbe scaduto il 24 Novembre.

Nella norma è anche spiegato che la proprietà delle reti resta pubblica. Che significa? Significa che l’incremento dei consumi e delle tariffe va ai privati che ci possono lucrare sopra, ma la proprietà – cioè i costi – rimane pubblica cioè al cittadino, che paga ma non può mettere bocca sulla gestione del servizio. Bello il mercato fatto così, no? Inoltre le statistiche prevedono un incremento dei consumi del 17%, visto che le aziende non hanno alcun interesse a “educare” i cittadini a risparmiare acqua, perché più si consuma, più guadagnano. In questo modo le norme del governo entrano in collisione con l’autonomia delle regioni e degli enti locali. Ed infatti in Puglia il forum dei movimenti è riuscito a ripubblicizzare davvero l’acqua, ma con l’art.15 sarà possibile? Vendola vuole perciò fare ricorso alla Corte Costituzionale in quanto la materia della tutela della salute e dell’alimentazione è concorrente tra Stato e Regioni e quindi il governo non può arrogarsi il diritto di decidere da solo. Il popolo dell’acqua non demorde: ha anzi già studiato l’escamotage legale per salvare le 64 gestioni “in house” che possono trasformarsi in aziende speciali e sfilarsi dalle grinfie dell’art.15. Inoltre decine di comuni stanno inserendo nel proprio statuto la dicitura “acqua diritto umano e non servizio a rilevanza economica”.

Il 12 novembre ero dinanzi a Montecitorio per salvare l’acqua come tanti cittadini provenienti da tutta l’Italia ed anche dal Molise. È stato bello vedere che possiamo fare pressione sui politici ed infatti alcuni partiti stanno spostando i propri interessi verso questi temi ed addirittura alcuni chiederanno il referendum sull’acqua pubblica e per l’esclusione del nucleare. Occorre però che gli stessi partiti che si affacciano sui temi fondamentali della vita e dell’ambiente si esprimano chiaramente sul disconoscimento della filosofia neoliberista che, muovendo da un capitalismo parassitario, assorbe diritti e sottrae ambiente naturale, privatizzando i beni comuni, ed ambiente sociale, privandoci del bene essenziale che è la relazione.☺

adelellis@virgilio.it

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