Sardine e capitoni
7 Dicembre 2019
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Sardine e capitoni

lettera aperta a quanti vogliono generare una nuova società

Nel nostro occidente per cristiani e diversamente credenti dicembre è sinonimo di natale, lo si voglia o no. Luminarie e abeti in bella mostra sono un inno alla luce e alla vita, presepi, concerti e recite hanno al centro un bambino che nasce, letterine adulatorie a babbo natale e poesie al limite del melenso da recitare rigorosamente quando si è tutti a tavola sono finalizzate da parte dei bambini a fare incetta di regali. Ma la vita che celebriamo ci sta veramente a cuore o è solo un pretesto per dare sfogo al consumismo e al vuoto che ci portiamo dentro? Un bambino adottato scriveva: “La gatta del mio vicino ha avuto quattro gattini come anche la nostra gatta. Un brutto giorno la gatta del vicino fu maciullata sotto le ruote di una macchina e allora la nostra gatta cominciò ad allattare anche i gattini rimasti orfani. Tra le persone spesso non è così. Mio padre e mia madre non sono quelli che mi hanno generato ma coloro che mi amano e mi educano ad amare”. Se il natale è accoglienza della vita, di ogni vita, se è passione d’amore, un cristiano può per calcoli politici o ideologici rifiutare lo ius soli, lo ius culturae, insomma l’accoglienza incondizionata dei bambini che si trovano sul nostro suolo? Il bambino che contempliamo nel presepe è quello che proclamerà “sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso” (Lc.12,49). Ci vuole piromani e noi ci ostiniamo ad essere pompieri!

Un fuoco torna finalmente a divampare. Sono anni che nel nostro piccolo invitiamo alla ribellione, a sovvertire questa società che sempre più calpesta i diritti dei più deboli e non possiamo non vedere con piacere questi giovani che massicciamente tornano ad animare le piazze per dire dei No con forza e decisione. No al razzismo, No all’uomo forte che grida senza dire niente di sensato, No alla distruzione dell’ambiente, No a una politica che va sempre più alla deriva, No alla lotta tra poveri per fare il gioco dei ricchi. Riusciremo finalmente a capire che non sono gli immigrati che tolgono il lavoro ai giovani, che non sono quelli che arrivano a spingere fuori dall’Italia quelli che ci abitano ma unicamente il capitale, la finanza, il guadagno dei pochi a scapito dei più? S. Agostino (V sec. d. C.) in una frase lapidaria arriva a dire al ricco: “Non ti dico di dare qualcosa di tuo al povero ma di restituirgli il suo”. In altre parole sulla ricchezza grava una ipoteca sociale! Perciò se i poveri lottano uniti il potere comincia a tremare. In controtendenza con il mercato che reclamizza il capitone non solo in cucina ma anche in politica dove troviamo sempre più persone viscide, sfuggenti ad ogni impegno di coerenza – dal cambio di casacca al contraddirsi impunemente pur di rimanere a galla – ecco in piazza i giovani che hanno scelto come emblema la sardina. E ne sono tanti. Spero sempre di più, nelle città come nei paesi. I loro No devono dirottare questa politica che ha il compito non di mettere il cappello al movimento ma di tradurre in scelte concrete il grido di giustizia della piazza. Salvini potrà pure snobbare mettendo nel simbolo della Lega un gatto, ma riuscirà solo a ingoiare bocconi amari. Chi più della sinistra potrebbe raccogliere le istanze dei giovani-sardine, che non sono ancora né di destra né di sinistra ma non si rassegnano a questa società, per dare veramente una svolta a un modello di sviluppo che calpesta i più deboli? Peccato che i sedicenti di sinistra siano solo mancini e continuino con le solite estenuanti beghe intestine a tal punto che finiranno loro stessi clandestini agli occhi dei più.

In questo non facile, anzi faticoso, cammino di attenzione agli ultimi si mettono di traverso anche uomini di chiesa, nostalgici dei tempi andati, quando, spadroneggiando, impedivano un vero cammino ecclesiale alle comunità; questi, non avendo il coraggio di contestare apertamente le scelte del papa, appoggiano quanti costruiscono politiche antitetiche ai valori evangelici. Ruini, di professione cardinale, ruina della chiesa italiana, a capo della quale si trastullò dal 1991 al 2007, anziché “dare buoni consigli non potendo più dare cattivi esempi” tende la mano a Salvini che sistematicamente calpesta solidarietà, accoglienza, giustizia sociale e ostenta madonne e rosari preferendo i crocifissi di plastica a quelli di carne. Non rassegnandosi al fatto che quel concilio, che lui aveva contribuito ad eclissare, ora torni in auge, anche grazie a papa Francesco, si permette di consigliare al papa di ignorare i risultati del sinodo sull’Amazzonia per suggerire i comportamenti da tenere in modo che la chiesa resti fuori dalla storia. Quanti scommettono su un bambino indifeso, nato in una stalla e morto su una croce, sono chiamati a fare della debolezza la loro forza, a non rassegnarsi all’andazzo della storia, a generare una società a misura di persone, a travolgere nella speranza indignata i profeti di sventura. Perché non accada ancora quanto sarcasticamente un vescovo indiano soleva ripetere: “Dove passava Cristo facevano la rivoluzione, dove passo io fanno il the!”, coinvolgiamoci nel processo di rinnovamento che chiedono i giovani e diamo una spallata definitiva a un mondo di egoismo, odio ed esclusione. Un’altra Italia è possibile!

Buon Natale.☺

 

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