Con lo zaino pieno di rullini e la Nikon al collo, inseguivi la luce, specie nelle ore intorno all’alba o al crepuscolo quando, più bassa e radente, illumina cose e soggetti in modo irrepetibile; specie in autunno, quando la nebbia affoga i paesaggi tra strati di sfumature grigio-azzurre o quando il rosso, l’arancio, l’ocra delle foglie cadute o cadenti conferiscono alle immagini calde pennellate macchiaiole. Le tue foto erano sempre una sorpresa, una carezza, un pugno, un dono…, drammatiche nei controluce o divorate dai chiaroscuri, chiare e luminose come un miracolo, impalpabili ed evanescenti come un sogno. Le sparpagliavi sul tavolo, le toccavi con delicatezza, le guardavi come si guarda un figlio, facevi incorniciare quelle che ti piacevano di più, ne tappezzavi le stanze.
Ogni tanto nei tuoi rullini c’ero io. Io con le gonne zingare e i capelli raccolti un po’ retrò, io col cappello o con il grembiule da cucina, io alle prese con i fiori in giardino… Impaziente e nervosa non sopportavo mettermi in posa, allora tu scattavi all’improvviso, senza che me ne accorgessi. A volte, preordinato l’auto- scatto, correvi a metterti al mio fianco abbracciandomi forte. Non ho mai capito come facessi a farmi venire così bene dato che non sono bella né fotogenica e tu non usavi i programmi di Photoshop per ritoccare e rendere bugiarde le immagini. Quando mi ritrovo più sola e deprivata, quando mi sento brutta perché non ci sono i tuoi occhi a guardarmi, penso che sei lì con me, con la tua macchina fotografica a rubarmi il viso, la bocca o una lacrima; che sei lì a catturarmi l’anima, a raccontarmi i pensieri, a restituirmi a me stessa su un pezzo di carta lucida o satinata. Spesso sfoglio le foto e non sono colei che osserva: spezzo la quiete, la staticità della scena, entro nello spazio, nel tempo che non è un passato, risento la tua voce, le tue mani, rivivo in simultaneità i tanti momenti di un amore fatto di sassate di parole, di silenzi muti e di dolcissime paci, conflittuale e imperfetto ma intenso e appassionato come tutti gli amori veri.
Dolores
Con lo zaino pieno di rullini e la Nikon al collo, inseguivi la luce, specie nelle ore intorno all’alba o al crepuscolo quando, più bassa e radente, illumina cose e soggetti in modo irrepetibile; specie in autunno, quando la nebbia affoga i paesaggi tra strati di sfumature grigio-azzurre o quando il rosso, l’arancio, l’ocra delle foglie cadute o cadenti conferiscono alle immagini calde pennellate macchiaiole. Le tue foto erano sempre una sorpresa, una carezza, un pugno, un dono…, drammatiche nei controluce o divorate dai chiaroscuri, chiare e luminose come un miracolo, impalpabili ed evanescenti come un sogno. Le sparpagliavi sul tavolo, le toccavi con delicatezza, le guardavi come si guarda un figlio, facevi incorniciare quelle che ti piacevano di più, ne tappezzavi le stanze.
Ogni tanto nei tuoi rullini c’ero io. Io con le gonne zingare e i capelli raccolti un po’ retrò, io col cappello o con il grembiule da cucina, io alle prese con i fiori in giardino… Impaziente e nervosa non sopportavo mettermi in posa, allora tu scattavi all’improvviso, senza che me ne accorgessi. A volte, preordinato l’auto- scatto, correvi a metterti al mio fianco abbracciandomi forte. Non ho mai capito come facessi a farmi venire così bene dato che non sono bella né fotogenica e tu non usavi i programmi di Photoshop per ritoccare e rendere bugiarde le immagini. Quando mi ritrovo più sola e deprivata, quando mi sento brutta perché non ci sono i tuoi occhi a guardarmi, penso che sei lì con me, con la tua macchina fotografica a rubarmi il viso, la bocca o una lacrima; che sei lì a catturarmi l’anima, a raccontarmi i pensieri, a restituirmi a me stessa su un pezzo di carta lucida o satinata. Spesso sfoglio le foto e non sono colei che osserva: spezzo la quiete, la staticità della scena, entro nello spazio, nel tempo che non è un passato, risento la tua voce, le tue mani, rivivo in simultaneità i tanti momenti di un amore fatto di sassate di parole, di silenzi muti e di dolcissime paci, conflittuale e imperfetto ma intenso e appassionato come tutti gli amori veri.
Con lo zaino pieno di rullini e la Nikon al collo, inseguivi la luce, specie nelle ore intorno all’alba o al crepuscolo quando, più bassa e radente, illumina cose e soggetti in modo irrepetibile; specie in autunno, quando la nebbia affoga i paesaggi tra strati di sfumature grigio-azzurre o quando il rosso, l’arancio, l’ocra delle foglie cadute o cadenti conferiscono alle immagini calde pennellate macchiaiole. Le tue foto erano sempre una sorpresa, una carezza, un pugno, un dono…, drammatiche nei controluce o divorate dai chiaroscuri, chiare e luminose come un miracolo, impalpabili ed evanescenti come un sogno. Le sparpagliavi sul tavolo, le toccavi con delicatezza, le guardavi come si guarda un figlio, facevi incorniciare quelle che ti piacevano di più, ne tappezzavi le stanze.
Ogni tanto nei tuoi rullini c’ero io. Io con le gonne zingare e i capelli raccolti un po’ retrò, io col cappello o con il grembiule da cucina, io alle prese con i fiori in giardino… Impaziente e nervosa non sopportavo mettermi in posa, allora tu scattavi all’improvviso, senza che me ne accorgessi. A volte, preordinato l’auto- scatto, correvi a metterti al mio fianco abbracciandomi forte. Non ho mai capito come facessi a farmi venire così bene dato che non sono bella né fotogenica e tu non usavi i programmi di Photoshop per ritoccare e rendere bugiarde le immagini. Quando mi ritrovo più sola e deprivata, quando mi sento brutta perché non ci sono i tuoi occhi a guardarmi, penso che sei lì con me, con la tua macchina fotografica a rubarmi il viso, la bocca o una lacrima; che sei lì a catturarmi l’anima, a raccontarmi i pensieri, a restituirmi a me stessa su un pezzo di carta lucida o satinata. Spesso sfoglio le foto e non sono colei che osserva: spezzo la quiete, la staticità della scena, entro nello spazio, nel tempo che non è un passato, risento la tua voce, le tue mani, rivivo in simultaneità i tanti momenti di un amore fatto di sassate di parole, di silenzi muti e di dolcissime paci, conflittuale e imperfetto ma intenso e appassionato come tutti gli amori veri.
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