Il silenzio degli onesti
2 Marzo 2016
laFonteTV (3152 articles)
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Il silenzio degli onesti

Per cosa siamo disposti ad alzare la voce, a scendere in piazza, a schierarci uscendo allo scoperto? Non possiamo aspettare un salvatore che agisca al posto nostro. Quanti si sono offerti e sono stati acclamati, alla fine hanno lasciato la storia peggiore di come l’avevano trovata. È compito nostro rendere migliore la vita. Martin Luter King, che si è messo in gioco e ha pagato con la vita, torna a dirci: “Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti”.

Stiamo facendo la fine della rana! È scientificamente provato, e perciò nel modo più assoluto vi invito a non ripetere l’esperimento per nessun motivo, che se una rana è in una bacinella piena d’acqua e noi iniziamo a riscaldarla lentamente, alla fine l’acqua arriverà ad ebollizione e la rana la ritroveremo lessa, perché non salta fuori. Tra noi umani sta accadendo la stessa cosa: ci stiamo lasciando cuocere, come se non fossero problemi nostri: alcuni tipi di motori hanno superato il limite di inquinamento? Nessun problema: anziché proibire quelle macchine pretendendone la trasformazione, abbiamo modificato il grado di tossicità! A Termoli e dintorni l’acqua dei rubinetti è imbevibile? Presto diventerà potabile per decreto! Se prendiamo atto che abbiamo rovinato il presente – è inutile chiamarci fuori scaricando le colpe, è da una vita ormai che facciamo mea culpa sul petto degli altri – almeno possiamo impedire che ci venga rubato il futuro.

La ricostruzione nelle zone terremotate non procede affatto bene. Tra ritardi nei pagamenti e scioglimento dell’ agenzia preposta al controllo, tra sindaci che abbaiano alla luna e bizze del presidente della giunta, ancora una volta chi paga è unicamente il terremotato che si ostina a vivere nelle baracche! Il loro problema comincia a suonare fastidioso alle nostre orecchie. Per noi è l’inizio della rimozione e per loro è la fine, perché, tempo al tempo, si estingueranno. Ho partecipato ad un incontro di imprenditori esasperati dalla mancanza di certezza nella riscossione di quanto dovuto, dopo la presentazione dello stato di avanzamento dei lavori. Erano inferociti anche per il sacrosanto timore di dover portare i libri contabili in tribunale, come è accaduto ad alcune ditte che sono già fallite, ma quando è trapelato che il governatore non avrebbe gradito nessuna protesta, chi per timore di ritorsioni e chi per non perdere i favori, hanno preferito dissolversi al momento di decidere le azioni di forza da intraprendere. Se nessuno li toglierà dall’acqua bollente faranno la fine della rana!

La certezza che è ancora in piedi il consiglio regionale – meglio sarebbe dire bullonato agli scranni – viene esclusivamente dal fatto che non sono state indette nuove elezioni; se esista la giunta, quanti siano e che cosa facciano non è dato sapere e noi molisani, tranquilli e fiduciosi come se non fossero fatti nostri, attendiamo la pasqua per rompere l’uovo, sperando in una piacevole sorpresa. In questi giorni la cronaca ci aggiorna solo su come tre compari (Frattura, Leva e Ruta) stanno riducendo la sanità a supposta, non si sa a beneficio di chi! Se il governo locale è latitante, quello nazionale invece fa danni. Ha saccheggiato la Costituzione e solo se ci svegliamo, potremo porre rimedio al danno col referendum in autunno. Intanto il Renzi nazionale ha scelto opportunisticamente, con l’avallo del presidente della repubblica, di separare il referendum contro le trivelle dalle elezioni amministrative di primavera, cosicché non ci sia troppo impegno e dunque il pronunciamento popolare non sortisca effetto. È per questo che il 17 aprile, con un chiaro sì all’ abrogazione, non lasceremo mancare il nostro contributo in modo che il governo cambi rotta. Non vogliamo fare la fine della rana!

Continuiamo a giocare spudoratamente e vergognosamente alla guerra in casa d’altri pensando che con bombardamenti e uccisioni risolviamo i problemi internazionali, anziché ripristinare un minimo di giustizia sociale ed economica. La causa di gran parte dei mali viene dalla nostra famelica necessità di spogliare le nazioni dei loro beni. I nostri affari con gli assassini del ricercatore Giulio Regeni la dice lunga su come cercheremo la verità. E intanto facciamo sempre meno per sostenere quanti tentano di fuggire da morte sicura. Ogni giorno, ininterrottamente, nei nostri mari ci sono naufragi, ma ormai i morti non fanno più notizia, non disturbano più neppure i nostri sonni. Non muoviamo un dito per togliere la rana dalla bacinella!

Se non la riduciamo a festa consumistica, l’otto marzo viene a ricordarci che i rapporti tra uomo e donna sono paritari solo sulla carta e che occorre fare ancora molta strada per la conclamata uguaglianza. I continui femminicidi attestano che il maschio non si rassegna a perdere l’egemonia: uccide perché ha paura di relazioni fra pari, sopprime perché, senza il comando, si sente nudo e fragile. Paradossalmente solo la donna, spesso vittima, può far sì che il ranocchio diventi finalmente un principe: “Io sono se tu sei” avrebbe detto il nobel per la pace Desmond Tutu.

Vorrei concludere con l’elogio dell’utopia, perché nei tempi di crisi è particolarmente necessaria: “religiosamente è considerata un’eresia; socialmente, un sogno infondato; scientificamente, una trasgressione delle leggi della natura; filosoficamente, una deviazione dalla razionalità. E tuttavia l’utopia è l’orizzonte verso cui cammina l’essere umano e costituisce il motore della storia” (Juan José Tamayo).☺

 

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