Sogno un 2011 in cui in aula ci sarà una carta geografica, in bagno un rotolo di carta igienica e, nell’armadietto, una risma di carta per la fotocopiatrice. Anzi qualcuna in più.
Sogno un 2011 in cui agli scrutini di giugno non si boccia nessuno, perché il Consiglio di classe ha funzionato e siamo riusciti a fare lavoro di squadra, attivando strategie di recupero, collaborando per risolvere un disagio, prendendoci cura di ogni insufficienza come se riguardasse tutti, non solo chi l’ha scritta sul registro.
Sogno un 2011 in cui Cammina Molise diventi lo spunto per un viaggio d’istruzione alternativo. E in cui si possa proporre un viaggio d’istruzione in regione senza essere guardati con patetico disappunto dal collega che dai 700 km in giù non si muove.
Sogno un 2011 in cui i simpatici e competenti colleghi precari conosciuti quest’anno tornino nella mia scuola, nella mia aula… e ci restino, perché sono diventati docenti a tempo indeterminato.
Sogno un 2011 in cui tutti arriviamo puntuali ai consigli, tutti restiamo seduti a partecipare costruttivamente fino alla fine, nessuno utilizza gli alunni come terreno di scontro personale con il collega indigesto e il segretario fa il segretario, non il funambolo che deve tirar fuori dalla manica un verbale fasullo.
Sogno un 2011 in cui i libri di testo costano poco e pesano meno (vabbè, è un sogno).
Sogno un 2011 in cui nelle classi “peggiori” vengano indirizzati gli insegnanti “migliori”, come accade in Svezia, i più aggiornati, i più capaci ed attivi. E anche i meglio pagati, perché la loro fatica, il loro impegno viene lodato, premiato e riconosciuto da incentivi gratificanti.
Sogno un 2011 in cui gli insegnanti vengano selezionati con rigore, ma vengano formati con altrettanto rigore, e si sentano al centro degli investimenti e delle cure di un governo che ha imparato a riempire i panini con la cultura. Perché si può. Perché dare ad un giovane la capacità di pensare con la propria testa è come dargli il pane.
Sogno un 2011 in cui non mi sento più dire che ho tre mesi di ferie, e Natale e Pasqua liberi, e che fortuna questi insegnanti. A parte che i mesi sono due, sogno che i miei amici si accorgano anche delle domeniche e dei pomeriggi spesi a preparare lezioni, dei libri comprati a mie spese per aggiornarmi e studiare, del controllo quotidiano dell’umore e dell’emotività che dobbiamo esercitare con il nostro vivace e delicato “materiale umano”, delle giornate in cui si continua a pensare sempre a quel rimprovero forse eccessivo e ci si porta a casa il “lavoro”.
Sogno un 2011 in cui, a un contraddittorio con il Ministro Maroni sullo sgombero dei campi, sia chiamata una delle maestre dei bambini rom di via Rubattino, una di quelle che trova le loro famiglie “ospitali e dignitose” e che cita con disinvoltura dati tratti da Il caso zingari di Marco Impagliazzo.
Sogno un 2011 in cui, a un contraddittorio con il Ministro Gelmini sul finanziamento alla scuola pubblica, sia chiamato un insegnante. Uno qualunque. Uno, insomma, che nella scuola ci mette piede ogni giorno e pianificherebbe le spese con attenzione e saggezza, al contrario di tagliare indiscriminatamente per ordine del Ministro dell’Economia.
Sogno un 2011 in cui gli studenti e gli operai scendano dalle gru e dai monumenti perché hanno ottenuto ciò che è giusto.
Sogno un 2011 in cui, preparando l’articolo per il primo numero de la fonte 2012, di sognare tutto questo non ci sia più bisogno.
Buon anno. ☺
gadelis@libero.it
Sogno un 2011 in cui in aula ci sarà una carta geografica, in bagno un rotolo di carta igienica e, nell’armadietto, una risma di carta per la fotocopiatrice. Anzi qualcuna in più.
Sogno un 2011 in cui agli scrutini di giugno non si boccia nessuno, perché il Consiglio di classe ha funzionato e siamo riusciti a fare lavoro di squadra, attivando strategie di recupero, collaborando per risolvere un disagio, prendendoci cura di ogni insufficienza come se riguardasse tutti, non solo chi l’ha scritta sul registro.
Sogno un 2011 in cui Cammina Molise diventi lo spunto per un viaggio d’istruzione alternativo. E in cui si possa proporre un viaggio d’istruzione in regione senza essere guardati con patetico disappunto dal collega che dai 700 km in giù non si muove.
Sogno un 2011 in cui i simpatici e competenti colleghi precari conosciuti quest’anno tornino nella mia scuola, nella mia aula… e ci restino, perché sono diventati docenti a tempo indeterminato.
Sogno un 2011 in cui tutti arriviamo puntuali ai consigli, tutti restiamo seduti a partecipare costruttivamente fino alla fine, nessuno utilizza gli alunni come terreno di scontro personale con il collega indigesto e il segretario fa il segretario, non il funambolo che deve tirar fuori dalla manica un verbale fasullo.
Sogno un 2011 in cui i libri di testo costano poco e pesano meno (vabbè, è un sogno).
Sogno un 2011 in cui nelle classi “peggiori” vengano indirizzati gli insegnanti “migliori”, come accade in Svezia, i più aggiornati, i più capaci ed attivi. E anche i meglio pagati, perché la loro fatica, il loro impegno viene lodato, premiato e riconosciuto da incentivi gratificanti.
Sogno un 2011 in cui gli insegnanti vengano selezionati con rigore, ma vengano formati con altrettanto rigore, e si sentano al centro degli investimenti e delle cure di un governo che ha imparato a riempire i panini con la cultura. Perché si può. Perché dare ad un giovane la capacità di pensare con la propria testa è come dargli il pane.
Sogno un 2011 in cui non mi sento più dire che ho tre mesi di ferie, e Natale e Pasqua liberi, e che fortuna questi insegnanti. A parte che i mesi sono due, sogno che i miei amici si accorgano anche delle domeniche e dei pomeriggi spesi a preparare lezioni, dei libri comprati a mie spese per aggiornarmi e studiare, del controllo quotidiano dell’umore e dell’emotività che dobbiamo esercitare con il nostro vivace e delicato “materiale umano”, delle giornate in cui si continua a pensare sempre a quel rimprovero forse eccessivo e ci si porta a casa il “lavoro”.
Sogno un 2011 in cui, a un contraddittorio con il Ministro Maroni sullo sgombero dei campi, sia chiamata una delle maestre dei bambini rom di via Rubattino, una di quelle che trova le loro famiglie “ospitali e dignitose” e che cita con disinvoltura dati tratti da Il caso zingari di Marco Impagliazzo.
Sogno un 2011 in cui, a un contraddittorio con il Ministro Gelmini sul finanziamento alla scuola pubblica, sia chiamato un insegnante. Uno qualunque. Uno, insomma, che nella scuola ci mette piede ogni giorno e pianificherebbe le spese con attenzione e saggezza, al contrario di tagliare indiscriminatamente per ordine del Ministro dell’Economia.
Sogno un 2011 in cui gli studenti e gli operai scendano dalle gru e dai monumenti perché hanno ottenuto ciò che è giusto.
Sogno un 2011 in cui, preparando l’articolo per il primo numero de la fonte 2012, di sognare tutto questo non ci sia più bisogno.
Sogno un 2011 in cui in aula ci sarà una carta geografica, in bagno un rotolo di carta igienica e, nell’armadietto, una risma di carta per la fotocopiatrice. Anzi qualcuna in più.
Sogno un 2011 in cui agli scrutini di giugno non si boccia nessuno, perché il Consiglio di classe ha funzionato e siamo riusciti a fare lavoro di squadra, attivando strategie di recupero, collaborando per risolvere un disagio, prendendoci cura di ogni insufficienza come se riguardasse tutti, non solo chi l’ha scritta sul registro.
Sogno un 2011 in cui Cammina Molise diventi lo spunto per un viaggio d’istruzione alternativo. E in cui si possa proporre un viaggio d’istruzione in regione senza essere guardati con patetico disappunto dal collega che dai 700 km in giù non si muove.
Sogno un 2011 in cui i simpatici e competenti colleghi precari conosciuti quest’anno tornino nella mia scuola, nella mia aula… e ci restino, perché sono diventati docenti a tempo indeterminato.
Sogno un 2011 in cui tutti arriviamo puntuali ai consigli, tutti restiamo seduti a partecipare costruttivamente fino alla fine, nessuno utilizza gli alunni come terreno di scontro personale con il collega indigesto e il segretario fa il segretario, non il funambolo che deve tirar fuori dalla manica un verbale fasullo.
Sogno un 2011 in cui i libri di testo costano poco e pesano meno (vabbè, è un sogno).
Sogno un 2011 in cui nelle classi “peggiori” vengano indirizzati gli insegnanti “migliori”, come accade in Svezia, i più aggiornati, i più capaci ed attivi. E anche i meglio pagati, perché la loro fatica, il loro impegno viene lodato, premiato e riconosciuto da incentivi gratificanti.
Sogno un 2011 in cui gli insegnanti vengano selezionati con rigore, ma vengano formati con altrettanto rigore, e si sentano al centro degli investimenti e delle cure di un governo che ha imparato a riempire i panini con la cultura. Perché si può. Perché dare ad un giovane la capacità di pensare con la propria testa è come dargli il pane.
Sogno un 2011 in cui non mi sento più dire che ho tre mesi di ferie, e Natale e Pasqua liberi, e che fortuna questi insegnanti. A parte che i mesi sono due, sogno che i miei amici si accorgano anche delle domeniche e dei pomeriggi spesi a preparare lezioni, dei libri comprati a mie spese per aggiornarmi e studiare, del controllo quotidiano dell’umore e dell’emotività che dobbiamo esercitare con il nostro vivace e delicato “materiale umano”, delle giornate in cui si continua a pensare sempre a quel rimprovero forse eccessivo e ci si porta a casa il “lavoro”.
Sogno un 2011 in cui, a un contraddittorio con il Ministro Maroni sullo sgombero dei campi, sia chiamata una delle maestre dei bambini rom di via Rubattino, una di quelle che trova le loro famiglie “ospitali e dignitose” e che cita con disinvoltura dati tratti da Il caso zingari di Marco Impagliazzo.
Sogno un 2011 in cui, a un contraddittorio con il Ministro Gelmini sul finanziamento alla scuola pubblica, sia chiamato un insegnante. Uno qualunque. Uno, insomma, che nella scuola ci mette piede ogni giorno e pianificherebbe le spese con attenzione e saggezza, al contrario di tagliare indiscriminatamente per ordine del Ministro dell’Economia.
Sogno un 2011 in cui gli studenti e gli operai scendano dalle gru e dai monumenti perché hanno ottenuto ciò che è giusto.
Sogno un 2011 in cui, preparando l’articolo per il primo numero de la fonte 2012, di sognare tutto questo non ci sia più bisogno.
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