Sogno di inizio estate
5 Luglio 2022
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Sogno di inizio estate

“L’essere umano è fatto per il futuro. Anche quando si rifugia nel passato, obbedisce al richiamo del futuro, rendendo quel passato un’immagine ideale del suo avvenire. Il presente da solo non è vita, perché nega la volontà, che della vita è la sostanza. Senza volontà – cioè senza scopi, senza ambizioni, senza sogni – non si trova la felicità” (Nicolas). Ed io aggiungerei – alle considerazioni di Nicola Gardini – che nel nostro presente, la felicità ci è “negata”, prendendo a prestito il titolo del recente saggio di Domenico De Masi.

Proviamo a sdrammatizzarlo allora questo nostro presente: viviamo un tempo che sembra farci sentire addosso tutto il peso di scelte che non abbiamo fatto direttamente, che ci costringe a fronteggiare le conseguenze della nostra ‘incolpevole’ inattività. Citando una conferenza, tenuta dal celebre economista J. M. Keynes nel 1930, De Masi rileva che “l’enorme progresso esploso in Occidente potrebbe arrestarsi da un momento all’altro e che il rapido miglioramento del tenore di vita stia imboccando una parabola discendente. […] La depressione che ha investito l’intero pianeta (allora per effetto della crisi del 1929, oggi per effetto della pandemia e della guerra) impedisce di vedere dove stiamo veramente andando” (La felicità negata).

Non è che ci sia tanto da festeggiare. E allora quale felicità stiamo inseguendo? Sta iniziando la stagione estiva e tutti aspiriamo ad una pausa, ad interrompere, anche se per breve tempo, ritmi, scadenze, impegni. E il sole e il caldo di questa estate anticipata aumentano il nostro desiderio di evasione e relax.

Mi sono venute in mente due parole della lingua inglese che insieme costituiscono un termine molto di moda: la prima è ‘squadra’ (team, [pronuncia: tim]), la seconda è ‘sogno’ (dream [pronuncia: drim]),  che accostate danno vita all’espressione – a mio avviso troppo abusata – dream team. Cos’è? Traducendo fedelmente la definizione riportata dal dizionario inglese, l’espressione sta ad indicare un “gruppo di persone scelte accuratamente, per lavorare insieme, e considerate le migliori nel campo per il quale sono state scelte”. Quanti di noi hanno fatto esperienza di questa selezione meticolosa di persone atte ad adempiere compiti e funzioni così tanto elevate? Nella nostra vita quotidiana quali persone sono al nostro fianco per aiutarci in ciò che ci compete fare, ovvero a chi noi offriamo collaborazione per la riuscita di un obiettivo? Certamente moltissime, ma non in qualità di dream team!

Familiari, partner, colleghi, amici: sono questi i/le componenti del nostro dream team, le persone che condividono il tempo e le attività con noi ed alle quali noi stessi forniamo supporto. Possono a volte farci innervosire, spesso non concordiamo su un obiettivo o un’iniziativa da intraprendere; non ce li/le siamo scelti/e noi, è vero, ma ci sarebbero state alternative? Un dream team presuppone un allenatore, un coach – per restare in un contesto anglofono – una mente esterna che sceglie, imposta, valuta e poi mette insieme. Se ci riflettiamo bene risulta essere un’imposizione, una prevaricazione, una ‘dittatura’. E poi chi ci assicura che l’esperimento funzioni, che le persone scelte siano all’altezza del compito, che i/le designati/e siano i/le “migliori”?

Singolarmente i due vocaboli che compongono la locuzione di cui stiamo parlando veicolano una visione positiva della realtà. Dream esprime ciò che di più libero, personale ed autentico una persona possa provare; è metafora della magia di desiderare di trovare sé stessi, di immaginare, di progettare. Ugualmente team – che in inglese rende semanticamente molto meglio rispetto al nostro ‘squadra’ – rimanda alla condizione di essere insieme, alla vicinanza, al sostegno, alla condivisione. Nondimeno quella di lavorare in team è una delle competenze educative europee, senza dubbio molto importante e per niente trascurabile! ‘Fare squadra’, come piace dire a molti oggi – a chi scrive meno – significa affermare il senso di appartenenza dei componenti di un gruppo, di una comunità, di una nazione, ciò che favorisce l’azione e il perseguimento di obiettivi. Un valore questo – quando non distorto o forzato – basilare per una cittadinanza consapevole e proficua.

Eppure, messi uno di fianco all’altro, i due termini sembrano allontanarsi da questa connotazione. Scompaiono magia e sogno, bandite condivisione e solidarietà. Rimane soltanto un gruppo chiuso, distaccato, distante. Non mi piace un dream team esclusivo, geniale, elitario; una squadra che stravinca ed elimini tutti gli avversari; un gruppo ristretto che si adoperi per il raggiungimento di obiettivi costi quel che costi. “Il progresso è ambivalente perché produce sempre più benessere e sempre più oppressione, cioè infelicità” ci rammenta De Masi.

Immagino invece l’intera umanità un dream team che si adopera perché tutti e ciascuno ottengano risultati, perché dignità e benessere raggiungano tutti, perché ci sia rispetto dei diritti umani e pace tra i popoli. Ma mi sa che ho preso troppo sole…☺

 

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