Tornato ad Itaca dopo venti anni e rientrato nella sua reggia sotto le false vesti di un mendicante, Ulisse si trova ad assistere allo spettacolo delle ancelle infedeli che si concedono ai Proci, pretendenti al trono e alla mano di sua moglie Penelope. Vorrebbe alzarsi e fare strage delle traditrici. Ma, se lo facesse, fallirebbe il piano organizzato per vendicarsi dei Proci. È questo il momento in cui Ulisse si rivolge al proprio cuore, che “gli latrava dentro” (Odissea XX 13): “Sopporta, cuore! Altro male più atroce sopportasti” (Odissea XX 18: ma la traduzione più fedele e incisiva sarebbe quella di Giovanni Pascoli “ben altro tu hai sopportato piú cane”). E ricordando il giorno in cui riuscì a resistere all’impulso di uccidere il Ciclope, dopo che questi aveva divorato due suoi compagni, e ad aspettare l’occasione propizia per colpirlo, dà prova di una grande e inedita capacità: l’autocontrollo. Oltre ad essere furbo e capace di affrontare i viaggi più pericolosi, Ulisse mostra di avere un’altra qualità che lo rende speciale, diverso dagli altri eroi: quella di saper dominare gli impulsi. E diventa così il simbolo dell’uomo che sente il peso della volontà degli dei, ma avverte anche di avere la possibilità di scegliere, se vuole, la sua strada. È questa la tesi, fra l’altro, di uno degli ultimi libri di Eva Cantarella (docente di Diritto greco all’Università di Milano), “Sopporta, cuore…” La scelta di Ulisse, edito nel 2010 da Laterza, in cui viene ripercorso il cammino dell’uomo per diventare libero delle sue scelte, e quindi più responsabile.
Ma al di là di questa lettura, rimane l’importanza dell’insegnamento che ci giunge direttamente dall’antichità: non lasciarsi opprimere dalle difficoltà, ma, proprio dal ricordo di quelle già vissute, e di gran lunga peggiori, attingere la forza per andare avanti. Fermi, lucidi e risoluti, come Ulisse.
Filomena Giannotti
Tornato ad Itaca dopo venti anni e rientrato nella sua reggia sotto le false vesti di un mendicante, Ulisse si trova ad assistere allo spettacolo delle ancelle infedeli che si concedono ai Proci, pretendenti al trono e alla mano di sua moglie Penelope. Vorrebbe alzarsi e fare strage delle traditrici. Ma, se lo facesse, fallirebbe il piano organizzato per vendicarsi dei Proci. È questo il momento in cui Ulisse si rivolge al proprio cuore, che “gli latrava dentro” (Odissea XX 13): “Sopporta, cuore! Altro male più atroce sopportasti” (Odissea XX 18: ma la traduzione più fedele e incisiva sarebbe quella di Giovanni Pascoli “ben altro tu hai sopportato piú cane”). E ricordando il giorno in cui riuscì a resistere all’impulso di uccidere il Ciclope, dopo che questi aveva divorato due suoi compagni, e ad aspettare l’occasione propizia per colpirlo, dà prova di una grande e inedita capacità: l’autocontrollo. Oltre ad essere furbo e capace di affrontare i viaggi più pericolosi, Ulisse mostra di avere un’altra qualità che lo rende speciale, diverso dagli altri eroi: quella di saper dominare gli impulsi. E diventa così il simbolo dell’uomo che sente il peso della volontà degli dei, ma avverte anche di avere la possibilità di scegliere, se vuole, la sua strada. È questa la tesi, fra l’altro, di uno degli ultimi libri di Eva Cantarella (docente di Diritto greco all’Università di Milano), “Sopporta, cuore…” La scelta di Ulisse, edito nel 2010 da Laterza, in cui viene ripercorso il cammino dell’uomo per diventare libero delle sue scelte, e quindi più responsabile.
Ma al di là di questa lettura, rimane l’importanza dell’insegnamento che ci giunge direttamente dall’antichità: non lasciarsi opprimere dalle difficoltà, ma, proprio dal ricordo di quelle già vissute, e di gran lunga peggiori, attingere la forza per andare avanti. Fermi, lucidi e risoluti, come Ulisse.
Tornato ad Itaca dopo venti anni e rientrato nella sua reggia sotto le false vesti di un mendicante, Ulisse si trova ad assistere allo spettacolo delle ancelle infedeli che si concedono ai Proci, pretendenti al trono e alla mano di sua moglie Penelope.
Tornato ad Itaca dopo venti anni e rientrato nella sua reggia sotto le false vesti di un mendicante, Ulisse si trova ad assistere allo spettacolo delle ancelle infedeli che si concedono ai Proci, pretendenti al trono e alla mano di sua moglie Penelope. Vorrebbe alzarsi e fare strage delle traditrici. Ma, se lo facesse, fallirebbe il piano organizzato per vendicarsi dei Proci. È questo il momento in cui Ulisse si rivolge al proprio cuore, che “gli latrava dentro” (Odissea XX 13): “Sopporta, cuore! Altro male più atroce sopportasti” (Odissea XX 18: ma la traduzione più fedele e incisiva sarebbe quella di Giovanni Pascoli “ben altro tu hai sopportato piú cane”). E ricordando il giorno in cui riuscì a resistere all’impulso di uccidere il Ciclope, dopo che questi aveva divorato due suoi compagni, e ad aspettare l’occasione propizia per colpirlo, dà prova di una grande e inedita capacità: l’autocontrollo. Oltre ad essere furbo e capace di affrontare i viaggi più pericolosi, Ulisse mostra di avere un’altra qualità che lo rende speciale, diverso dagli altri eroi: quella di saper dominare gli impulsi. E diventa così il simbolo dell’uomo che sente il peso della volontà degli dei, ma avverte anche di avere la possibilità di scegliere, se vuole, la sua strada. È questa la tesi, fra l’altro, di uno degli ultimi libri di Eva Cantarella (docente di Diritto greco all’Università di Milano), “Sopporta, cuore…” La scelta di Ulisse, edito nel 2010 da Laterza, in cui viene ripercorso il cammino dell’uomo per diventare libero delle sue scelte, e quindi più responsabile.
Ma al di là di questa lettura, rimane l’importanza dell’insegnamento che ci giunge direttamente dall’antichità: non lasciarsi opprimere dalle difficoltà, ma, proprio dal ricordo di quelle già vissute, e di gran lunga peggiori, attingere la forza per andare avanti. Fermi, lucidi e risoluti, come Ulisse.
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