Stepchild adoption?
7 Marzo 2016
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Stepchild adoption?

“Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco”: le parole dell’altissimo poeta… Francesco Guccini mi sembrano il modo migliore per iniziare una riflessione che sento di dover fare in questo tempo in cui si contrappongono rigidità intellettuali, interessi di bottega e dogmatismi di opposte visioni del mondo che alla fine giocano sulla pelle degli altri, che impongono, come diceva uno che la sapeva lunga sull’uomo, pesi insopportabili sulle spalle degli altri e loro non li toccano neppure con un dito (per chi fosse interessato, Mt 23,4). Nella sua canzone Guccini se la prende con i “preti che vendono a tutti un’altra vita” ma anche con i materialisti che cercano le loro verità per terra come i maiali le ghiande, perché entrambi difendono dogmi che passano sulla testa delle persone reali. Accetto le regole della democrazia dove è la maggioranza che alla fine decide le leggi e se in Italia ci sarà una maggioranza parlamentare e civile che vorrà il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la possibilità di avere figli giuridicamente di entrambi, avverrà. Ma non si può impedire di continuare ad avere idee proprie e pensare, ad esempio, che anche se l’aborto è legge, è comunque una sconfitta oltre che la soppressione di una vita vera e diversa da quella della madre. O si accetta che ciascuno possa avere le proprie convinzioni che può difendere democraticamente oppure significa che abbiamo sostituito la chiesa con i suoi dogmi trasformati in legge civile da uomini della provvidenza con un’altra chiesa guidata da opinion makers televisivi e affini, nuovi oracoli di una religione che pretende altrettanta uniformità di pensiero. La possibilità di dissenso democratico è ciò che salva da derive oscurantiste.

Venendo al punto, da cittadino non ho nulla in contrario (al di là di ciò che la chiesa cattolica vuole per i propri adepti) che vengano riconosciuti i diritti degli omosessuali a farsi una famiglia, perché rispetto la maggioranza democratica che approva le leggi. La questione che però non mi convince è la cosiddetta stepchild adoption, la possibilità da parte del partner legittimamente coniugato di adottare il figlio biologico dell’altro partner se il figlio in questione non è riconosciuto dall’altro attore biologico o perché non si conosce (rapporto occasionale, dono del seme) o perché non si è assunto la propria responsabilità genitoriale (non riconoscimento o abbandono alla nascita). Sulla carta apparentemente tutto bene, ma nella realtà sappiamo che si possono verificare casi di maternità surrogate e c’è la questione per me non indifferente della fecondazione eterologa. Se guardiamo al fatto che due adulti si assumono l’onere di accogliere la vita è un bene, ma è necessario a mio parere chiedere l’opinione della parte in causa, cioè il bambino. Oggi sappiamo o possiamo informarci su cosa significa per un essere umano scoprire che i propri genitori non sono quelli biologici (perché adottato, perché la madre è stata abbandonata, perché frutto di fecondazione eterologa o altro) e che, una volta scoperto, deve impegnare molte energie per ritrovare un equilibrio e per guarire la ferita che si porta dentro.

Ora nel caso di coppie dello stesso sesso ciò non è solo una possibilità ma una realtà necessaria, in quanto ci deve essere per forza uno che dica no al frutto del proprio seme perché l’altro possa adottarlo. Ciò significa che noi autorizziamo per legge che qualcuno non debba volontariamente prendersi cura del proprio figlio biologico perché un altro possa farlo. È ciò a cui si vuole arrivare, anche se per ora si parte dal caso di abbandono, di misconoscimento o morte di uno dei genitori biologici. Si parla poi, tra coloro che vorrebbero una legge più radicale, di dono dell’utero (e dell’ovulo) o del seme. Ma si può donare una persona ad un’altra e per di più senza neppure chiedere il suo parere? Siamo ritornati alla logica della proprietà tipica di società, come l’antica Roma, in cui si commerciavano schiavi oppure si decideva alla nascita se il figlio era da accogliere o da buttare o vendere. Il figlio di una coppia gay certamente, ma anche di una coppia etero che ricorre a contributi esterni, dovrà subito fare i conti che chi biologicamente lo ha messo a questo mondo lo ha lasciato per permettere ai suoi genitori attuali (di cui uno biologico) di coronare il proprio sogno.

La stepchild adoption apre la possibilità (le leggi, si sa, sono seguite da decisioni giurisprudenziali che allargano le casistiche previste dalla legge stessa) all’uso strumentale del seme, dell’ovulo e dell’utero altrui, spesso di donne costrette a vendere il proprio ventre per fame o per migliorare la condizione economica così come dall’inizio della storia sono state costrette a vendere il proprio corpo.

Il mio no è in nome delle donne usate e dei bambini che hanno il diritto a non essere regalati per legge: è questo che io sento per me stesso ed è questo che desidero per gli altri.☺

 

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