Stupri. Storie di ordinaria violenza
10 Ottobre 2017
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Stupri. Storie di ordinaria violenza

Infanzia negata

Non è cambiato nulla, senti ancora le mani che si infilano nella tua mutanda bambina, l’amico di casa che sorride sornione sussurrandoti – stanno crescendo i peli – e ti carezza; senti ancora il fiato sul collo, mentre scappi lungo i vialetti della villa, di prima mattina, undici anni forse, le mani ti stanno afferrando, fai appena in tempo a saltare dalla siepe, cadi in braccio alla cameriera che ti sussurra non lo dire a tua madre e tuo padre. Ti senti sporca non respiri, non ce la fai; la notte piangi, lo racconti alle tue sorelle che sottovoce a fiato strozzato ti ripetono di non parlare. Ti senti colpevole e non sai di cosa.

Episodi quotidiani di violenza

E poi lo sguardo annichilito in treno sul masturbatore a te davanti, il palpeggiatore d’ autobus, l’amico per bene di famiglia che incontrandoti sola per il corso ti sussurra frasi oltraggiose e lascive. Credi di essere tu la colpevole, la vergogna ti copre del tutto.

Più tardi, parlando con tantissime donne, tutte le donne con cui ho parlato, seppi che avevano subìto qualche forma di abuso. Questa espropriazione di te è ancora in corso. Vorrei affrontare l’argomento di violenza sulle donne, per l’ultima volta in questi anni, puntando su tre parti:

– la vittima che viene considerata accusata: la vergogna;

– il diverso trattamento e pensiero se lo stupratore è uno straniero;

– i mass media e come viene trattato l’argomento.

La Vergogna: se l’è cercata

Medico – Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere, una inconscia soddisfazione?

Poliziotto – Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?

Giudice – È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?

Medico – Si è sentita eccitata? Coinvolta?

Avvocato difensore degli stupratori – Si è sentita umida?

Giudice – Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?

Poliziotto – Lei ha goduto?

Medico – Ha raggiunto l’orgasmo?

Avvocato – Se sì, quante volte?

(tratto da un’intervista Franca Rame)

Rehtaeh viene violentata, ripresa durante lo stupro e insultata dagli altri coetanei: si uccide a 17 anni.

[caption id="attachment_19418" align="alignnone" width="480"] Rehtaeh Parsons, teenager violentata da 4 coetanei. Morta suicida[/caption]

Con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… “Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta. “Muoviti puttana fammi godere”. Sono di pietra.

Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. […] Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani.

Tre storie, tre mondi: Franca Rame, notissima attrice e moglie di Dario Fo, pagò nel 1973, subendo un attacco fascista sul proprio corpo, violentata e tenuta in una jeep, segregata per 4 ore da 4 fascisti che non hanno mai pagato. La ragazza iraniana si uccide per la vergogna subita e la terza sceglie di non denunciare.

Secondo l’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità – Agenzia delle Nazioni Unite per i Fondi per le Popolazioni – muore di violenza di genere lo stesso numero di vittime del cancro (UN Millennium project 2005). L’OMS definisce la violenza come “l’uso intenzionale di forza fisica o di potere, minacciato o messo in atto (…) che causa o che ha un’alta probabilità di causare lesioni, morte, danno psicologico, difficoltà nello sviluppo o deprivazione” (World Report on violence and health. Geneva: World Health Organisation, 2002).

Molte le forme di violenza subìte dalle donne:

– l’abuso sessuale, fisico ed emozionale da parte del partner intimo o di altri membri della famiglia,

– la persecuzione (stalking), le molestie sessuali o l’abuso da parte di figure d’autorità,

– la tratta per lavoro forzato o sessuale, nonché le pratiche tradizionali come matrimoni imposti o di bambine, mutilazioni genitali femminili,

– delitti d’onore, e gli abusi sessuali sistematici in situazioni di guerra

Genere è un termine che spesso viene confuso con sesso. In realtà i due termini sono connessi, ma hanno significati diversi. Violenza di genere è un’espressione spesso adoperata come sinonimo di violenza sulle donne, perché la maggior parte di queste violazioni riguarda la popolazione femminile, in virtù del grande squilibrio di potere tra uomini e donne presente nel mondo. Un aspetto cruciale del problema è che tutt’ora, sotto tutte le latitudini, le varie manifestazioni di violenza di genere continuano ad essere considerate soprattutto un problema privato, familiare, e non un problema di salute pubblica. Questo è evidente soprattutto per la violenza domestica.

La vergogna è il sentimento più diffuso dopo una stupro. E troppo spesso le vittime non denunciano

Il sentimento che emerge più forte nelle donne che l’hanno subìto è la vergogna. Soprattutto nella violenza sessuale, ma anche in quella domestica, nella vittima emerge prepotentemente il sentimento della vergogna. Perché? Cosa fa sì che non sia il molestatore, lo stupratore o l’uomo violento che picchia la moglie a provare vergogna, ma che invece a provarla sia la vittima? S’è mai sentito di un commerciante derubato che provi vergogna, al posto del ladro colto in flagrante?

Alcune statistiche dicono che nel 64% dei casi di violenza l’aggressore è il partner e in circa il 20% un ex (Corriere della Sera, 7 Giugno 2012). Il vero focus quindi dovrebbe essere sulla violenza domestica, di gran lunga la più difficile da denunciare. Anche qui il sentimento di vergogna sembra fare da padrone. Per di più nella violenza domestica si aggiunge il fatto che l’aggressore non è in questo caso uno sconosciuto ma è qualcuno che, almeno all’inizio, si ama e da cui si presuppone di essere amate. Per questo la violenza è ancora più difficile da riconoscere. Spesso viene sottolineato come la violenza domestica aumenti nelle situazioni di disagio e povertà sociale ed economica. Questo è vero, ma sarebbe un errore pensare che siano queste le cause. In realtà sono solo fattori facilitanti: c’è un’ampia casistica di violenze anche in situazioni di alto livello culturale ed economico. (segue) ☺

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