tacchi a spillo
16 Aprile 2010 Share

tacchi a spillo

 

C’erano una volta le femministe. Quelle che sognavano la parità tra uomo e donna e che scendevano in piazza, urlavano slogan, bruciavano reggiseni. Erano le cattive ragazze che reclamavano il diritto a una vita sessuale libera, che usavano la pillola, che combattevano per i diritti civili, che credevano nella «perfetta uguaglianza tra uomo e donna e a un mondo ideale a casa e in ufficio». Qualche decennio dopo le fanciulle di allora hanno abbandonato il look unisex, hanno scoperto il tacco alto (quasi tutte) e indossano vestiti sexy. Ma si guardano indietro, ripensano a quegli anni, e si chiedono: «Il femminismo è stato solo uno scherzo crudele?».

La polemica (e pessimistica) questione la tira fuori sulle colonne del New York Times l’editorialista Maureen Dowd: «Forse avremmo dovuto sapere che la storia del progresso delle donne sarebbe stata a zig zag più che un’autostrada, che il trionfo del femminismo sarebbe durato un nanosecondo e le sue ripercussioni 40 anni». Tutto perché «la rivoluzione femminista ha avuto l’inaspettata conseguenza di intensificare il pasticcio tra i sessi lasciando le donne del XXI secolo in un groviglio di dipendenza e indipendenza», in cui «uomini e donne ancora fanno confusione tra la stanza dei bottoni e quella da letto». Ed è in quest’ultima che ancora oggi i signori preferirebbero relegare le ex ragazze, «l’aroma del potere maschile è afrodisiaco per le donne, ma non vale il contrario», lo conferma l’Università del Michigan secondo cui gli uomini sposano più volentieri donne con professioni subordinate, e sempre più uomini di potere scelgono giovani ragazze di livello più basso, come segretarie e assistenti.

«Una donna è meno desiderabile se ha successo?», si chiede la Dowd. E quindi: «Il movimento femminista è stato uno scherzo crudele?». Molte femministe hanno creduto che la vita domestica fosse «un comodo campo di concentramento», invece «ora hanno perso la loro identità per diventare degli anonimi robot biologici che sognano solo di stare a casa e occuparsene». Basta con la carriera dunque, meglio la famiglia, anche perché quella di «essere la migliore in ufficio e a casa» si è dimostrata un’utopia: «Le donne oggi sono più realistiche e non vogliono essere triturate» e sempre di più «rifiutano la vecchia idea di copiare gli uomini e ridisegnare il mondo in base ai propri desideri». Anzi, sostiene Dowd, «una classe di femmine viziate si sta allontanando dal problema per limitarsi a pianificare un matrimonio ricco». La nuova etica è: «Una donna ha bisogno della carriera quanto un pesce di una bicicletta». Siamo tornate indietro di anni. E la colpa, sostiene, è delle donne stesse. In particolare di quelle giovani, le trentenni, «che sprecano il loro tempo comprando vestiti da boudoir e scambiandosi sms sugli uomini, ignorando le politiche per i diritti delle donne».

Ma in Italia non è così, sostengono alcune trentenni, (dal convegno “siamo più della metà”. Roma -2006) che considerano quella della Dowd «un’analisi riferita alla subcultura americana». Altro che «ritorno alla casalinghitudine»: «In Italia sono sempre di più le ragazze che studiano e determinate ad avere una carriera, basta guardare le università». Ma prima c’erano le femministe che demonizzavano la Barbie e i giornali femminili. Oggi le riviste per signore eleggono a modello le curve di Jessica Simpson e Pamela Anderson: «Abbiamo una società – accusa la Dowd – in cui donne di tutte le età aspirano a diventare micine sexy, prima il messaggio era "non essere un oggetto sessuale", oggi è il contrario: sii un oggetto sessuale». «Perché deve essere sempre colpa delle donne? Si possono portare i tacchi a spillo ed essere un’ottima professionista». Forse, sorride un’altra trentenne «il problema sono i maschi sempre più terrorizzati davanti alle donne, e allora che facciano loro un corso di coraggio, noi ragazze andiamo bene così». ☺

 ninive@aliceposta.it

 

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