terra madre
27 Aprile 2010 Share

terra madre

 

Un’imponente crisi energetica, climatica, alimentare, finanziaria. E un modello di pensiero e di sviluppo che ha visibilmente fallito e non sa trovare soluzioni innovative al di fuori del sistema globale che ha creato.

L'alternativa a un futuro di crisi però c’è e deve partire dall'alimentazione, è questa la tesi di Carlo Petrini, il “padre” di Slow Food, nel bel volume “Terra Madre” (Giunti, 2009): il futuro del cibo è il futuro della Terra. Il cibo è stato snaturato fino a diventare un mero prodotto di consumo, privato dei valori profondi che ha sempre avuto, è diventato una merce qualsiasi. Il suo prezzo è stabilito da regole di mercato disumane, senza badare alla qualità e senza badare a chi lo produce. Riscoprire la centralità del cibo nelle nostre vite e nelle nostre attività, ci può aiutare a trovare una chiave interessante per immaginare un futuro migliore. Saranno i contadini a salvare il mondo, con i loro saperi, grazie alla loro estraneità con il modello di pensiero imperante, grazie al fatto che sanno lavorare in sintonia con la natura, con la madre Terra. E saranno la comunità del cibo locali a riequilibrare il rapporto tra il cibo, l’uomo e la terra, trasformando l’atto di consumo in una scelta innovatrice grazie alla quale il consumatore, diventato co-produttore, si prodiga per un sistema in cui ogni comunità ha la propria sovranità alimentare.

Dall'esperienza di Terra Madre, l'incontro mondiale delle comunità del cibo ideato da Slow Food, è nato proprio uno spicchio del futuro che Petrini intravede come salvifico per l’umanità all’inizio del terzo millennio: una rete mondiale di contadini di piccola scala, di pescatori e di bravi artigiani, nonché di consumatori responsabili. Loro saranno i protagonisti di una grande rivoluzione che ha come obiettivo la conquista della sovranità alimentare per tutti i popoli della Terra. Un progetto i cui fondamenti si possono così riassumere: realizzare una produzione alimentare abbondante, sana, accessibile a tutti e tale da conservare la terra, l'acqua e l'integrità ecologica dei luoghi in cui viene prodotta, rispettando i mezzi di sussistenza dei produttori; passare a un'agricoltura biologica ed ecologica più decentrata, democratica e cooperativa, su piccola scala, così come praticata dalle comunità agricole tradizionali, dagli agroecologi e dalle popolazioni indigene per millenni, (un'agricoltura, come dimostrano la maggior parte degli strumenti di rilevazione, efficiente e produttiva almeno quanto l'agricoltura industriale); proteggere la biodiversità e garantire il diritto all'identità culturale e indigena, alla diversità umana; creare le condizioni per lo sviluppo di un commercio volontario (cioè libero), equo, sostenibile e protetto da ogni forma di concorrenza sleale.

Terra Madre (la cui edizione 2008 ha portato a Torino più di 1600 comunità del cibo provenienti da 150 paesi del mondo) è effettivamente divenuta, oggi, una rete planetaria forte e sostenuta dalle più importanti università del mondo, nel segno del cibo e della vicinanza alle grandi tradizioni gastronomiche popolari, voce di un nuovo modello di sviluppo economico, agricolo, alimentare, culturale, sulla biodiversità e rispettoso dell'ambiente e delle culture locali. Non per nulla il Times ha riconosciuto in Carlo Petrini uno degli uomini in grado di salvare il nostro pianeta.

È una crisi di sistema, quella di cui lui stesso parla e che ci investe tutti, alla quale bisogna reagire partendo dalle cose più semplici come ad esempio il cibo, per proteggere la salute del pianeta. Nel concetto dell’alimentazione è saltata infatti, secondo Petrini, l’ “analisi logica”: soggetto, predicato e complemento. Non siamo più noi a mangiare il cibo, bensì è il cibo che mangia noi. La terra ha cibo per 12 miliardi di viventi ma al mondo siamo soltanto circa la metà. Come mai la fame, allora? Si deve ripartire da una nuova divisione e valorizzazione del cibo senza sprechi. In Italia ogni giorno 4000 tonnellate di cibo vanno nella spazzatura, in Europa 50.000. Produciamo spazzatura per avidità e per mancanza di cultura sociale e alimentare facendo male all’ambiente, pretendendo sempre di più dalla terra, tramite colture intensive dannosissime, e l’uso scriteriato della chimica e della genetica, in barba alla preziosa sapienza dei vecchi contadini che deve tornare a intrecciarsi con le più alte conquiste della scienza.

Bisogna allora tornare a dare voce a loro, sostiene Slow Food da quando è nata, ai piccoli agricoltori. Bisogna ricostruire un modello di agricoltura naturalmente fertile che produca cibo nel rispetto della biodiversità e dei ritmi della natura. Ora, ad esempio possiamo mangiare di tutto in ogni stagione, ma il cibo non sa di nulla perché arriva da altre parti del pianeta, perché è diventato merce, non più specchio della terra di origine e della sua stagione. Non ha importanza che si siano perse le caratteristiche organolettiche, storiche e culturali, basta che il prezzo sia basso.

È arrivato il momento di provare a costruire un nuovo umanesimo mettendo al centro nuovi valori, mettendo al centro il respiro della vita, l’armonia con la natura. La soluzione sta nel ridare forza all’economia locale, cercare di far rinascere una nuova democrazia partecipativa, ridare linfa alle economie locali di piccola scala, sostenendo gli agricoltori dei nostri territori, incentivando ad esempio gli orti scolastici, non solo nelle scuole primarie, ma anche nelle università, come in alcune università americane dove i prodotti dell’orto si mangiano a mensa. Le derrate alimentari che girano il continente sono un assurdità.

Questo è il compito delle nuove generazione: riportare armonia tra la terra e l’uomo. Il cambiamento deve arrivare anche dalla base, non bastano le istanze ai potenti della terra, siamo tutti corresponsabili.

“Solo se sapremo riaffidare alle comunità del cibo il potere di scegliere cosa e come produrre, come distribuire e far co-produrre, potremo fermare la grande macchina che, insieme alla Terra, sta divorando anche noi. Il cibo sarà la chiave per riprenderci le nostre vite”. ☺

gadelis@libero.it

 

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