Tra Berlino e Bonefro
1 Marzo 2014 Share

Tra Berlino e Bonefro

Nel passato, quando gli amici mi chiedevano perché, dopo una vita agitata e movimentata a Berlino, avevo scelto di vivere in un piccolo paese molisano, rispondevo che era per poter convivere con il mio compagno, che era per l’aria pura e fresca e l’acqua limpida, etc.

Adesso, dopo tre settimane a Berlino, mi è venuto in mente un altro argomento: volevo scappare dall’aggressione consumistica, dal confronto, giorno per giorno, con una società dove regnano i soldi, dove non c’è equità, dove la differenza fra ricchi e poveri si vede ad ogni minuto. Per spiegarmi, vi racconto una giornata berlinese.

Mi sveglio con l’impressione di non aver dormito per niente, perche ogni mezz’ora si sentivano, di notte, le sirene delle ambulanze, dei vigili del fuoco, della polizia… cerco nell’armadio qualcosa da mettermi in questa giornata fredda, con neve e ghiaccio, e siccome non trovo niente, decido di andare in un negozio che vende vestiti a buon prezzo, perché questo viaggio non era previsto ed il biglietto aereo ha sconvolto la mia pianificazione finanziaria per questo mese. Il negozio si chiama KIK, e vende soprattutto vestiti, articoli per la casa e giocattoli. Nel negozio mi guardo intorno e vedo soprattutto donne anziane, donne turche, qualche africana, qualche russa… Prendo in mano un paio di pantaloni e subito, come un fulmine, mi vengono in mente le scene dei servizi televisivi che mostrano le condizioni di lavoro dei bambini che, in India, in Bangladesh, in Cina producono questi pezzi per un salario di fame… Immediatamente sento rimorsi per il fatto di voler comprare questo prodotto, lo rimetto al suo posto ed esco dal negozio chiedendomi perché quelli che non hanno soldi devono anche sentire il fardello della cattiva coscienza…

Lungo la strada verso casa mi accorgo che negli ultimi giorni non ho mangiato altro che spaghettini vietnamiti con un po’ di verdura, che mi piacciono e costano pochissimo. Ma oggi ho voglia di mangiare qualcosa di diverso ed entro in un supermercato dove ho fatto la spesa per quasi 40 anni, ma dove non entravo dal 2000. Vedo pochi clienti che si perdono fra verdure esotiche, piatti pre-cotti che vengono dall’Australia e da tutti i continenti. Vedo i prezzi e non posso credere che ci siano persone che spendono questa quantità di soldi per riempirsi lo stomaco… Sono circondata da un lusso che trovo superfluo, lo percepisco quasi come un’aggressione, e quando osservo le poche persone che fanno una piccola coda davanti alla cassa mi viene in mente che questi, che hanno i soldi, non hanno la cattiva coscienza e non si chiedono chi ha raccolto o fabbricato questi prodotti, in quale paese lontano, per quale salario, in quali condizioni di vita! Mi viene voglia di vomitare. Esco veloce dal negozio e vado alla stazione metro di Alexanderplatz dove mi saluta la “mia” venditrice e cuoca vietnamita che, vedendomi avvicinare, già mi prepara il mio piatto: 2,50 Euro, e mi basta per due volte. …

Ritornando a casa, mi accorgo che non è colpa della città di Berlino, perchè a Roma o a Napoli o a Firenze potrei vedere le stesse scene, avere le stesse impressioni… nel mio paese molisano, questo non succede, ma penso che è un’isola felice (felice?) in questo mondo… anche quando compro i pantaloni dal mio amico marocchino, so che sono pantaloni fatti da bambini in qualsiasi paese lontano, con salari di fame… allora, qual è la soluzione? Forse sarebbe andare con il corpo nudo… ma questo, in un piccolo paese, non si può fare. Ma neanche a Berlino.  ☺

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