Finalmente la secolare questione meridionale avrà una soluzione: il nostro premier ci ha promesso il masterplan!
Ancora una volta, per riferirsi a situazioni “nostrane”, esponenti politici ed amministratori ricorrono ad un’espressione anglofona.
Il termine inglese è il risultato di due sostantivi, il primo dei quali, secondo lo stile anglosassone, assume funzione di aggettivo. La traduzione dell’espressione è quindi “progetto principale” dove plan sta ad indicare – secondo la definizione del dizionario – un insieme organizzato di decisioni, adottate da una persona o da un gruppo, su come progettare il futuro; il piano, il programma con obiettivi e finalità, i passaggi operativi, i risultati attesi. Una normale pianificazione, quella che ogni individuo, famiglia, associazione mette in campo per raggiungere uno scopo. A maggior ragione il vocabolo appare strettamente legato al mondo della politica che ha in sé il dovere di perseguire finalità attraverso il rispetto e la guida di un progetto stabilito e condiviso.
Ma qui non si tratta di un semplice progetto, si tratta di un masterplan, vale a dire un’azione che tende a sviluppare o migliorare una comunità o un territorio attraverso un progetto a lungo raggio che deve bilanciare e armonizzare tutti gli elementi considerati. Non si tratta quindi di una operazione semplice: qualsiasi progetto richiede riflessione, impegno e tempo oltre che volontà a portarlo a termine. Non quindi di annunci o slogan si tratta, ma di attese e speranze di milioni di persone!
Il sostantivo master è entrato prepotentemente nell’ uso della lingua italiana, vuoi perché identifica un percorso di specializzazione degli studi successivo al diploma – ad imitazione del sistema di istruzione anglosassone -, vuoi perché banalizzato da gare culinarie trasmesse in televisione. L’etimo deriva dal latino magister, passato all’italiano nelle forme “maestro” e “mastro”; in inglese il suo significato però è “padrone”, a seconda del contesto: può indicare il datore di lavoro, il proprietario di un immobile o di un animale, il comandante di una nave, ecc. Non sempre gradita – e a ragione – la figura del master rimanda ad una considerazione fondamentale: un “padrone” garantisce l’importanza e la validità di ciò che si sta perseguendo, ha a cuore il successo delle azioni che decide di compiere, si impegna perché si ottengano vantaggi e non perdite. Non fa solo promesse o dichiarazioni ad effetto mediatico, si adopera perché concretamente si avvii il progetto e ne segue con cura le fasi di attuazione.
Guardando al nostro Mezzogiorno, la promessa di un masterplan comporta un impegno reale nei confronti di chi attende, da secoli, la svolta ad una condizione di emarginazione e di abbandono. Sarebbe grave non dare seguito, ancora una volta, alle dichiarazioni. “Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia”, scriveva Carlo Levi più di mezzo secolo fa.
È veramente arrivato il tempo nel nostro Sud?☺
Finalmente la secolare questione meridionale avrà una soluzione: il nostro premier ci ha promesso il masterplan!
Ancora una volta, per riferirsi a situazioni “nostrane”, esponenti politici ed amministratori ricorrono ad un’espressione anglofona.
Il termine inglese è il risultato di due sostantivi, il primo dei quali, secondo lo stile anglosassone, assume funzione di aggettivo. La traduzione dell’espressione è quindi “progetto principale” dove plan sta ad indicare – secondo la definizione del dizionario – un insieme organizzato di decisioni, adottate da una persona o da un gruppo, su come progettare il futuro; il piano, il programma con obiettivi e finalità, i passaggi operativi, i risultati attesi. Una normale pianificazione, quella che ogni individuo, famiglia, associazione mette in campo per raggiungere uno scopo. A maggior ragione il vocabolo appare strettamente legato al mondo della politica che ha in sé il dovere di perseguire finalità attraverso il rispetto e la guida di un progetto stabilito e condiviso.
Ma qui non si tratta di un semplice progetto, si tratta di un masterplan, vale a dire un’azione che tende a sviluppare o migliorare una comunità o un territorio attraverso un progetto a lungo raggio che deve bilanciare e armonizzare tutti gli elementi considerati. Non si tratta quindi di una operazione semplice: qualsiasi progetto richiede riflessione, impegno e tempo oltre che volontà a portarlo a termine. Non quindi di annunci o slogan si tratta, ma di attese e speranze di milioni di persone!
Il sostantivo master è entrato prepotentemente nell’ uso della lingua italiana, vuoi perché identifica un percorso di specializzazione degli studi successivo al diploma – ad imitazione del sistema di istruzione anglosassone -, vuoi perché banalizzato da gare culinarie trasmesse in televisione. L’etimo deriva dal latino magister, passato all’italiano nelle forme “maestro” e “mastro”; in inglese il suo significato però è “padrone”, a seconda del contesto: può indicare il datore di lavoro, il proprietario di un immobile o di un animale, il comandante di una nave, ecc. Non sempre gradita – e a ragione – la figura del master rimanda ad una considerazione fondamentale: un “padrone” garantisce l’importanza e la validità di ciò che si sta perseguendo, ha a cuore il successo delle azioni che decide di compiere, si impegna perché si ottengano vantaggi e non perdite. Non fa solo promesse o dichiarazioni ad effetto mediatico, si adopera perché concretamente si avvii il progetto e ne segue con cura le fasi di attuazione.
Guardando al nostro Mezzogiorno, la promessa di un masterplan comporta un impegno reale nei confronti di chi attende, da secoli, la svolta ad una condizione di emarginazione e di abbandono. Sarebbe grave non dare seguito, ancora una volta, alle dichiarazioni. “Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia”, scriveva Carlo Levi più di mezzo secolo fa.
Finalmente la secolare questione meridionale avrà una soluzione: il nostro premier ci ha promesso il masterplan!
Finalmente la secolare questione meridionale avrà una soluzione: il nostro premier ci ha promesso il masterplan!
Ancora una volta, per riferirsi a situazioni “nostrane”, esponenti politici ed amministratori ricorrono ad un’espressione anglofona.
Il termine inglese è il risultato di due sostantivi, il primo dei quali, secondo lo stile anglosassone, assume funzione di aggettivo. La traduzione dell’espressione è quindi “progetto principale” dove plan sta ad indicare – secondo la definizione del dizionario – un insieme organizzato di decisioni, adottate da una persona o da un gruppo, su come progettare il futuro; il piano, il programma con obiettivi e finalità, i passaggi operativi, i risultati attesi. Una normale pianificazione, quella che ogni individuo, famiglia, associazione mette in campo per raggiungere uno scopo. A maggior ragione il vocabolo appare strettamente legato al mondo della politica che ha in sé il dovere di perseguire finalità attraverso il rispetto e la guida di un progetto stabilito e condiviso.
Ma qui non si tratta di un semplice progetto, si tratta di un masterplan, vale a dire un’azione che tende a sviluppare o migliorare una comunità o un territorio attraverso un progetto a lungo raggio che deve bilanciare e armonizzare tutti gli elementi considerati. Non si tratta quindi di una operazione semplice: qualsiasi progetto richiede riflessione, impegno e tempo oltre che volontà a portarlo a termine. Non quindi di annunci o slogan si tratta, ma di attese e speranze di milioni di persone!
Il sostantivo master è entrato prepotentemente nell’ uso della lingua italiana, vuoi perché identifica un percorso di specializzazione degli studi successivo al diploma – ad imitazione del sistema di istruzione anglosassone -, vuoi perché banalizzato da gare culinarie trasmesse in televisione. L’etimo deriva dal latino magister, passato all’italiano nelle forme “maestro” e “mastro”; in inglese il suo significato però è “padrone”, a seconda del contesto: può indicare il datore di lavoro, il proprietario di un immobile o di un animale, il comandante di una nave, ecc. Non sempre gradita – e a ragione – la figura del master rimanda ad una considerazione fondamentale: un “padrone” garantisce l’importanza e la validità di ciò che si sta perseguendo, ha a cuore il successo delle azioni che decide di compiere, si impegna perché si ottengano vantaggi e non perdite. Non fa solo promesse o dichiarazioni ad effetto mediatico, si adopera perché concretamente si avvii il progetto e ne segue con cura le fasi di attuazione.
Guardando al nostro Mezzogiorno, la promessa di un masterplan comporta un impegno reale nei confronti di chi attende, da secoli, la svolta ad una condizione di emarginazione e di abbandono. Sarebbe grave non dare seguito, ancora una volta, alle dichiarazioni. “Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia”, scriveva Carlo Levi più di mezzo secolo fa.
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