una domenica diversa  di Cristina Muccilli
30 Marzo 2013 Share

una domenica diversa di Cristina Muccilli

 

“Ma quante esse avrà mai l’alfabeto spagnolo!” penso, mentre Ara mi spiega come in Argentina sia diverso l’approccio ideologico alle cose, “Non ti offendere Cristina, ma lì, quando ssi prende una possizione, la si mantiene fino alla fine”. Mi mette allegria la muchacha, rido divertita delle sue lacune storiche e della delicatezza che usa verso di me. Le spiego in una frazione di secondo l’evolversi (!) di uno dei partiti comunisti più forti d’Europa e poi le chiedo “Ora capisci chi dovrebbe tenere il polso fermo, ti meravigli ancora?” La mia amica vive in Italia da dieci anni, cittadina da cinque, ma conserva ancora quel brutto vizio della coerenza, applica categorie sorpassate, cerca l’ideologia corrispondente allo schieramento politico, pensa un po’ la sciocchina! E poi non legge i miei articoli…

Il viaggio è durato poco, siamo già a Bonefro, cerco di perdere tempo col parcheggio ma nonostante la distanza arriviamo in tempo per assistere a quasi tutta la messa. Maria Giovanna è letteralmente in lacrime, sopraffatta dal raffreddore, soffia e mugola. Decide per un esilio il più lontano possibile dal mondo e si appoggia al muro d’entrata della chiesa a due centimetri dalla sua via di fuga, la porta. Ara, raccolta, partecipa al rito, io osservo e aspetto. So che mi giocherà un brutto tiro, del resto è un prete! La funzione è al termine, padre Antonio (papà per gli amici) chiama sull’altare i tre ragazzi africani ospiti in paese. Parla Mamoudou e ringrazia per l’accoglienza, racconta che sono fuggiti dalla guerra, parla a lungo senza fermarsi, finisce invocando una benedizione. Cerco di cacciar via le lacrime e non sono la sola, vedo Maria più avanti, fra i banchi, che ha gli stessi occhi di Maria Giovanna, è una chiesa piena di raffreddore, questa!

“Vedo le rappresentanti del Primo Marzo e di Libera Molise, perché non venite a salutarci?” Lo sapevo, giuro che questa volta lo uccido. Mamoudou ha commosso tutti, Ara sta facendo altrettanto, io che dirò? All’ambone di una chiesa a parlare, io, quelli che mi conoscono da una vita non ci crederanno mai, dovrò portare le prove, mio padre si sganascerà. Tocca a me….

Decisamente un bel cambio di scena, questo, nella cucina del Don davanti ad un risotto magnifico, profumato, le facce simpatiche di quattro donne contente del momento condiviso, i tre ragazzi africani sereni, il calore avvolgente del camino e un parroco di campagna finalmente domato dalla stanchezza, almeno per un po’ smetterà di dire cattiverie sul mio intervento. Mi piace essere presa in giro da un amico, vuol dire essere nel suo cuore.

La discussione sta diventando seria, amori, abbandoni, fughe dai rapporti e battute salaci dell’unico maschio presente che non tace mai e che nel frattempo si è svegliato dal torpore. Fortunatamente gli squilla il telefono, sarà sicuramente fuori campo a lungo. Le domande si susseguono, Maria Giovanna miracolosamente riportata in vita da un’aspirina, intreccia la sua storia con quella di Ara, Rosetta e Maria, contagiate da cotanta avventura rivendicano un’autonomia femminile troppo a lungo disattesa nella nostra realtà. Cinque Giovanne d’Arco, tutte insieme in una cucina, troppe in un luogo così piccolo.

Meglio scendere per strada, meglio guardare il nemico negli occhi anziché parlarne.

Meglio ricordare a noi stesse il motivo per cui siamo qui: portare masserizie per il mercatino e quindi attivarci per questo scopo. Il ricavato delle vendite andrà ai migranti, un, due, tre, scannett’ allert’.

Ho trovato una collana per mamma e tazze dallo stile ardito per Rossana, sono deliziose queste due giovanissime donne – in due arrivano a stento a venticinque anni – che accolgono i visitatori.

È ora di andare ma Maria Giovanna è alla direzione di un movimentato incontro di vertice che ha per oggetto stoffe, fili, manufatti da realizzare, incontro a cui partecipano tutti i presenti, e tutti, ovviamente, con diritto di voto e di replica. Dispero ormai di riportare indietro lo stesso numero di viaggiatori, sento che torno  da sola. No, forse la salvezza viene proprio dai tre ospiti africani, hanno bisogno di un passaggio per tornare a casa, forse anch’io rivedrò la mia.

Siamo nel buio della strada di ritorno, per la prima volta nella giornata mi squilla il telefono, accosto e rispondo. È Maria Concetta, Franco è alla guida, stanno rientrando dal loro viaggio delle incognite, non posso certo privarli del racconto di un grande intervento nel presbiterio di una chiesa!

“Ma dove devo andare ora?”. “Il cartello indicava a destra”. “No, devi svoltare e poi andare a destra”

Mi sa che abbiamo sbagliato strada…☺

cristina.muccilli@gmail.com

 

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