una regione al collasso di Michele Petraroia | La Fonte TV
Il Molise soccombe sotto le macerie morali di una classe dirigente incapace di ricostruire il 65% delle case a dieci anni dal terremoto e con un miliardo di euro evaporati nell’approntamento di un modello fallace che non ha frenato lo spopolamento delle aree colpite, non ha messo in sicurezza le scuole e non ha rilanciato la micro-economia locale. Si balbetta contro il governo Monti e non si ha il coraggio di ammettere il fallimento di una macchina commissariale con 260 tecnici, consulenti e amministrativi, utilissima a creare consenso ma del tutto inadeguata a completare la ricostruzione. È paradossale che, con tante professionalità a libro paga, la regione non abbia ancora predisposto e approvato una legge che disciplini il passaggio dallo stato di criticità in scadenza il 30 aprile al rientro in una fase amministrativa ordinaria. Il terremoto ed il commissariamento del sistema sanitario regionale sono stati i due pilastri principali su cui ha poggiato l’amministrazione del governatore Iorio. Con la stipula del Piano di Rientro dal Debito del 30 marzo 2007, e in particolare con la nomina a commissario ad acta per la sanità del luglio 2009, Michele Iorio ha gestito con decreti monocratici l’equivalente di 650 milioni annui, e a nulla sono valsi i richiami ministeriali, le prescrizioni dei tavoli di verifica o l’affiancamento di tre sub-commissari. In realtà, il commissario ad acta ed il manager dell’ASREM, hanno gestito un potere immenso adottando provvedimenti discutibili, discrezionali e del tutto inefficaci a riportare in equilibrio finanziario il sistema.
Malgrado le addizionali più alte d’Italia ai cittadini non sono stati garantiti i livelli essenziali d’assistenza, la sanità pubblica è stata vilipesa, umiliata e svuotata, mentre non è stata esercitata una doverosa vigilanza sulle strutture sanitarie private. Col blocco delle assunzioni a 67 unità dell’ASREM – Regione sono stati accordati incentivi fino a 24 mensilità, anche in presenza di medici a cui mancavano pochi mesi per raggiungere i 40 anni di servizio e non c’è stato alcun controllo su decine di dipendenti che in basso Molise timbravano e non prestavano servizio; si è registrata una moltiplicazione di generali senza truppe con dirigenti medici di unità operative spuntate come funghi e non si è posto un freno ai comandi, ai distacchi e agli astuti allontanamenti di medici ed infermieri dalle corsie ospedaliere. Con un commissario ad acta di nome Iorio non si è ritenuto opportuno evitare potenziali conflitti di interesse con figli, fratelli, sorelle e cognati, solo per citare i familiari più stretti, a fronte di centinaia di infermieri precari assunti dalle agenzie interinali e di decine di reparti ospedalieri affidati senza concorso pubblico. Il paradosso di questi giorni vede delle finte audizioni in cui non si possono fare domande né chiedere chiarimenti, ed un consiglio regionale che dovrebbe trattare una materia delicatissima senza dati epidemiologici, schede finanziarie, conoscenza del fabbisogno sanitario della popolazione e a mero titolo informativo. Infatti il Commissario ad acta rivendica a sé la prerogativa di adottare con proprio decreto il Piano 2012-2014: quindi il passaggio in commissione ed in consiglio serve solo a buttare fumo negli occhi per poter dire a futura memoria che c’è stata una parvenza di coinvolgimento democratico.
Sull’emergenza lavoro i sindacati chiedono un interlocutore istituzionale per sbloccare le vertenze, attivare i tavoli negoziali e definire le decine di pratiche di cassa integrazione e mobilità in deroga ferme per responsabilità della Giunta Regionale presso l’assessorato. Ci sono centinaia di persone a cui è scaduta da tempo ogni copertura reddituale e sono esasperati, mentre nessuno si occupa delle loro vertenze. È semplicemente inaudita una tale insensibilità che lede la dignità delle persone e c’è bisogno di unire le forze della lotta sociale con la battaglia istituzionale per porre termine ad una pagina oscura della Regione Molise. Possibile che a fronte di un’azienda che chiude non si avverta il dovere di convocare le parti per approfondire i termini della vertenza e ricercare possibili soluzioni, almeno di tutela del reddito, per i lavoratori? Da ultimo si riaffaccia una questione incandescente: qual è il rischio di infiltrazione criminale sul nostro territorio, e la recente inchiesta della Direzione Antimafia di Napoli ha scoperchiato un intreccio pericoloso nell’area venafrana con attività imprenditoriali, passaggi di imprese e tentativi di gestire lo smaltimento dei rifiuti su scala industriale. Non tutti sono rimasti in silenzio nel periodo in cui grandi fabbriche come la RER e la Fonderghisa passarono al gruppo Ragosta di Napoli. Gli operai si opposero con scioperi memorabili e lotte che durarono qualche anno, ma la loro resistenza venne piegata, come accadde per il pastificio La Molisana e altre vertenze, dall’ignavia di una classe dirigente muta che preferì non scottarsi su vicende pericolose. Ed ancora oggi chi prova ad alzare la voce viene isolato, schernito, denigrato e screditato con fax diffamatori provenienti da Cagliari.
Solo unendo le forze sane del Molise sarà possibile fare muro e frenare l’asservimento del territorio, perché quando le figure scomode si contano sulle dita di una mano, basta poco per screditarle al cospetto dell’opinione pubblica e renderle inoffensive.☺
petraroia.michele@virgilio.it
Il Molise soccombe sotto le macerie morali di una classe dirigente incapace di ricostruire il 65% delle case a dieci anni dal terremoto e con un miliardo di euro evaporati nell’approntamento di un modello fallace che non ha frenato lo spopolamento delle aree colpite, non ha messo in sicurezza le scuole e non ha rilanciato la micro-economia locale. Si balbetta contro il governo Monti e non si ha il coraggio di ammettere il fallimento di una macchina commissariale con 260 tecnici, consulenti e amministrativi, utilissima a creare consenso ma del tutto inadeguata a completare la ricostruzione. È paradossale che, con tante professionalità a libro paga, la regione non abbia ancora predisposto e approvato una legge che disciplini il passaggio dallo stato di criticità in scadenza il 30 aprile al rientro in una fase amministrativa ordinaria. Il terremoto ed il commissariamento del sistema sanitario regionale sono stati i due pilastri principali su cui ha poggiato l’amministrazione del governatore Iorio. Con la stipula del Piano di Rientro dal Debito del 30 marzo 2007, e in particolare con la nomina a commissario ad acta per la sanità del luglio 2009, Michele Iorio ha gestito con decreti monocratici l’equivalente di 650 milioni annui, e a nulla sono valsi i richiami ministeriali, le prescrizioni dei tavoli di verifica o l’affiancamento di tre sub-commissari. In realtà, il commissario ad acta ed il manager dell’ASREM, hanno gestito un potere immenso adottando provvedimenti discutibili, discrezionali e del tutto inefficaci a riportare in equilibrio finanziario il sistema.
Malgrado le addizionali più alte d’Italia ai cittadini non sono stati garantiti i livelli essenziali d’assistenza, la sanità pubblica è stata vilipesa, umiliata e svuotata, mentre non è stata esercitata una doverosa vigilanza sulle strutture sanitarie private. Col blocco delle assunzioni a 67 unità dell’ASREM – Regione sono stati accordati incentivi fino a 24 mensilità, anche in presenza di medici a cui mancavano pochi mesi per raggiungere i 40 anni di servizio e non c’è stato alcun controllo su decine di dipendenti che in basso Molise timbravano e non prestavano servizio; si è registrata una moltiplicazione di generali senza truppe con dirigenti medici di unità operative spuntate come funghi e non si è posto un freno ai comandi, ai distacchi e agli astuti allontanamenti di medici ed infermieri dalle corsie ospedaliere. Con un commissario ad acta di nome Iorio non si è ritenuto opportuno evitare potenziali conflitti di interesse con figli, fratelli, sorelle e cognati, solo per citare i familiari più stretti, a fronte di centinaia di infermieri precari assunti dalle agenzie interinali e di decine di reparti ospedalieri affidati senza concorso pubblico. Il paradosso di questi giorni vede delle finte audizioni in cui non si possono fare domande né chiedere chiarimenti, ed un consiglio regionale che dovrebbe trattare una materia delicatissima senza dati epidemiologici, schede finanziarie, conoscenza del fabbisogno sanitario della popolazione e a mero titolo informativo. Infatti il Commissario ad acta rivendica a sé la prerogativa di adottare con proprio decreto il Piano 2012-2014: quindi il passaggio in commissione ed in consiglio serve solo a buttare fumo negli occhi per poter dire a futura memoria che c’è stata una parvenza di coinvolgimento democratico.
Sull’emergenza lavoro i sindacati chiedono un interlocutore istituzionale per sbloccare le vertenze, attivare i tavoli negoziali e definire le decine di pratiche di cassa integrazione e mobilità in deroga ferme per responsabilità della Giunta Regionale presso l’assessorato. Ci sono centinaia di persone a cui è scaduta da tempo ogni copertura reddituale e sono esasperati, mentre nessuno si occupa delle loro vertenze. È semplicemente inaudita una tale insensibilità che lede la dignità delle persone e c’è bisogno di unire le forze della lotta sociale con la battaglia istituzionale per porre termine ad una pagina oscura della Regione Molise. Possibile che a fronte di un’azienda che chiude non si avverta il dovere di convocare le parti per approfondire i termini della vertenza e ricercare possibili soluzioni, almeno di tutela del reddito, per i lavoratori? Da ultimo si riaffaccia una questione incandescente: qual è il rischio di infiltrazione criminale sul nostro territorio, e la recente inchiesta della Direzione Antimafia di Napoli ha scoperchiato un intreccio pericoloso nell’area venafrana con attività imprenditoriali, passaggi di imprese e tentativi di gestire lo smaltimento dei rifiuti su scala industriale. Non tutti sono rimasti in silenzio nel periodo in cui grandi fabbriche come la RER e la Fonderghisa passarono al gruppo Ragosta di Napoli. Gli operai si opposero con scioperi memorabili e lotte che durarono qualche anno, ma la loro resistenza venne piegata, come accadde per il pastificio La Molisana e altre vertenze, dall’ignavia di una classe dirigente muta che preferì non scottarsi su vicende pericolose. Ed ancora oggi chi prova ad alzare la voce viene isolato, schernito, denigrato e screditato con fax diffamatori provenienti da Cagliari.
Solo unendo le forze sane del Molise sarà possibile fare muro e frenare l’asservimento del territorio, perché quando le figure scomode si contano sulle dita di una mano, basta poco per screditarle al cospetto dell’opinione pubblica e renderle inoffensive.☺
Il Molise soccombe sotto le macerie morali di una classe dirigente incapace di ricostruire il 65% delle case a dieci anni dal terremoto e con un miliardo di euro evaporati nell’approntamento di un modello fallace che non ha frenato lo spopolamento delle aree colpite, non ha messo in sicurezza le scuole e non ha rilanciato la micro-economia locale. Si balbetta contro il governo Monti e non si ha il coraggio di ammettere il fallimento di una macchina commissariale con 260 tecnici, consulenti e amministrativi, utilissima a creare consenso ma del tutto inadeguata a completare la ricostruzione. È paradossale che, con tante professionalità a libro paga, la regione non abbia ancora predisposto e approvato una legge che disciplini il passaggio dallo stato di criticità in scadenza il 30 aprile al rientro in una fase amministrativa ordinaria. Il terremoto ed il commissariamento del sistema sanitario regionale sono stati i due pilastri principali su cui ha poggiato l’amministrazione del governatore Iorio. Con la stipula del Piano di Rientro dal Debito del 30 marzo 2007, e in particolare con la nomina a commissario ad acta per la sanità del luglio 2009, Michele Iorio ha gestito con decreti monocratici l’equivalente di 650 milioni annui, e a nulla sono valsi i richiami ministeriali, le prescrizioni dei tavoli di verifica o l’affiancamento di tre sub-commissari. In realtà, il commissario ad acta ed il manager dell’ASREM, hanno gestito un potere immenso adottando provvedimenti discutibili, discrezionali e del tutto inefficaci a riportare in equilibrio finanziario il sistema.
Malgrado le addizionali più alte d’Italia ai cittadini non sono stati garantiti i livelli essenziali d’assistenza, la sanità pubblica è stata vilipesa, umiliata e svuotata, mentre non è stata esercitata una doverosa vigilanza sulle strutture sanitarie private. Col blocco delle assunzioni a 67 unità dell’ASREM – Regione sono stati accordati incentivi fino a 24 mensilità, anche in presenza di medici a cui mancavano pochi mesi per raggiungere i 40 anni di servizio e non c’è stato alcun controllo su decine di dipendenti che in basso Molise timbravano e non prestavano servizio; si è registrata una moltiplicazione di generali senza truppe con dirigenti medici di unità operative spuntate come funghi e non si è posto un freno ai comandi, ai distacchi e agli astuti allontanamenti di medici ed infermieri dalle corsie ospedaliere. Con un commissario ad acta di nome Iorio non si è ritenuto opportuno evitare potenziali conflitti di interesse con figli, fratelli, sorelle e cognati, solo per citare i familiari più stretti, a fronte di centinaia di infermieri precari assunti dalle agenzie interinali e di decine di reparti ospedalieri affidati senza concorso pubblico. Il paradosso di questi giorni vede delle finte audizioni in cui non si possono fare domande né chiedere chiarimenti, ed un consiglio regionale che dovrebbe trattare una materia delicatissima senza dati epidemiologici, schede finanziarie, conoscenza del fabbisogno sanitario della popolazione e a mero titolo informativo. Infatti il Commissario ad acta rivendica a sé la prerogativa di adottare con proprio decreto il Piano 2012-2014: quindi il passaggio in commissione ed in consiglio serve solo a buttare fumo negli occhi per poter dire a futura memoria che c’è stata una parvenza di coinvolgimento democratico.
Sull’emergenza lavoro i sindacati chiedono un interlocutore istituzionale per sbloccare le vertenze, attivare i tavoli negoziali e definire le decine di pratiche di cassa integrazione e mobilità in deroga ferme per responsabilità della Giunta Regionale presso l’assessorato. Ci sono centinaia di persone a cui è scaduta da tempo ogni copertura reddituale e sono esasperati, mentre nessuno si occupa delle loro vertenze. È semplicemente inaudita una tale insensibilità che lede la dignità delle persone e c’è bisogno di unire le forze della lotta sociale con la battaglia istituzionale per porre termine ad una pagina oscura della Regione Molise. Possibile che a fronte di un’azienda che chiude non si avverta il dovere di convocare le parti per approfondire i termini della vertenza e ricercare possibili soluzioni, almeno di tutela del reddito, per i lavoratori? Da ultimo si riaffaccia una questione incandescente: qual è il rischio di infiltrazione criminale sul nostro territorio, e la recente inchiesta della Direzione Antimafia di Napoli ha scoperchiato un intreccio pericoloso nell’area venafrana con attività imprenditoriali, passaggi di imprese e tentativi di gestire lo smaltimento dei rifiuti su scala industriale. Non tutti sono rimasti in silenzio nel periodo in cui grandi fabbriche come la RER e la Fonderghisa passarono al gruppo Ragosta di Napoli. Gli operai si opposero con scioperi memorabili e lotte che durarono qualche anno, ma la loro resistenza venne piegata, come accadde per il pastificio La Molisana e altre vertenze, dall’ignavia di una classe dirigente muta che preferì non scottarsi su vicende pericolose. Ed ancora oggi chi prova ad alzare la voce viene isolato, schernito, denigrato e screditato con fax diffamatori provenienti da Cagliari.
Solo unendo le forze sane del Molise sarà possibile fare muro e frenare l’asservimento del territorio, perché quando le figure scomode si contano sulle dita di una mano, basta poco per screditarle al cospetto dell’opinione pubblica e renderle inoffensive.☺
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