Unioni civili
2 Giugno 2016
La Fonte (351 articles)
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Unioni civili

Quando si parla del concetto di laicità secondo il cristianesimo, si cita sempre (anche forzando il suo significato originario) l’affermazione di Gesù che nel vangelo dice: “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”. Il testo che a mio parere invece è il più rivoluzionario lo si trova in Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, quando parla del caso di un uomo che vive in modo incestuoso con la matrigna. Paolo stigmatizza quel peccato affermando che è necessario allontanare chi lo commette dalla comunità in quanto la contamina, perché annacqua il vangelo; ma non ci si può allontanare da un mondo che vive scelte contrarie al vangelo, altrimenti bisognerebbe semplicemente morire. Come gestire il rapporto tra una comunità che vive (o dovrebbe vivere) il vangelo nella radicalità e il mondo che vive in modo contrario ad esso? Paolo dà una risposta di una modernità sconcertante, vietando di giudicare quelli di fuori, dei quali si occupa Dio, mentre è necessario rendere sempre di più la comunità coerente con il vangelo che ha ricevuto e che annuncia. Ascoltiamo lo stesso Paolo: “Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi. Non mi riferivo però agli impudichi di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi” (1 Cor 5,9-13).

A Paolo risulta molto chiaro che la comunità deve avere delle regole che riguardano la propria comunità, che non sono esportabili all’esterno perché non si ha la forza di farle rispettare; la morale cristiana può essere solo testimoniata, non imposta; il mondo è soggetto direttamente al giudizio di Dio, non della chiesa o dei suoi rappresentanti. Si può discutere (come si sta facendo) se chi vuole appartenere alla chiesa debba avere delle caratteristiche, debba rispettare alcune norme morali, ma non ci si può arrogare il ruolo di dettare le regole a chi è fuori; si può dire a chi desidera la comunione come deve agire, ma non si può imporre la stessa regola a chi non pensa affatto di fare la comunione, di confessarsi o di sposarsi in chiesa. Per tanto tempo, da Teodosio in poi, nella chiesa ci si è cullati sul fatto che lo stato imponeva le regole della chiesa e questa sensazione è ancora presente oggi, in un mondo, però, molto più simile ai tempi di Paolo in cui l’Apostolo non scriveva (e non poteva scrivere) all’imperatore per dire come doveva educare i sudditi, ma scriveva alla sua comunità per esortarla a vivere il vangelo nella sua interezza, facendo chiarezza su chi può a pieno titolo dirsi membro della comunità. Per dirla con Gesù, non basta dire “Signore, Signore” ma bisogna fare la volontà del Padre che è nei cieli! E qui veniamo anche all’elenco che Paolo porta come esempio, parlando di impudichi (linguaggio antico per parlare di peccati sessuali), ma parla allo stesso modo di avari, ladri e idolatri, di maldicenti e ubriachi. Parla cioè di tante categorie che invece oggi nelle nostre comunità sono molto tollerate, fino ad avere scandali finanziari persino nel cuore della chiesa. Come mai gli stessi che mostrano tanto zelo contro gli “impudichi” non hanno altrettanto zelo con le altre categorie di cui parla Paolo, ma mostrano un’indulgenza sospetta?

Oggi nella chiesa si discute molto se ammettere ai sacramenti i divorziati risposati, chi ha la tendenza omosessuale e vuole vivere una relazione affettiva. C’è chi ritiene di sì e chi di no e il documento postsinodale prende in considerazione la richiesta accorata dei credenti che si trovano in situazioni “irregolari” mentre ancora richiede alle persone omosessuali di vivere la castità se vogliono essere in comunione piena con la chiesa (la comunione rimane per ogni battezzato, anche per chi fa scelte contrarie alla morale, ma in questi casi si dice che non è in piena comunione). Tuttavia deve essere chiaro una volta per tutte, e in questo Paolo lo è, che tutte le discussioni riguardano gli appartenenti alla chiesa perché quelli di fuori li giudicherà Dio, mentre al credente spetta la testimonianza gioiosa e coerente delle cose in cui crede.

Cosa fare rispetto al mondo in cui si vive e che comunque condiziona anche la vita del cattolico? La risposta è la partecipazione alla vita democratica, non per imporre le proprie idee a forza di ricatti, ma per discutere con chi ha idee diverse ed arrivare a un compromesso che rispetti tutte le posizioni e abbia a cuore la dignità umana e la libertà di coscienza che deve valere per tutti, non solo quando riguarda la coscienza del cattolico. Avremo modo di riflettere, in vista del referendum costituzionale, su cosa significa partecipare alla vita democratica, senza vendere la primogenitura della difesa dei diritti per il piatto di lenticchie di qualche legge su cui si vuol giocare l’identità cristiana, rischiando, come ha detto Gesù (Mt 23,24), di filtrare i moscerini e continuare a fare indigestione di cammelli. ☺

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