Vacanze senza compiti
6 Gennaio 2016
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Vacanze senza compiti

Quando questo numero sarà tra le mani dei lettori, le vacanze di Natale saranno belle e cominciate, anzi staranno ormai per terminare. Ma mi piace l’idea di lasciare qui, alla vigilia delle festività natalizie che chiuderanno le scuole per un paio di settimane, una mia riflessione su uno dei temi più dibattuti di sempre, che investe tutto un modo di pensare e di insegnare, al di là dello specifico: i “compiti per le vacanze”.

Già, questo ossimoro che continua a dividere gli insegnanti tra i sì e i no. I compiti per le vacanze, dicevamo, una contraddizione in termini, un assurdo logico (e pedagogico), giacché le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perché liberano dagli affanni feriali: vacanza, in latino vacantia, da vacare, ossia essere vacuo, sgombro, vuoto, senza occupazioni. Ma quanti prof se ne ricordano? Via, è più chic caricare i ragazzi di assegno festivo, vuol dire che li faccio lavorare sodo, che sono serio. O, molto spesso, vuol dire semplicemente che faccio recuperare loro, da soli, quello che non ho fatto io in classe. Come se fosse veramente possibile!

No, io sono contraria, assolutamente, ai compiti per le vacanze, così come a quelli nel finesettimana, così come all’interrogazione del lunedì.

Nessuno accetterebbe di prolungare nel tempo libero, e men che mai di svolgere durante le ferie, compiti imposti. Ma è del tutto normale che a una simile pretesa debbano assoggettarsi gli scolari: “perché si esercitino e non dimentichino tutto quello che hanno imparato”. Una stucchevole canzoncina. Che offende noi insegnanti per primi: è così poco significativo l’apprendimento avvenuto nei mesi precedenti, che qualche fetta di panettone in più può cancellarlo? Ahi, qui c’è qualcosa che non va nel metodo d’insegnamento, direi.

Che scuola è una scuola che costringe i più volenterosi a uscire poco e poco dedicarsi ai propri hobby (tanto sono loro che, alla fin fine, si dedicano ai compiti festivi), contrariamente ai più svogliati che anche fuori dalle aule continuano a fare ciò che loro aggrada? Eppure, sono tanti i pedagogisti che ci mettono in guardia, e sono contrari all’antica usanza di non lasciare liberi i ragazzi da incombenze scolastiche per le vacanze lunghe. Nessun imprenditore mai si sognerebbe di dare ai suoi impiegati lavoro a casa, ritengono in tanti. E poi le vacanze servono per riposarsi, staccare la spina e dedicarsi a quelle occupazioni dettate dal cuore e non dal dovere.

Altrettanti, però, tra esperti di educazione e insegnanti stessi, brontolano invece cose contrarie: “La mente dei ragazzi è come il rasoio di Leonardo da Vinci, che quando smise il suo lavoro arrugginì. E gli studenti, nel corso di vacanze troppo lunghe, perdono quella elasticità mentale acquisita a scuola, dimenticando tanti contenuti e perdendo il contatto col vero fine dell’ istruzione”.

Due scuole inconciliabili? Forse sì, e io resto del tutto contraria ai compiti delle vacanze e per due ragioni.

La prima è semplicemente che le vacanze sono vacanze e dopo quattro mesi di lavoro, se è stato vero lavoro, se ne ha più che diritto, tutti, insegnanti e studenti allo stesso modo.

La seconda ragione, ed è quella decisiva, è che le vacanze (specie quelle estive, che sono veramente di lungo periodo) debbono poter essere per ogni studente e studentessa possibilità di esperienze libere, che lui o lei decide in base ai suoi interessi, alla sua curiosità, alla sua voglia di conoscere, alla sua determinazione a mettere a prova le sue capacità. Ma, soprattutto, devono poter essere lo spazio del sacrosanto diritto all’ozio, che – in uno stile di vita normale e operoso – non si gode durante i normali periodi feriali.

Riempire le vacanze di compiti da fare di fatto impedisce ad un ragazzo o ad una ragazza di leggersi un libro da cui particolarmente è stato incuriosito o di andare a vedere una mostra che gli interessa o di recarsi a visitare un museo o di godersi la bellezza dei monti o del mare. O di godere spensieratamente e semplicemente della compagnìa della famiglia, degli amici, senza orari, senza vincoli. Come piace fare anche ai prof, giusto? Che non hanno più diritti dei loro ragazzi.

Che male c’è? A noi docenti piacerebbe crocifiggerci l’Epifania con una pila di verifiche da correggere? Via, siamo onesti.

Rispettiamo il diritto degli studenti al riposo, lo chiedo a tutti i colleghi in ascolto.

E buone, vere, vacanze.☺

 

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