Verrà il signore
14 Settembre 2019
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Verrà il signore

“Verrà allora il Signore, mio Dio, e con lui tutti i suoi santi. In quel giorno non vi sarà né luce né freddo né gelo: sarà un unico giorno, il Signore lo conosce; non ci sarà né giorno né notte, e verso sera risplenderà la luce. Il Signore sarà re di tutta la terra. In quel giorno il Signore sarà unico e unico il suo nome” (Zc 14,5-7.9).

Il Libro del profeta Zaccaria (nome che significa «il Signore si è ricordato») si felicita per la vittoria di Ciro il Grande sull’impero babilonese. Il nuovo ordine permette di restaurare Gerusalemme come centro politico-religioso di una comunità che ruota intorno al tempio.

Il Libro, che si colloca tra la promessa messianica escatologica fatta a Zorobabele, discendente di Davide, e l’annuncio della venuta di un inviato divino uscito da Levi che purificherà il culto, presenta due parti ben distinte: i capitoli 1-8 (composti tra il 519 e il 518 a.C.) e i capitoli 9-14 (composti verso la fine del IV secolo dopo la conquista di Alessandro Magno). In 1-6 abbiamo le visioni del profeta, seguite dall’incoronazione simbolica di Zorobabele, in Zc 7 è presente un richiamo al passato nazionale e in Zc 8 troviamo l’apertura a prospettive di salvezza messianica e varie promesse per l’avvenire. In Zc 9-14 abbiamo due sezioni: la prima (9-11), poetica, con brani preesilici, e la seconda (12-14), in prosa, che descrive le prove e le glorie della Gerusalemme degli ultimi tempi.

Dopo l’introduzione, dove Dio si ricorda dei suoi figli, interviene nella storia per salvare dall’oppressione e si dichiara disposto a perdonare il popolo se si converte, seguono le otto visioni. Tra queste particolarmente significative sono la terza, che vede un uomo misurare con una corda le dimensioni delle mura di Gerusalemme e che viene bloccato perché la nuova città avrà dimensioni enormi; la quinta, dove appare un candelabro d’oro con sette beccucci, che rappresenta Dio, e due olivi, Giosuè e Zorobabele che gli stanno accanto; infine, l’ottava, dove Dio invia quattro carri utili a comunicare i suoi ordini su tutta la terra e, in particolar modo, a trasmettere agli esuli la fine della sua ira.

I temi preferiti del libro sono: la fiducia in Dio, intesa come fermento per la ricostruzione; la fiducia riposta negli uomini scelti da Dio, specie Giosuè e Zorobabele, che sono le due principali autorità, quella religiosa e quella civile, che sanno operare in piena armonia; la signoria universale di Dio da cui dipende ogni cosa; l’attesa del Messia che all’inizio evolve nell’attesa di un duplice messia (uno davidico e uno sacerdotale) e poi diventa attesa del sacerdote che rimpiazza il “Germoglio di Davide”.

Come Aggeo, Zaccaria si preoccupa della ricostruzione del tempio. Una speciale attenzione è rivolta alla restaurazione nazionale e alle esigenze di un popolo chiamato alla giustizia e alla santità. Ma ciò che più sta a cuore al profeta è la prospettiva escatologica. La restaurazione di Israele coincide con l’avvento dell’era messianica segnata dall’esaltazione del sacerdozio di Giosuè e della regalità di Zorobabele che riceve il titolo messianico di “Germoglio”. L’idea del messianismo regale viene così armonizzata alle preoccupazioni sacerdotali che attraversavano il libro di Ezechiele.

Per Zaccaria Dio, pur essendo diverso da ogni realtà, non è separato dal mondo, ma ha a cuore le sorti dei popoli e guida l’esistenza umana secondo il suo disegno d’amore. Egli manifesta la sua avversione per i pastori iniqui e la sua predilezione per i poveri, per gli umili, e per il servo sofferente, vittima senza colpa che offre la sua vita per la salvezza del maggior numero. Egli non solo vede, si coinvolge e opera; Egli verrà!

In una società che ha perso il gusto delle sorprese, angosciata com’è dal voler conoscere e avere tutto e subito, e che ha reso il tempo asfittico cercando di aggredirlo e combatterlo in ogni modo, la Scrittura spalanca una porta sull’eterno e cambia l’aria immettendo ossigeno in chiunque le si accosti. Si scopre così che non tutto è prevedibile, non tutto è un déjà-vu. Gli incontri significativi della vita sono irruzioni di grazia travolgente. Tra questi uno è deputato a segnare la storia e a rigenerarla: l’incontro con il Signore della storia, il cui sguardo è rivolto su di noi. Questo incontro avviene in ogni uomo, in ogni tempo e alla fine. Esso non fa paura ma è segnato da un amore grande che muta il buio in luce.                             

 

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