Al voto come duemila anni fa
19 Ottobre 2021
laFonteTV (3191 articles)
Share

Al voto come duemila anni fa

È il 63 a.C. e Marco Tullio Cicerone, ormai avvocato di successo del foro romano, è candidato al consolato, la più alta carica della Repubblica. Ma è un homo novus, “un uomo nuovo”, ovvero il primo della sua famiglia a raggiungere una notevole posizione sociale senza appartenere alla nobiltà, ed è quindi estraneo ai potenti partiti aristocratici a cui fanno capo i suoi avversari, fra i quali il temibile Lucio Sergio Catilina. Per rovesciare questa situazione sfavorevole, il fratello Quinto Tullio Cicerone gli invia un Commentariolum petitionis, un “manualetto di campagna elettorale”. Si tratta di una sorta di prontuario articolato in 58 paragrafi, in cui, da vero e proprio organizzatore della campagna elettorale, Quinto suggerisce al fratello una serie di comportamenti che dovranno garantirgli il successo. Se ne riporta qui qualche esempio in ordine sparso, nella traduzione di Paolo Fedeli, curatore dell’edizione pubblicata nel 1987 da Salerno editrice, con una presentazione di Giulio Andreotti.

“Occupati dell’intera città, di tutti i collegi, dei distretti, dei quartieri”, scrive Quinto a Marco; “se ti saprai procurare l’amicizia dei loro principali rappresentanti, grazie ad essi potrai conquistarti agevolmente la massa restante” (§ 30). Ma è bene che Marco conosca personalmente tutti gli elettori: “che sia evidente l’impegno che metti nel conoscere i cittadini, e accrescilo e perfezionalo ogni giorno: mi sembra che niente renda tanto popolari e ben accetti” (§ 42). Ed è bene anche che largheggi nelle promesse: “gli uomini infatti non desiderano soltanto ricevere promesse […]; vogliono anche che siano generose e formulate in termini onorevoli” (§ 44). Mai dire di no a una richiesta: “ciò che non puoi fare, rifiutalo in modo cortese o addirittura non rifiutarlo; la prima è comunque la caratteristica di un uomo onesto, la seconda di un buon candidato” (§ 45). Fondamentale è poi il sostegno degli amici. Ma “il nome di amici, quando si è candidati, ha una valenza più ampia che nel resto della vita: chiunque mostri, infatti, una qualche simpatia nei tuoi confronti, chi ti frequenti, chi venga spesso a casa tua, dev’essere annoverato fra gli amici” (§ 16). Insieme ad amicitia, un’altra parola chiave del trattatello è gratia, ovvero la gratitudine di coloro che hanno ricevuto un beneficio: “procura, con ogni mezzo a tua disposizione, che costoro ti siano devoti con tutto il loro animo” (§ 18). Un particolare rilievo è attribuito anche al sostegno dei giovani: “ti procureranno grande considerazione” (§ 6). E ancora: “lo zelo dei giovani nel procurar voti, nel far visita agli elettori, nel recar le notizie, nell’accompagnare il candidato, è grande e straordinariamente onorevole” (§ 33). “Procura, infine, che l’intera tua campagna elettorale si svolga in modo splendido, che sia brillante, magnifica, popolare” (§ 52).

Marco vinse poi le elezioni e fu console, forse grazie anche ai suggerimenti di Quinto. Ma i due fratelli non potevano immaginare che, a distanza di oltre duemila anni, buona parte di quelle indicazioni potesse risultare ancora straordinariamente attuale. Sebbene in un contesto diverso da quello odierno, è sorprendente – e a tratti sconcertante – quanto siano simili le tecniche e le astuzie messe comunemente in pratica anche oggi per guadagnarsi il consenso degli elettori.☺

 

laFonteTV

laFonteTV