Aria e luoghi del buon vivere
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), di recente, ha reso pubblico l’ultimo aggiornamento (il precedente è del 2005) delle linee guida sulla Qualità dell’aria. Le sostanze inquinanti prese in considerazione riguardano il particolato atmosferico (PM10 e PM 2,5), l’Ozono (O3), il biossido di azoto (NO2) e il monossido di carbonio (CO). È ormai scientificamente accertato che la valutazione della qualità dell’aria, in ogni luogo e ad ogni livello territoriale, dal locale al globale, possa essere, senza dubbio alcuno, strettamente assunta e correlata alla salute degli abitanti interessati.
I risultati appena pubblicati affermano quanto di positivo ipotizzato e auspicato, ovvero che a livello planetario i risultati rilevati siano qualitativamente migliori di quelli forniti dalle misure effettuate 15 anni fa, le ultime disponibili. Purtroppo localmente restano aree sottoposte a gradi d’inquinamento di particolare gravità, in specie per le inevitabili conseguenze sulla salute degli abitanti coinvolti. Da qui l’impellente, necessario impegno di esortare chi di dovere a fissare e rendere operativi, con la massima celerità possibile, standard minimi di sicurezza, in favore della salute dei cittadini, a cominciare da quelli che vivono nelle zone maggiormente colpite.
In proposito è bene ricordare, come d’altra parte da tempo ampiamente noto, che le fonti responsabili dell’inquinamento atmosferico, indoor e all’aperto, sono di origine sia naturale, come ad esempio le eruzioni vulcaniche e/o i tanti fenomeni ad esse associate, che antropica, come tutto quanto connesso alle combustioni o ai depositi di materiali alterabili (discariche) gestiti al di fuori delle regole che ne disciplinano la condotta. Pur tuttavia, è di estrema importanza tenere bene a mente che l’inquinamento atmosferico, a carico di una determinata zona, dipende non solo dal tipo e dalla provenienza dalle sostanze presenti, ma anche dalla loro concentrazione in atmosfera e non ultimo dalla conformazione geomorfologica dei luoghi coinvolti.
Nei fondovalle pianeggianti, infatti, che si tratti di aree molto estese, come la Pianura Padana o le tante nostre piane costiere e/o di quelle ubicate all’interno dell’Appennino, comprese quelle ricadenti all’interno della nostra regione, vedi Bojano, Venafro e il Basso Molise, il fenomeno diventa particolarmente rilevante e corposo allorquando, su tali luoghi, la situazione meteorologica locale è in regime di alta pressione. In siffatte circostanze, infatti, essendo l’aria costretta a scendere verso il basso, ruotando in senso orario, è schiacciata al suolo, con scarsa possibilità di movimento, per se stessa e il suo contenuto. Di conseguenza, specie in occasione delle stagioni più fresche, le minori temperature notturne e/o mattutine, nel determinare la conseguente condensazione dell’umidità contenuta nelle masse d’aria presenti in prossimità del suolo, agevolano la formazione delle ben note nebbie di valle. Il loro interno diventa, inevitabilmente, un più che favorevole alloggiamento per ogni sorta di sostanza in sospensione, qualunque sia il suo potere tossico e/o inquinante. La loro presenza e il loro assorbimento, attraverso la respirazione, da parte degli organismi viventi, uomo compreso, sono potenzialmente causa delle negative ripercussioni sulla salute umana e nondimeno sul cambiamento climatico in corso.
È, dunque quanto mai importante insistere nello spronare chi, a ogni livello territoriale, è abilitato a prendere decisioni sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili, sulle modalità tese a diminuire la concentrazione dei gas serra in atmosfera ovvero promuovere la sostenibilità ambientale, al fine di realizzare ogni possibile positivo effetto, a beneficio della salute pubblica, globalmente auspicato. ☺