
Banche in fuga dal molise
Una regione con il segno meno. Un territorio da cui regolarmente viene sottratto ciò che fino al Duemila si era faticosamente costruito. Oggi aggiungiamo un altro tassello alla voce “mancanza di servizi”. Dopo sanità, infrastrutture, trasporti, lavoro e tanto altro, è ampia e variegata la categoria dei servizi carenti nella nostra piccola regione: adesso l’attenzione la focalizziamo sul settore bancario/postale, per annoverare, purtroppo, nuovi record negativi.
Il rischio sta diventando quello dell’assuefazione totale da parte anche dell’ opinione pubblica, che sembra accettare supinamente decisioni imposte centralmente. L’unico baluardo, che poteva essere quello politico, non lo abbiamo volutamente menzionato, in quanto non ha mai mostrato minimo interesse nel voler combattere determinate battaglie. La resa è stata totale su tutti i temi che abbiamo richiamato poche righe fa: alle viste, la prossima sarà sul tema dell’acqua, di cui magari verremo privati a beneficio delle regioni limitrofe, con l’alibi del concetto di bene demaniale. Un discorso questo che sembra essere transitivo solo nel momento in cui a dover cedere è la nostra regione, mai quando accade il contrario. Appunto è qui che dovrebbe subentrare l’ apporto politico, che da queste parti, da anni, manca completamente. L’unico sussulto, da parte della classe politica locale, si verifica in prossimità delle elezioni, per poi spegnersi immediatamente dopo, con buona pace di chi continuerà a subire le conseguenze dell’ insipienza di questi personaggi.
Date queste premesse e tornando al tema centrale di questa breve nota, sottolineiamo l’avanzamento della spoliazione del territorio: il Molise riesce ad essere maglia nera d’Italia anche per la scomparsa delle banche. In cinque anni il numero di sportelli è calato del 31,9%, otto paesi su dieci sono sprovvisti di servizi e l’home banking fa cilecca per la scarsa copertura di Internet. Gli sportelli erano 119 alla fine del 2017 e sono scesi a 81 a dicembre, di cui restano solo 62 in provincia di Campobasso ed appena 19 in quella di Isernia. Dati che vanno di pari passo con la contrazione del numero di lavoratori del settore, passati dai 636 del 2017 ai 533 attuali. A fare questi conti è l’ufficio studi del sindacato FISAC CGIL, su dati della Banca d’Italia.
Se apparentemente può sembrare una notizia di poco conto, il dato è notevole soprattutto per il fatto che cresce il rischio di allontanare milioni di soggetti dal circuito legale della finanza e dell’economia. La riduzione delle filiali sta creando e creerà non pochi danni al Paese e alla clientela delle banche, che potranno svolgere sempre meno il ruolo sociale a servizio di famiglie e imprese. Quella fotografata è una vera e propria desertificazione bancaria, con la scomparsa in Italia di due sportelli e di 15 addetti al giorno. Le banche abbandonano i paesi più piccoli, come quelli del Molise, che già arrancano.
La desertificazione colpisce in modo sempre più duro il Molise e i cittadini devono spostarsi per poter accedere ai servizi finanziari, anche perché le Poste sono aperte a giorni alterni. Da Provvidenti, a Casacalenda, per citare alcuni esempi, i cittadini sono costretti a spostarsi a Larino, Termoli, Campobasso per una semplice operazione bancaria. In particolare, a Casacalenda oltre ai servizi finanziari, c’era anche il servizio di cassette di sicurezza, che garantiva una maggiore tranquillità nel poter depositare ciò che invece oggi viene tenuto in casa, con conseguente rischio furti, cosa che puntualmente si sta verificando, soprattutto a Cercemaggiore. “Oggi in Molise in otto paesi su dieci non esiste nemmeno uno sportello bancario, percentuale che sale a 9 comuni su 10 in Provincia di Isernia”, afferma la segreteria regionale della CGIL. “Equivale a dire che quasi la totalità dei Comuni, non hanno banche. E questo è un fenomeno che contribuisce enormemente allo spopolamento delle aree interne. Un fenomeno che la politica nazionale e locale ignora o finge di ignorare”.
Un ultimo dato riguarda i bancari: ormai oltre il 50% di loro si concentra in tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, dove hanno sede i maggiori istituti di credito. Nel resto d’Italia, Molise compreso, scompaiono. È grave che in pochi, all’interno della classe politica, si interessino a questo problema: non se ne preoccupano abbastanza con la giustificazione che, essendo le banche aziende private, sono in qualche modo legittimate a fare ciò che vogliono. Non può passare questa semplicistica tesi proprio perché, da sempre, le banche si occupano dei risparmi degli italiani e non dovrebbero assolutamente trasformarsi in semplici negozi finanziari, riducendo così drasticamente la consulenza a imprese e famiglie, senza che nessuno intervenga. Questo repentino cambiamento del modello di business, tutto incentrato sulla vendita di prodotti finanziari e assicurativi e poco o nulla, sulla concessione di prestiti, mutui e crediti in generale, è indegno, senza che nessun regolatore intervenga.
Altrove, i nostri cugini transalpini hanno messo a ferro e fuoco il paese per il solo aumento dell’età pensionabile. Da noi, la cancellazione dei servizi essenziali scivola sottotraccia come sabbia tra le dita. Ma forse, ognuno ha il futuro che ha deciso di meritarsi, con le proprie azioni ed inazioni.☺