12 Luglio 2016
La Fonte (351 articles)
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Ecogiustizia

“Figli e figlie dell’arcobaleno” (L.Boff)

L’enciclica Laudato si’ ci conduce a saper unire sguardi e riflessioni che, nel cammino della chiesa e della modernità, hanno vissuto percorsi separati se non contrapposti, incapaci di fare unità e sintesi mentre la realtà dei fatti umani – sociali, politici, economico-finanziari, ecologici – erano in continua evoluzione intrecciata. La sensazione per molti risulta quella dello spiazzamento e per altri di un rinnovato vigore come se una luce si fosse accesa per uno sguardo ampio e profondo. Non la mera contrapposizione di elementi contraddittori, con cui la comunicazione ci assilla chiudendoci in una disperazione senza energia di risposta, spettatori impotenti di molti disastri. Proprio la gratitudine per la bontà di un mondo che è dono rende, invece, più acuta la percezione di ciò che stona e convoca ad un impegno operoso per contenere le negatività. Del tutto inadeguato sarebbe la loro separazione: una contemplazione della bellezza distratta rispetto al degrado ambientale e alle iniquità o una focalizzazione sul negativo che dimenticasse la fondamentale bontà che il mondo ci porta. Bisogna fare un passo indietro alla sua prima enciclica, la Evangelii Gaudium. Proprio nella gioia del Vangelo, infatti, viviamo assieme a Francesco d’Assisi la lode al Creatore per la terra donataci; una terra amata, vissuta, sperimentata come madre e come fonte di vita, ma oggi anche minacciata nella sua abitabilità per l’intera famiglia umana.

Papa Francesco e l’America Latina: la “madre terra”

La visione di papa Francesco proviene da quel grande laboratorio ecclesiale dell’America latina che fu il tentativo corale delle chiese di accogliere il Vaticano II. Una proposta nuova di ecogiustizia richiede insieme una cura per la sorte dei poveri e per la sorte della terra. La “madre terra” idea che viene riconosciuta all’interno della teologia della liberazione e della teologia del popolo argentino. La riflessione teologica e la scelta pastorale dell’opzione preferenziale del povero si allarga ad includere tutte le creature, superando ogni residuo di arroganza antropocentrica. L’essere umano riconosce l’invito ad una nuova alleanza, non orientata solo al bene dell’umanità, ma all’integrità della natura tutta. L’opzione per i poveri si estende ad attenzione preferenziale per gli esseri più vulnerabili, e, via via, ad uno sguardo più attento allo stesso pianeta terra, necessario alla sopravvivenza di tutti, se conservato in condizioni adatte alla vita: è la sua sostenibilità che va garantita. Il cosmo è una grande rete finemente calibrata sulla vita e ci ricorda che il nostro destino è legato indissolubilmente al destino della terra. La fonte biblica della visione di papa Francesco, che sta al cuore della Laudato si’, è davvero l’esperienza della misericordia creatrice del Dio trinità. Lo sguardo resta quello dell’uomo di Assisi, centrato sulla lode, sul- lo stupore e sulla meraviglia. Condivide la passione concretissima per la vita sperimentata entro la comunità creazionale come dono del Dio che viene. Le tracce del Dio misericordia andranno cercate anche “in una foglia, nella rugiada, nel volto di un povero” (233).madre-terra

Una creazione tesa al futuro

Dal sud del mondo al nord, come per la teologia della liberazione mai citata anche per la dimensione ecologica nella teologia europea di J. Moltmann, vi è una continua assonanza. “Cosa significa la fede in Dio Creatore e nel mondo come sua creazione, se riferita allo sfruttamento industriale progressivo ed alla distruzione di una natura che non tornerà mai più come prima?”. Alla radice egli coglie una “religione della modernità”: Dio non è solo distinto dal creato, ma anche nettamente separato da esso, quasi senza rapporto con la terra. Un essere umano che ha appreso dal cristianesimo a comprendersi come immagine divina si sentirà autorizzato a fare propri i lineamenti di un Dio, soggetto di conoscenza e di volontà, in opposizione al mondo, “oggetto passivo di sottomissione”. Il pensiero cartesiano scioglie il legame dell’essere umano alla terra, per renderlo straniero ad essa, pronto a farne un bene senza padrone, che appartiene al primo che se ne appropria. La teologia e la fede cristiana sono chiamate a tornare alla narrazione fondativa, quella di un Dio che si dona, che intesse relazioni, che si fa prossimo, per cui “il mondo, creato secondo il modello divino, è una trama di relazioni … la persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da se stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature”. (240). Il Dio infinito limita se stesso, fa spazio, fa esistere davanti a sé, con sé ed in sé un mondo da lui diverso (80). La shekinah – presenza di un Dio che accompagna l’umanità sofferente – che prenderà carne non è solo il farsi uomo di Dio, ma già prima la Sapienza divina che forma il cosmo tutto destinandolo alla comunione. Il Figlio entra nel mondo per redimerlo. La morte lo inserisce nella solidarietà con tutti i viventi che sono costretti a morire, anche non volendo. Se le braccia stese sulla croce hanno un’apertura grande come il cosmo, ecco che la risurrezione sarà “primavera del creato”. La prospettiva pasquale permette di leggere la creazione nel segno della speranza che non attende il ripristino di una perduta età dell’oro, ma il compimento definitivo della promessa di Dio. Come l’alleanza, è rivolta al futuro, è progetto del “regno di Dio” per la storia degli uomini e del cosmo. Le creature, nella loro bellezza, a volte opaca, stanno dinnanzi a noi come promesse reali del loro futuro nel regno della gloria perfetta. “Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio (cfr 1 Cor 13,12) e potremo leggere con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo, che parteciperà insieme a noi della pienezza senza fine” (243).

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