Ecomafie
29 Marzo 2014 Share

Ecomafie

Ogni volta che andiamo in una scuola e parliamo di traffico illegale di rifiuti solidi e urbani o ci soffermiamo sul saccheggio del territorio e del paesaggio, introducendo il tema delle ecomafie, la domanda che ci sentiamo rivolgere dagli studenti è che cosa sono le ecomafie. L’imbarazzo c’è, perché, pur preparati a questo tipo di domanda, ci accorgiamo di non essere sempre esaustivi nelle risposte. Tuttavia, ci proviamo; di qui, in questo numero de la fonte proponiamo considerazioni rivolte essenzialmente a giovani, a studenti.

La mafia è sempre stata una realtà antiambientalista. La mafia (le mafie…), fin dalla sua (loro) origine, ha (hanno) avuto la pretesa di governare il territorio secondo le proprie regole, in base alle quali gli affari malavitosi, i business hanno un forte impatto ambientale. Controllare il territorio significa esercitare un dominio sulle persone, sulle cose, sullo spazio; controllare il territorio ha il significato di soggiogare, opprimere gli individui fin dentro la propria abitazione; vuol significare tenerli soggiogati nella propria casa (= oikos/oikou, casa), nella propria abitazione; di qui, dalla parola greca oiksos il termine ecomafia.

Secondo l’opinione dell’Alto Commissario anticorruzione – tale giudizio risale al novembre 2006 – l’ecomafia è diventata un vero e proprio sistema illegale di contropotere capillare così tenace da condizionare, gestendoli, il mondo del lavoro e importanti settori amministrativi ed economici. Qual è il risultato di tutto ciò? Sicuramente emerge un impatto ambientale devastante con un abusivismo edilizio indiscriminato ed imponente (la costa adriatica molisana lo dimostra amaramente da molti decenni!). Inoltre, non è da sottovalutare neppure il traffico di rifiuti pericolosi trattati e smaltiti con sistemi illegali, cosa che costituisce una vera e propria attività economica, molto bene sviluppata, di sicuro lucrosa. Le stime ufficiali (è Legambiente la fonte) parlano di un business dell’ecomafia che si aggirerebbe sui 18 miliardi di euro all’anno.

Da queste premesse appare chiaro che gli ambiti specifici dell’ecomafia sono il ciclo dei rifiuti e quello del cemento. Il traffico illecito dei rifiuti è l’attività fondamentale, prediletta dai gruppi malavitosi per i cospicui profitti e il modestissimo livello di rischio. La repressione di tale attività illegale è ardua e difficile, mentre il danno che essa arreca alla collettività e all’ambiente è molto elevato e ben visibile a tutti.

Quando parliamo di criminalità operante nel settore dei rifiuti, non ci riferiamo soltanto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, ma anche a semplici associazioni criminali. L’ecomafia, come concetto, implica il fatto che fenomeni di criminalità ambientale avvengono quando c’è un controllo di tipo militare, amministrativo e politico del territorio da parte delle cosche mafiose. In questo caso si parla di criminalità ecologica e ci si riferisce a semplici imprenditori e amministratori senza scrupoli, presenti su tutto il territorio nazionale, che svolgono attività economiche strutturate così da generare profitti vantaggiosissimi in aperta violazione della legge, senza necessari collegamenti con associazioni criminali, ma non per questo meno pericolosi. È famosa la frase raccolta da una intercettazione telefonica tra mafiosi che dice “Trasi munnezza e nesci oro = entra immondizia ed esce oro”. Nel covo di Bernardo Provenzano è stato trovato un pizzino relativo all’esercizio di una discarica e di qui si capisce l’interesse di Cosa Nostra per la gestione dei rifiuti e del loro smaltimento illecito. Ad un certo punto – parliamo della fine degli anni Novanta del secolo scorso – assistiamo ad un salto di qualità cioè alla creazione o all’acquisizione di società che operano sul mercato legale. Aumenta a dismisura il numero delle discariche abusive che è verificabile soprattutto nel casertano, dove dalla letteratura specifica apprendiamo che in 3 anni nella sola provincia di Caserta vengono sequestrate circa mille discariche abusive. Le organizzazioni mafiose, controllando il territorio, dispongono di cave, terreno e manodopera a bassissimo costo e, facendo ricorso a intimidazioni e minacce, si presentano in regime di monopolio come unico riferimento imprenditoriale capace di gestire l’attività dell’intero ciclo dei rifiuti (raccolta, trasporto, selezione, trattamento in discarica o incenerimento). Un elemento sicuramente rilevante è rappresentato dai centri di stoccaggio dove i rifiuti giungono come pericolosi e speciali ma ne escono, forse grazie ad un trattamento che sa di miracoloso (!), come rifiuti da routine. Ora è chiaro che tutto ciò accade, perché c’è connivenza negli apparati amministrativi, politici ed imprenditoriali. La commissione antimafia stima che per ogni euro guadagnato illegalmente con il traffico dei rifiuti l’amministrazione pubblica, dello Stato, deve spenderne 10 per la bonifica e il recupero del territorio. Infine, c’è anche da sottolineare il fatto che ogni violazione ambientale è origine di violazioni fiscali e tributarie.

Ma queste sono altre storie che meritano sicuramente una trattazione specifica, che rimandiamo ad altre circostanze…☺

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