I profeti e l’impegno per la liberazione
Nella divisione della bibbia ebraica, subito dopo la Legge o Torah ci sono i profeti, la cui funzione è di richiamare il popolo e i capi ai valori espressi nella Legge. Dobbiamo innanzitutto ricordare che sono considerati parte dei profeti alcuni libri che noi cristiani definiamo “storici”, che sarebbe meglio definire “narrativi”. I primi libri profetici, infatti, sono il libro di Giosuè, quello dei Giudici, i due libri di Samuele e i due libri dei Re. Questi sono anche chiamati profeti anteriori (in ebraico rishonìm) mentre quelli considerati da noi i profeti veri e propri o profeti scrittori, sono definiti profeti posteriori (in ebraico acharonìm) e sono: Isaia, Geremia, Ezechiele e i dodici profeti minori.
Dobbiamo tenere presente due qualità legate alla profezia: la prima riguarda i testi scritti come ci sono conservati nella bibbia, il cui ruolo è, appunto, quello di far memoria della Torah. Lo troviamo espresso molto bene all’inizio e alla fine dei Profeti. Nel libro di Giosuè, il primo della categoria, Dio dice queste parole a Giosuè: “Tu, dunque, sii forte e molto coraggioso, per osservare e mettere in pratica tutta la legge che ti ha prescritto Mosè, mio servo. Non deviare da essa né a destra né a sinistra, e così avrai successo in ogni tua impresa. Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge ma meditalo giorno e notte, per osservare e mettere in pratica tutto quanto vi è scritto; così porterai a buon fine il tuo cammino e avrai successo” (1,7-8). Alla fine dei Profeti, in modo lapidario, viene detto lo stesso concetto dal profeta Malachia: “Tenete a mente la legge del mio servo Mosè. Al quale ordinai sull’Oreb precetti e norme per tutto Israele” (3,22). Anzi, proprio verso la fine dei profeti anteriori (2 Re 17), viene data la motivazione dell’esilio, prima del regno del Nord e poi di quello del Sud: la mancata osservanza della Legge, il culto di altri dei e il non ascolto dei profeti che invece ricordavano gli insegnamenti della Torah. La perdita della benedizione di Dio arriva o dopo il tradimento sostanziale della sua volontà attraverso l’adozione di altri valori connessi con altre divinità, soprattutto Baal, il dio della forza, della fertilità o, potremmo dire col linguaggio attuale, del primato dell’avere su quello dell’essere: il dio del capitalismo e dell’ interesse privato, contrapposto a quello del bene comune e della cura dei deboli.
Nei primi profeti anteriori si racconta la conquista della terra (Giosuè) e la fatica a restare fedeli alla Legge quando manca una istituzione che ne incarni i valori (Giudici). Il libro di Giosuè è particolarmente duro, perché racconta di un popolo che scaccia altri popoli per occuparne la terra, proprio come sta avvenendo oggi, quando, soprattutto gruppi ebraici fondamentalisti, propugnano la cacciata definitiva dei palestinesi dalla loro terra appellandosi, in modo del tutto fuori luogo e fuori tempo, anche al libro di Giosuè, dimenticando che già duemila anni fa, nell’ interpretazione cristiana, ad esempio, quei racconti sono stati reinterpretati metaforicamente come simbolo della lotta al peccato (come faceva Origene nel III secolo dopo Cristo). Si dimentica, inoltre, che i libri cosiddetti “storici” sono narrazioni create in un periodo in cui gli ebrei oppressi (quelli del “Va’ pensiero”, per intenderci) sognavano la liberazione, mentre oggi sono usati, in spregio allo stesso Dio in cui si dice di credere, per calpestare e distruggere l’identità di altri popoli oppressi. Nei libri di Samuele e dei Re viene raccontata la parabola dell’ istituzione monarchica, fondata sulla Legge, come sua Costituzione, ma di fatto disattesa, sia a causa della divisione dei due regni, che dalla sostituzione di quei valori trasmessi tramite Mosè, con scelte opportunistiche per conservare o accrescere il proprio potere. È in questo contesto che si raccontano le vicende di coloro che, nel momento in cui le istituzioni vengono stravolte da scelte contrarie alla volontà di Dio (i profeti) mantengono viva la memoria della Torah.
Sorgono Elia ed Eliseo (1-2 Re) che contestano in modo coraggioso il potere istituzionale e, anche a costo della vita, continuano a testimoniare il valore perenne della Costituzione del popolo, sorta in un contesto di liberazione dalla schiavitù mentre le istituzioni la usano come strumento di potere. Qui sta la portata profetica e morale della bibbia: nel raccontare che, quando le istituzioni vengono occupate da gruppi di potere che si dichiarano legittimati dal volere del popolo (come fece Mussolini), è necessario che sorgano uomini e donne che continuino a difendere i valori fondamentali della convivenza civile, facendo memoria del cammino di liberazione che ha fatto nascere quelle istituzioni chiamate a difendere i diritti dei deboli contro lo strapotere dei forti. Non a caso Elia ed Eliseo esercitano il loro ministero profetico nel Nord, dove c’è una monarchia illegittima, secondo le categorie bibliche, perché separata dalla dinastia davidica voluta da Dio. Elia ed Eliseo, come Matteotti o Gramsci o Sturzo durante il fascismo, anziché piegarsi allo strapotere mascherato di legalità istituzionale, hanno alzato la voce profetica e hanno posto le premesse per la nascita di quel movimento intellettuale e spirituale che ha avuto continuità attraverso i profeti scrittori come Isaia e poi, secoli dopo, hanno ispirato quel movimento religioso che è sfociato nel messaggio universale di Gesù.
La bibbia, se letta bene, anziché essere usata come strumento di violenza o di identità forte, ci insegna a mantenere vivo l’amore per l’umanità e l’impegno per la liberazione da ogni forma di oppressione.☺