
In quali acque (o secche) navighiamo?
L’acqua, il nostro ‘oro blu’ – che avrebbe dovuto essere il pilastro di un tessuto imprenditoriale capace di creare e garantire lavoro, opportunità e futuro, anche in termini ambientali – potrebbe prendere un altro corso? Attualmente il volume idrico trasferito fra le regioni del distretto idrografico dell’ Appennino meridionale è stimato in 830 milioni di metri cubi e di questi ben il 28% arriva dal Molise, l’unica regione che eroga acqua ai territori vicini senza riceverne. L’acqua è notoriamente fonte di vita insostituibile per gli ecosistemi, dalla cui disponibilità dipende il futuro degli esseri viventi e qualsiasi suo utilizzo è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
Ma il Molise cosa sta facendo per salvaguardare questo immenso patrimonio, per consegnarlo alle generazioni future? Nulla, purtroppo. Forse perché ‘domani’ in Molise non ci sarà più nessuno. Oro blu e molisani stanno prendendo altre strade. E portano tutte fuori dai nostri confini regionali.
Chiarisco subito che non metto assolutamente in discussione l’aspetto solidaristico: ero, sono e resto una convinta sostenitrice – sulla scia della promulgazione della Carta europea dell’Acqua nel 1968, della classificazione del Parlamento europeo datata 2004 e della risoluzione ONU del luglio 2010 – del principio che la risorsa idrica sia un bene comune, che il diritto all’acqua riguardi la dignità della persona, sia essenziale per il pieno godimento della vita e per tutti gli altri diritti umani, che la gestione dell’acqua non dovrà essere assoggettata alle norme del mercato interno ovvero nessuna privatizzazione né profitto.
A stabilirlo, anche la legge regionale istitutiva dell’Ente di governo d’ambito, la legge regionale n. 4 del 2017: “L’acqua costituisce una risorsa pubblica limitata il cui uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire della stessa risorsa e di un patrimonio ambientale integro. In quanto bene comune pubblico, l’uso dell’acqua non è assoggettabile a finalità lucrative ed è ispirato al risparmio ed alla rinnovabilità della risorsa per non pregiudicare il patrimonio idrico, l’integrità e la vivibilità dell’ambiente, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici, fatto salvo il diritto dei territori in cui avviene la captazione ad essere indennizzati in relazione ai pregiudizi idrogeologici conseguenti alla già menzionata attività. L’uso dell’acqua per l’alimentazione e l’igiene umana è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico, superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell’acqua per il consumo umano. L’uso dell’acqua deve quindi avvenire secondo le seguenti priorità: a) alimentazione e igiene umana; b) agricoltura e allevamento; c) uso industriale. La Regione e gli enti locali nell’esercizio delle funzioni loro attribuite dalla presente legge promuovono, altresì, forme di informazione e partecipazione dei cittadini agli atti fondamentali di pianificazione, programmazione, gestione e controllo del servizio idrico integrato in un quadro di politiche generali di tutela e di gestione del territorio.”
L’Ente di governo, di cui fanno parte esclusivamente i Comuni attraverso una organizzazione definita con legge, ha l’ obiettivo di gestire il servizio idrico integrato sull’intero territorio molisano attraverso una società di gestione (la GRIM) che, grazie a un emendamento, a una deliberazione di consiglio e a una importante coinvolgimento popolare, è interamente pubblica.
Qual è, invece, il compito della Regione? Spetta alla Regione la programmazione unitaria della tutela e degli usi delle acque e la politica generale di governo della gestione per i vari usi, acquisisce dai soggetti competenti i dati inerenti la qualità ambientale, al fine di conoscere lo stato dei corpi idrici del territorio regionale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi ai sensi dell’articolo 146 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), a favorire il riciclo dell’acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate nonché il risparmio energetico nell’uso della risorsa idrica.
E Molise Acque? L’Ente pubblico economico, nato in sostituzione dell’ERIM, è il “grossista” dell’acqua molisana. Si occupa di captazione, di grande distribuzione e di gestione degli invasi.
In questa complessità normativa, evidentemente chiara, un principio vale su tutto: l’uso dell’acqua per l’alimentazione e l’igiene umana è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico, superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell’acqua per il consumo umano.
Sarà il caso di ribadirlo: l’uso dell’ acqua deve quindi avvenire secondo precise priorità. Prima di tutto per alimentazione e igiene umana; poi per agricoltura e allevamento e infine per uso industriale.
Aggiungo che, affinché ciò sia possibile, occorre a monte una programmazione di tutela delle acque che ad oggi, in una regione che si è cullata sulla propria inestimabile ricchezza, ignorando quello che comportano gli evidenti cambiamenti climatici, ha portato il nostro territorio a subire un grosso stress idrico. E, di conseguenza, i Comuni che si affannano a richiamare, tardivamente a mio avviso, i propri cittadini a un uso consapevole dell’acqua del “sindaco”. ☺