
In vino: fantasy
Ragazzi, non me ne vogliate, ma non ho resistito! Dopo la sindrome di isteria di massa, sviluppatasi sui social, in relazione all’approvazione del termine “petaloso” da parte dell’Accademia della Crusca, ho cercato nei miei appunti ed online alcuni dei descrittori, dei neologismi utilizzati da colleghi, sommelier, winebloggers, giornalisti che terminino con “oso” e non escludo che lo stesso petaloso non sia già stato utilizzato per definire un vino floreale o che comunque entri a far parte della terminologia di degustazione. E allora facciamo un viaggio in tutto gli “OSO” enologici e in primis ci imbattiamo in “pastoso”: morbido, rotondo, senza spigoli o asprezze; e poi in “ciccioso”: utilizzato da alcuni per definirne un’abbondante struttura e da altri per ricordare le note di BBQ tipiche di alcuni vini rossi invecchiati, ma esiste anche “marmellatoso” usato per descrivere il frutto ormai tendente al “cotto”.
Più chic è “setoso”: simile a pastoso ma usato per descrive una beva liscia, scorrevole, morbida; sa di cene semplici in famiglia di inverno il termine “dadoso” a cui si riconduce il sentore di glutammato e quindi agli aromi ed ai sapori che rientrano nel sesto gusto, ovvero l’Umami. Per intenderci, ricorda il dado da cucina.
Ma la fantasia è più scatenata e conia “idrocarburoso” per indicare note che ricordano la benzina tipiche dei grandi Riesling e l’ancora più originale e forse anche un po’ molesto “peloso o foxoso” ad indicare proprio l’odore tipico di pelo anche bagnato, nel secondo caso (chi l’ha usato è un genio… di cosa decidetelo voi) si riferisce nello specifico al pelo di volpe. Presente sia nei bianchi che nei rossi.
Si rientra nella quasi normalità quando si parla di “legnoso” per indicare l’aroma di legno derivante dall’affinamento in legno piccolo di primo passaggio o, nel caso di vini di scarsa qualità, dai chips, è troppo evidente e quasi fastidioso; e ancora di “Vaniglioso” quando il sentore di vaniglia sia l’effetto di un troppo lungo affinamento in botte.
Ma si sa, non tutti amano le dolcezze, ci sono sentori che risvegliano appetiti più robusti. È il caso di “formaggioso e burroso”: aromi caseari tipici di alcuni vini bianchi (vedi Chardonnay) e dei metodo classico, a volte riconducibili allo svolgimento della fermentazione malolattica; con il formaggio si sposa bene il “tartufoso/fungoso”: aroma complesso, di sottobosco, tra il verde e l’animale. Tipico dei vini rossi profondi, come il Pinot Nero, con qualche anno alle spalle. E ci sta anche un bel “peposo” tipico dei Vini speziati, con una forte componente aromatica che viri verso il pepe, primo fra tutti il /la Syrah.
Dopo le pietanze speziate si può chiudere con un più delicato “Bananoso”: aroma di banana matura, tipico del novello e dei vini rossi giovani ed immaturi, ma anche di bianchi campani come il Fiano e la Falanghina. Se non invasivo, risulta piacevole in concomitanza con aromi esotici e balsamici
Per i supergolosi si chiude in bellezza con un bel “cioccolatoso”, tipico aroma di cacao presente nei vini maturi ed invecchiati, come il Cabernet sauvignon ed il Teroldego ed ancor più nell’uvaggio dell’ Amarone, grazie anche all’appassimento.
Non ci resta che brindare alla fredda (?) stagione con un vino “Caloroso”: pieno e potente, dalla struttura e, quindi, il grado importante e percettibile una volta deglutito.
Buon vino a tutti !☺