La legge del taglione
4 Aprile 2024
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La legge del taglione

Nel precedente articolo si è detto che la bibbia ebraico-cristiana può essere divisa in quattro parti che possono essere definite così: rivelazione (Legge), attualizzazione (Profeti), meditazione (Scritti), compimento (Nuovo Testamento). Il criterio della nostra interpretazione è Gesù stesso, quando ha detto di non essere venuto ad abolire le Scritture, ma a portarle a compimento; potremmo dire: alle loro estreme conseguenze, ad una attuazione radicale. Non a caso nella tradizione etica cristiana i dieci comandamenti restano in vigore, non sono sostituiti da altri, e il comandamento nuovo (“amatevi come io ho amato voi”) si identifica con la regola d’oro (fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te) che è la sintesi di tutta la Legge, anche secondo una tradizione rabbinica. Ciò vuol dire che gli antichi comandamenti di carattere etico mantengono il loro valore, anche se riletti in nuovi contesti.
Vorrei partire dal comandamento forse più incompreso e discusso dell’Antico Testamento, denominato “legge del taglione” che sembrerebbe essere un avallo alla vendetta. Si legge nel Levitico: “Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro” (24,19-20). Sappiamo bene che Gesù ha reinterpretato fino ad annullare questo comando per chi diventa suo discepolo: “Avete inteso che fu detto: occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5,38-39). Gesù enuncia il principio della totale nonviolenza, della resistenza passiva da parte di chi deve annunciare e testimoniare il vangelo; la legge del taglione però mantiene il suo significato non nel giustificare la violenza o la vendetta ma piuttosto nell’arginarla. Proprio nell’ Antico Testamento, nella Genesi, viene riportato infatti l’esempio di un discendente di Caino, Lamec, che pretende per sé una vendetta moltiplicata settantasette volte (o settanta volte sette, secondo un’altra variante). È contro questa deriva della violenza moltiplicata che nasce la legge del taglione, che significa non andare oltre, nella reazione, al danno subìto. Se uno danneggia un occhio non può, come reazione, subire una decapitazione.
Se la nonviolenza annunciata da Gesù vale per i suoi discepoli, la legge del taglione rimane valida per chi si appella alla legge di Mosè come criterio identitario della propria religione. Mi riferisco, ovviamente, a ciò che sta avvenendo nella striscia di Gaza dove, come reazione alla strage del 7 ottobre scorso, lo Stato d’Israele che si vanta di essere l’unica vera democrazia del Medio Oriente, sta massacrando una popolazione inerme, fatta per lo più di donne e bambini, fino a sentire la tremenda affermazione, da parte di alcuni, che quei bambini possono morire perché saranno i terroristi di domani. Di fronte alla morte assolutamente ingiustificata di mille persone e di fronte al sequestro di altre centinaia, abbiamo come reazione l’uccisione, fino al momento in cui sto scrivendo, di oltre trentamila persone, ben oltre le tristemente famose rappresaglie dei nazisti. Certo, il nazismo verso gli ebrei non ha attuato rappresaglie ma ha progettato e realizzato lo sterminio dell’intero popolo ed è quello sterminio che fa sentire gli israeliani legittimati a difendersi con ogni mezzo. Tuttavia, mi chiedo, se trattare una popolazione indifesa come carne da macello, togliendo prima la dignità poi la possibilità di sopravvivenza non permettendo l’ approvvigionamento di viveri e acqua potabile e infine togliendo la vita con bombardamenti indiscriminati, possa essere considerata una compensazione dello sterminio nazista o invece possa configurarsi la perdita di quella santità acquisita proprio da quello sterminio per cui è diventato un dovere dell’umanità custodire non solo la memoria di quell’ evento ma anche il popolo sopravvissuto a quel progetto diabolico. Può quella “santi- tà” legittimare la distruzione di un altro popolo? Ovviamente no. Non è necessario neppure appellarsi alla nonviolenza predicata da Gesù perché, ripeto, stava parlando non all’umanità ma ai suoi discepoli. Però resta la validità della legge del taglione, cioè il non superamento del confine nella reazione che deve essere almeno proporzionata, pur avendo magari diverse interpretazioni su come debba essere tale proporzione.
In questo momento lo Stato d’Israele sta trasgredendo senza dubbio una delle leggi date a Mosè sul Sinai. Ma c’è anche un’altra regola calpestata, e che accomuna il vangelo alla tradizione rabbinica conservata nel patrimonio letterario e religioso d’Israele: quella regola d’oro che riassume tutta la Legge e che non dice: “fai agli altri ciò che hanno fatto a te”, ma: “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Chi pretende di essere rispettato per lo sterminio subìto, non può sentirsi legittimato a sterminare altri, ma se mette in atto uno sterminio, perde quella santità che faticosamente, anche da parte di tanta umanità che prova dolore e vergogna per ciò che è stato commesso decenni fa nel cuore dell’Europa, è stata riconosciuta.☺

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