La scuola di posillipo
12 Febbraio 2024
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La scuola di posillipo

Mentre in Francia era Parigi il centro di attrazione massima e fulcro per gli artisti dell’Ottocento, l’Italia era divisa in tanti ambienti politici e culturali e stentava a trovare un linguaggio pittorico che andasse al di là dei limiti provinciali. Napoli, che fu un centro politico e culturale dove confluivano pittori stranieri anche come tappa del Grand Tour e dove circolava una tradizione pittorica paesaggistica già dal Seicento e lungo il Settecento con una ampia diffusione del vedutismo turistico, visse con la Scuola di Posillipo un momento prolifico.
Nel 1816 arrivò da Roma l’ olandese Anton Sminck van Pitloo (Arnhem, 1790 – Napoli, 1837) che coltivò in città i suoi interessi artistici, trovando una committenza ideale e un fecondo stimolo per il suo lavoro, tanto da fondare nel 1820 una scuola privata di pittura. Nasceva così la Scuola di Posillipo, che già nel decennio 1825-1835 trovò ampio consenso. Si chiamò così perché l’osservazione della città avveniva dall’alto di Posillipo, quartiere collinare che permetteva vedute con prospettive panoramiche.
La Scuola di Posillipo è stata una esperienza pittorica di un gruppo di artisti riuniti a Napoli, a partire dal secondo decennio dell’Ottocento, dediti prevalentemente alla pittura di paesaggio praticata all’aperto. Inaugurata da Pitloo- che la guidò fino al 1837- passò poi al napoletano, suo allievo, Giacinto Gigante. Rappresentò un momento importante per la pittura napoletana e italiana, in un più ampio contesto europeo che tendeva alla celebrazione del genere del paesaggio al di là della sua rappresentazione ideale e storica.
Pitloo, ispirato dalle bellezze paesaggistiche e dalle usanze partenopee, riuscì a cogliere e a tramettere agli allievi i valori atmosferici della natura affermando una pennellata personale, rapida, a macchie luminose. Gigante, come rappresentante di una famiglia di pittori che si strinsero intorno a Pitloo, ne ereditò l’ispirazione e accentuò l’uso della macchia e dell’impressione dal vero, rendendo nella sue opere il movimento e la luce, la vivacità e la tipicità napoletana. Gli elementi naturali locali, le architetture e gli abitanti, esercitarono una forte attrazione su almeno due generazioni di pittori.
Pittura paesaggistica
Pitloo dipingeva, con una personale interpretazione del paesaggio, quadri destinati ad essere particolarmente apprezzati dalle nuove generazioni di pittori e che gli valsero la considerazione di “uno dei più geniali artisti del tempo”. Dal 1822 diventò professore presso il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli e si affermò come artista internazionale. Riuscì infatti a intrattenere contatti con l’ambiente dell’arte europeo e con artisti come Jean-Baptiste Camille Corot (Parigi, 1796 – Parigi, 1875), importante paesaggista francese che negli anni ’20 dell’Ottocento fu precursore e influente sostenitore della Scuola di Barbizon. La maggior parte degli artisti di Barbizon si avvicinarono lungo gli anni Trenta alla pittura di paesaggio in modo naturalistico, catturando gli scenari che vedevano in modo veritiero, facendo attente osservazioni e dipingendo all’aperto per riprodurre fedelmente i colori e le forme della campagna.
Corot, che visitò Napoli tra il 1817 e il 1821 e nel 1828, a sua volta esportò le esperienze vissute in Italia durante il suo Grand Tour, che come da abitudine diffusa a quel tempo prevedeva soste nelle più importanti città d’arte italiane.
Paesaggi partenopei
Parallelamente nella prima metà dell’Ottocento andavano diffondendosi in Europa lo spirito dei pittori del Romanticismo che rivolgevano l’attenzione alla natura e alla pittura all’aperto, in opere basate sull’osservazione ravvicinata del paesaggio, del cielo e dell’atmosfera, dedicandosi a descrivere la reazione soggettiva, la vita interiore rispetto alla natura circostante.
Pitloo ebbe modo di conoscere anche il lavoro del più importante paesaggista inglese del tempo, William Turner (Co- vent Garden, 1775 – Chelsea, 1851), presente a Napoli tra il 1819 e il 1828, da cui colse gli umori romantici rivolti a una libera interpretazione della natura, poi trasfusi nella formazione scolastica agli allievi di Posillipo. Oltre a quelli che potevano essere i luoghi prediletti nella rappresentazione dell’area partenopea, come il Vesuvio, gli scavi di Pompei e di Ercolano, le isole del golfo, i pittori di Posillipo si rivolsero a rappresentare la natura intorno all’area urbana e la sua atmosfera luminosa mediterranea.☺

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