La struttura della bibbia
6 Marzo 2024
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La struttura della bibbia

Abbiamo visto la volta scorsa che, a differenza del mondo ebraico, dove la bibbia è sostanzialmente identica da duemila anni circa, nel mondo cristiano ci sono diverse bibbie dal punto di vista quantitativo. Si va dalla bibbia “breve” dei protestanti, a quella “lunga” degli ortodossi mentre la bibbia cattolica sta nel mezzo. Ciò che le accomuna, invece, è un ordine dei libri dell’Antico Testamento diverso da quello ebraico, con alcune differenze tra i tre gruppi cristiani: i protestanti e i cattolici hanno lo stesso ordine che va dalla Genesi fino a Malachia (ma la bibbia ufficiale cattolica, la vulgata, mette i due libri dei Maccabei alla fine dell’Antico Testamento, per sottolineare la continuità storica tra il popolo d’Israele e la chiesa), il mondo ortodosso, invece, pone i profeti maggiori (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) dopo i minori, per cui il loro Antico Testamento si chiude con il profeta Daniele. Nella bibbia ebraica, invece, i profeti vengono subito dopo la Torah o Pentateuco (Dalla Genesi al Deuteronomio) mettendo in fondo un gruppo di scritti eterogeneo, chiamato genericamente “Scrit- ti”.
La collocazione cristiana dei libri, in realtà, deriva dall’invenzione della stampa: innanzitutto Gutenberg pubblicò (seguito da tutti gli stampatori successivi) la vulgata che si rifaceva alla cosiddetta “bibbia di Parigi”, creata nel tredicesimo secolo e che aveva l’ordine dei libri che incontriamo nelle nostre bibbie cattoliche. I protestanti hanno semplicemente sottratto i deuterocanonici, prima pubblicati in appendice e poi eliminati del tutto, ma hanno conservato lo stesso ordine della bibbia di Gutenberg. Gli ortodossi invece hanno preso come punto di riferimento la pubblicazione voluta da Sisto V della Settanta (la bibbia greca) basata principalmente sul famoso Codice Vaticano B che contiene l’ordine dei libri adottato dagli ortodossi. La scelta delle bibbie cristiane di mettere i profeti alla fine dell’Antico Testamento nelle proprie edizioni a stampa, rispecchiava il modo in cui i cristiani, fin dalle origini, leggevano l’Antico Testamento, cioè come profezia di Gesù Cristo e della chiesa; tuttavia, non fu una scelta editoriale universale prima della stampa, in quanto ci sono tante varianti nell’ordine dei libri, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Anzi, molti manoscritti, pur avendo il canone lungo, dividono l’Antico Testamento come gli ebrei (l’esempio più interessante è costituito dalle bibbie di Teodulfo di Orleans vissuto all’epoca di Carlo Magno, il secondo editore per importanza dopo Alcuino, della cosiddetta “bibbia carolingia”, quando ci fu il tentativo di uniformare il testo latino della bibbia).
L’idea che sta dietro alla “bibbia di Parigi”, diventata di fatto l’edizione cattolica (e protestante) con l’invenzione della stampa, è la storia della salvezza: nel momento in cui è avvenuto il “peccato originale”, Dio, anziché abbandonare l’umanità, ha progettato già la sua “restaurazione” tramite l’invio del Figlio nella “pienezza dei tempi”. Ciò che precede Gesù è una lunga attesa della sua venuta, vista profeticamente da alcune menti illuminate da Dio stesso e appartenenti a un popolo specifico scelto da Dio, gli ebrei, da cui sarebbe nato il Cristo secondo la carne per realizzare però la salvezza non solo di un popolo ma di tutta l’umanità. È questo lo schema illustrato soprattutto da Paolo nelle sue lettere e che è alla base della rilettura cristiana delle scritture ebraiche. Si capisce, in questa prospettiva, anche l’aggiunta di altri libri (i deuterocanonici) che gli ebrei hanno escluso perché non scritti o non trasmessi nella lingua sacra: questi libri creano la continuità storica tra la fine della profezia (con Malachia) e la venuta di Cristo, per dire che Dio non ha mai smesso di ricordare la promessa del Messia. La sottrazione nel mondo protestante, di questi libri, pur mantenendo l’ordine “storico-salvifico” dei libri dell’ Antico Testamento, ha, nella prospettiva del canone cristiano, creato un vuoto di ben cinque secoli di silenzio da parte di Dio tra la fine della profezia e l’avvento di Cristo. In realtà molti libri contenuti nella bibbia ebraica sono scritti tardivamente, come ad esempio Daniele, scritto nel secondo secolo avanti Cristo; tuttavia, il contesto fittizio è quello dell’esilio babilonese e, poiché non si avevano gli strumenti di uno studio critico per distinguere il tempo fittizio del racconto da quello reale in cui il libro è stato scritto, Daniele è stato accolto come opera del sesto secolo a.C. L’ordine dell’Antico Testamento cristiano, inoltre, riflette quello del Nuovo, dove viene prima la storia che narra l’evento (Vangeli e Atti), poi la spiegazione attualizzante (le lettere di Paolo e cattoliche) e infine la profezia del compimento della storia (Apocalisse). Così l’Antico ha prima la storia dell’umanità e del popolo eletto (libri storici) poi l’insegnamento morale (sapienziali) infine la profezia che annuncia il compimento delle promesse di Dio e la venuta del Messia.
L’inizio del Nuovo, con la presentazione della genealogia di Gesù contenuta in Matteo, collega Antico e Nuovo Testamento e mette in evidenza la continuità del piano di Dio che inizia con la creazione (e dall’ incidente di percorso del peccato originale) e finisce con la fine della storia presentata nell’Apocalisse. La struttura ebraica dell’ Antico Testamento, su cui ritorneremo la prossima volta, parte dalla centralità della Legge che è la rivelazione per eccellenza della volontà di Dio, passa per i Profeti che sono l’attualizzazione della Legge nelle varie fasi storiche del popolo, e si conclude con la meditazione della Legge nell’ultima parte, cioè gli Scritti. Questa divisione, molto antica (attestata già dal Siracide nel secondo secolo a. C.), ha senso anche in prospettiva cristiana, soprattutto se prendiamo il punto di vista dei Vangeli, anziché di Paolo: Gesù dice che non è venuto ad abolire ma a portare a compimento la Legge e i profeti, facendo riferimento proprio alla struttura ebraica della bibbia. Nel nostro tempo, in cui il rapporto tra ebrei e cristiani è basato non sul rifiuto ma sul dialogo, questo modo di vedere la bibbia può insegnare qualcosa a tutti noi, sia cristiani che ebrei, per il bene di tutta l’umanità.☺

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