Le renne fuggono, noi restiamo
Da alcuni anni, in Lapponia, la patria per eccellenza delle renne, è possibile osservare, con sempre maggiore frequenza, l’allontanamento d’intere comunità di questo splendido animale dai loro abituali luoghi di vita, a causa del ghiaccio che ricopre il cibo di cui maggiormente si nutrono.
Alcune di esse si allontanano, verso sud, percorrendo fino ad un centinaio di chilometri, per poter brucare i licheni al di sotto del manto nevoso, in quanto lo scioglimento della neve, alle latitudini dove di norma risiedono, a causa del riscaldamento globale, favorisce la copertura del cibo disponibile con duri strati di ghiaccio, che le renne non sono in grado di rompere.
Il fenomeno è chiaramente dovuto all’innalzamento termico, in latitudine, tanto che, in alcuni casi e sempre più spesso, la copertura di ghiaccio, invece che provenire dalla solidificazione delle nevi disciolte, deriva direttamente dalle piogge che, sempre più spesso, sostituiscono le precipitazioni nevose.
Il malaugurato fenomeno pone gli allevatori di renne di alcune regioni lapponi di fronte ad un problema economico di non trascurabile importanza, a partire dal mettere larga parte delle popolazioni locali di fronte ad una vera e propria carenza quantitativa di approvvigionamento alimentare. Da ciò, l’ incontrovertibile evidenza che l’innalzamento termico, anche in latitudine oltre che in altitudine, cui siamo ormai in modo irreversibile e con decisione, globalmente, sottoposti, riguarda pure i nostri territori e quindi le esistenze di ciascuno di noi.
Ci troviamo, con chiarezza, di fronte ad un fenomeno, in atto e in divenire, molto simile agli eventi verificatisi alla fine dell’ultima glaciazione dell’era Neozoica (circa 12.000 anni fa). L’allora originato aumento di temperatura e il conseguente scioglimento e ritiro dei ghiacciai alpini, diedero vita ai numerosi e ben noti laghi di origine glaciale, siti ai piedi dell’ imponente catena montuosa. Gli enormi volumi di acqua liberatisi furono causa del trasporto a valle degli ingenti quantitativi di materiale alluvionale, in grado di colmare le tante depressioni geomorfologiche esistenti, in prossimità sia delle Alpi che degli Appennini. Da cui tutte le attuali pianure italiche, da quella Padana alle intermontane appenniniche, fino a quelle che bordano, da nord a sud, i nostri litorali marini.
Il progressivo aumento dello zero termico, in cui siamo con evidenza inseriti, comporta il possibile verificarsi di conseguenze, anche di non trascurabile importanza, in località finora avulse da particolari fenomeni, quali, ad esempio, crolli di blocchi rocciosi, dovuti a disgregazioni di materiali fratturati e/o in procinto di diventarlo. L’azione di sgretolamento continuo, dovuto all’incessante alternanza di congelamento e scioglimento delle acque d’infiltrazione negli interstizi delle rocce di superficie, tenderà ad interessare, inevitabilmente, aree poste, sia a più alte quote altimetriche, che a maggior gradi di latitudine. Occorre, pertanto, con evidenza e senza indugio alcuno, prestare una sempre più puntuale e crescente attenzione alle tante delicate situazioni di trasformazioni ambientali, in atto e/o in via di crescente implementazione.
Per altro verso e in previsione, entro la fine del secolo, di un rialzo termico medio atteso, contenuto entro 1,5 – 2,0 °C ovvero in presenza di una risalita dello zero termico di almeno 300 metri, la pratica dello sci, vacanziero e/o sportivo, sarà riservata solo ad un ristretto numero di località turistiche. Per tutte le altre, ancorché poste sulle pendici delle nostre Alpi, che ancora basano la loro economia sul turismo invernale e per la quasi totalità di quelle appenniniche, diventa verosimilmente improcrastinabile pianificare offerte vacanziere in linea con le variazioni climatiche, ormai largamente previste da tutta la comunità scientifica internazionale.☺