Lo spettro di versailles
6 Giugno 2022
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Lo spettro di versailles

Forse il Presidente Macron, quando ha affermato che “sarebbe un grave errore, umiliare Putin”, aveva in mente un prezioso e illuminante testo di Keynes dal titolo Le conseguenze economiche della pace. Un libro che apparve per la prima volta nel 1919 e con il quale Keynes intese contestare la politica delle gravi riparazioni di guerra che i vincitori della prima guerra mondiale imposero alla Germania. Keynes non condivideva la convinzione dei vincitori Wilson, Clemenceau e Lloyd George di aver combattuto “la guerra che avrebbe posto fine a ogni guerra” e che il trattato di Versailles avrebbe sugellato questa certezza. Keynes era convinto che le durissime sanzioni imposte alla Germania sarebbero state il terreno di coltura di nuovi conflitti e nuovi disastri in Europa e che nello spazio di due, tre decenni la guerra sarebbe tornata in Europa. E così fu. Il 1° settembre del 1939 Hitler attaccò la Polonia e il 3 settembre invase la Francia iniziando così la seconda guerra mondiale.

La tragedia ucraina ha messo l’Europa e non solo essa su di un pericoloso piano inclinato. In questi tre mesi la guerra di Putin ci regala un’autentica galleria degli orrori che è insieme umana e politica e della quale è bene avere piena consapevolezza, se si vogliono evitare disastri ancor più pericolosi nel prossimo futuro.

La catastrofe umana la vediamo ogni girono in diretta: migliaia di morti e feriti, distruzione di intere città, milioni di profughi ucraini in giro per l’Europa. È il trionfo della crudeltà, della perdita di ogni principio morale e di ogni codice di comportamento. La cosa ancor più grave è che questa degenerazione non è solo dei russi invasori, ma anche di chi si difende. La guerra è come un frullatore che certo non confonde le responsabilità ma mescola in una sola poltiglia comportamenti e violenze. In questa guerra ogni giorno vediamo la galleria delle sofferenze del popolo ucraino o di giovani soldati mandati a combattere e a morire. Né è dato sapere quanti di questi giovani siano stati uccisi in battaglia e quanti invece giustiziati una volta prigionieri. Dovrebbero esserci decine e decine di migliaia di prigionieri da una parte e dall’altra, ma non se ne vedono, si contano solo i morti. Il rosario dei crimini di questa guerra è sempre più lungo e il rischio che l’orrore della violenza entri nella normalità della vita quotidiana è molto alto.

Fermare la guerra è un imperativo morale, e papa Francesco lo ricorda ogni giorno.

Vi è poi il disastro politico che questa guerra giorno dopo giorno produce, un disastro che dobbiamo avere ben chiaro, se non vogliamo ripetere i gravissimi errori di Inglesi, Francesi e Americani che Keynes denunciò, dopo la prima guerra mondiale.

In primo luogo questa guerra evidenzia la straordinaria debolezza della Russia. Una debolezza profonda che riguarda il sistema economico e industriale, l’ arretratezza tecnologica, la classe dirigente e al fondo la stessa società russa. La fragilità militare russa di tutto ciò è il riflesso. Putin nel corso di questi lunghi anni con una certa abilità aveva speculato e si era giovato delle difficoltà americane in Medio Oriente come in Siria, ma la guerra in Ucraina ha mostrato con grande evidenza le nudità e le profonde debolezze della Russia. Trarre la conclusione, come in diversi americani intesta che è giunto il momento di “affogar il can che affoga”, sarebbe un gravissimo errore. Ancor più grave di quello che l’Europa commise quando lasciò Gorbacev al suo destino, scegliendo l’oligarca ubriacone Eltsin. Chiudere la Russia in un angolo, ridurlo ad un piccolo potentato sarebbe irrealistico ed aprirebbe le porte ad un futuro pieno di incognite e di pericoli. L’ Occidente e in primis l’Europa dovrebbe per un verso favorire uno sviluppo della democrazia e dei valori di libertà in Russia e per un altro verso impegnarsi a costruire un mondo multipolare nel quale tutti, ad iniziare dagli Stati Uniti, abbandonino velleità egemoniche ed imperiali.

La seconda questione politica non è meno essenziale, ovvero il ruolo dell’ Europa. Una Europa che in questa guerra non è esistita, ridotta ad  ancella della NATO e degli Stati Uniti. Sotto la retorica e il vestito europeo non vi è nulla, nessuna iniziativa reale, nessuna autonomia politica, nessuna identità. Si parla di esercito militare europeo e si dimentica la cosa fondamentale, ovvero la miseria politica del vecchio continente, l’assenza di una politica estera, economica e fiscale comune. Non solo, la vicenda ucraina rischia di dare un colpo grave anche alla fragile identità culturale, democratica e civile dell’Unione Europea. Nel 2021, non un secolo fa, l’Ucraina era considerato un paese non candidabile per l’Unione Europea perché non aveva i requisiti politici, democratici e  istituzionali giusti, per la sua corruzione e perché grandi erano e sono i buchi neri sui princìpi, i diritti delle persone e lo Stato di diritto.

Per ragioni non dissimili i Balcani, malgrado la tragedia dalla quale venivano, da venti anni aspettano sull’uscio di Bruxelles. Il problema, però, ancora una volta non è l’Ucraina, come non lo sono i Balcani o l’ Ungheria di Orban, ma cosa vuole essere l’ Europa per i cittadini europei e per il mondo. Ed è bene muoversi rapidamente e nella giusta direzione, perché il finale di partita non è lontano e lo spettro di Versailles è dietro l’angolo.☺

 

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