Medicina territoriale e spopolamento
9 Dicembre 2021
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Medicina territoriale e spopolamento

Medicina territoriale, a che punto siamo? Domanda retorica, ovviamente, visto che la nebbia non si è diradata affatto. E siamo quindi ancora al punto di partenza, nonostante i buoni auspici, le rassicurazioni e gli impegni verbali. Un tema che per la nostra regione è evidentemente vitale, che significa sopravvivenza e tutela di un diritto, un argomento dirimente che però sembra scomparso dall’agenda politica e che ritrova vigore solo se qualcuno lo fa riemergere dalla coltre che purtroppo lo ricopre.

Non se ne parla in sede di Commissione competente, dove è stato avviato un interessante e utile percorso di confronto di cui abbiamo anche parlato proprio su queste pagine. Non se ne parla in consiglio regionale dove le opportunità del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza sono state oggetto di un unico confronto, richiesto dalle minoranze che hanno voluto una assise monotematica. Dovrebbe essere un lavoro quotidiano di coinvolgimento dell’intera assise senza divisioni politiche ma in rappresentanza dell’ intera comunità regionale, degli stakeholder. Invece – forse – se ne parla solo ai piani alti.

Non sappiamo quali i progetti, le idee, la visione, la strategia. Sappiamo però che i medici, non appena si apre uno spiraglio di fuga, scappano a gambe levate da questa terra, bella ma ormai destinata allo spopolamento che è l’altro tema che non viene nemmeno mai sfiorato dal legislatore.

Si tratta di argomenti che si incastrano l’uno con l’altro: una regione che lentamente e progressivamente si sta desertificando, nella quale la sanità è una zavorra che ognuno di noi si porta dietro con il suo carico debitorio, dove si preferisce tagliare i servizi sanitari invece che dare loro una migliore e più efficiente organizzazione che sia tarata sulle effettive necessità, è un posto che non ha futuro e che quindi non merita il loro impegno e i sacrifici. E così si preferiscono altre aziende ospedaliere, di certo più attrattive perché non obbligate al risparmio più che all’investimento, dove la politica guarda avanti e non indietro, a caccia di colpe da addebitare a chiunque altro tranne che a se stessa.

Il grimaldello per tentare di costruire una nuova strada verso il futuro, che potrebbe davvero rendere più attrattiva la nostra terra che può vantare un patrimonio ambientale, storico, di cultura e di umanità che è sotto gli occhi di tutti noi, è il PNRR. Non c’è dubbio che si tratti, per ogni ambito, dell’ unico modo che abbiamo per salvarci e salvare il Molise dall’abbandono. Non è una previsione pessimista, altro che. I numeri – quelli che io maneggio per professione – ci raccontano di come questa fuga – che è appannaggio dell’approfondimento giornalistico, delle discussioni tra esperti e non è mai stata oggetto di una precisa strategia politica che il governo regionale avrebbe il dovere di individuare – sia il frutto di un cammino lento ma inesorabile, avviato ormai da decenni.

E oggi i numeri fanno paura. Diventano immagini del declino le nostre strade vuote, le case con le persiane chiuse, i negozi in vendita, i servizi che vengono tagliati o diminuiti, gli ospedali che piano piano si svuotano delle professionalità indispensabili perché continuino ad essere presidio di tutela della salute.

Dodici medici, in poche settimane, sono andati via. E poi i reparti in affanno da anni, i bandi di concorso che vanno deserti o ai quali partecipano – se si è fortunati – pochissimi professionisti. Paesi che si svuotano, comunità che spariscono, borghi che muoiono. Luci accese solo nelle case dove vivono i nostri anziani, che non riusciamo nemmeno più a tutelare in quello che è il loro bisogno primario. La salute, la certezza delle cure, la prossimità dell’ assistenza.☺

 

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