Modello lineare o circolare?
di Andrea Barsotti
È ricordo ancora vivo nella mia mente, un sogno che feci da bambino, un ricordo temporale molto lontano, forse il più lontano. Ero nel mio lettino con le protezioni laterali fatte con una barra metallica nella parte superiore e con della rete intrecciata che chiudeva le parti laterali. Il sogno rappresentava me in un carrello, del tipo usato in miniera, che correva su dei binari, scendendo da una collina verso la pianura. L’eccitazione della velocità si è presto unita alla paura, quando all’improvviso ho realizzato che alla fine della discesa c’era ad attendermi un grosso cane incatenato, che con il suo latrare aspettava il momento di aggredirmi. Mi sono svegliato in tempo, spaventato, ed ho trovato subito soccorso e supporto nella mano di mia mamma, che avvolgeva la mia attraverso la rete.
Ho spesso pensato a questo sogno attribuendogli soltanto la mia paura verso i cani, ma oggi intravedo altro. Immersi in questi tempi grigi di moralità e rispetto umano, mi sembra di intravedere nel mio vecchio sogno la metafora della vita che scorre. Dal divertimento all’eccitazione, ai momenti tristi e preoccupanti, a volte pericolosi, ma poi il conforto della presenza di qualcuno che, più grande e forte di noi, ci aiuta a fronteggiare lo spavento del momento critico, per darci speranza nell’affrontare serenamente la nottata ed andare incontro ad un fantastico giorno. Mi piace interpretarlo così e mi auguro che questo possa essere trasferibile alle nostre vite.
Il momento che stiamo vivendo propone valori diversi da quelli di solidarietà e comunione che distinguono gli esseri umani dagli altri esseri viventi. Progresso e distruzione appaiono come due facce della stessa medaglia. Pare di vivere un momento di negazione del dialogo, di contrapposizione e di imposizione dei propri “valori” ed interessi. In questo momento storico, sembra di rivivere la scena di Stanley Kubrick nel film 2001 Odissea nello spazio: la scimmia che brandisce un osso e lo usa come arma per imporre la sua presenza, contrapponendosi alla visione che esalta la capacità di collaborare e di tramandare conoscenze.
La frammentazione della società attuale dovuta all’isolamento sempre più evidente delle singole persone prive di riferimenti sociali, divise dalle diverse risorse economiche, sempre più succubi di un’ informazione e comunicazione gestita da forti gruppi economici, amplifica l’ aspettativa di risposte elementari ed immediate per la risoluzione di tutti i problemi. Il populismo fa proprie queste aspettative e l’oligarca di turno si serve della rete precostituita di cortigiani che, pur se grotteschi possano sembrare, si guardano bene dal dire cosa pensano, consci della possibilità di perdere i loro miseri privilegi.
Cortigiani cresciuti nella nostra “italietta” all’ombra del piccolo abuso, del favore di precedenza, del privilegio del raccomandato. L’importante è che alla fine possa apparire che nessuno è colpevole, perché così nessuno è innocente. Da qui l’ammirazione del cortigiano verso il proprio benefattore visto come il migliore nell’aver fatto ciò che tutti avrebbero voluto fare. Il potere della comunicazione ci vorrebbe indurre a considerare solo quello che rientra nei loro piani/interessi. Il continuo dichiarare che la crisi climatica debba essere affrontata non in modo ideologico, ma tenendo conto degli aspetti socio-economici ci induce a non perdere di vista lo sviluppo lineare di estrazione, trasformazione, consumo e smaltimento: come dire che non deve esser cambiato niente. In realtà questo sistema non è più sostenibile: se tutti consumassero come gli americani avremmo bisogno di quattro pianeti, se tutti consumassero come noi europei avremmo bisogno di due pianeti e intanto Brasile, India e Cina hanno fatto copia ed incolla del nostro modello lineare.
Ci si deve convincere che il modello lineare deve essere sostituito dal modello circolare, dove gli scarti non siano rifiuti e che, differenziati, possano ritornare nei cicli produttivi agro/industriali, imitando e integrandosi sempre più con i processi naturali. Rifiuti zero e CO2 zero devono essere gli obiettivi del presente e del prossimo futuro, raggiungibili indirizzando il supporto tecnologico ad imitare i processi naturali e seguendo i 17 punti elencati dall’ agenda 2030 promossa dall’ONU.
In riferimento ai valori preindustriali, gennaio 2025 e l’anno 2024 sono stati il mese e l’anno più caldi di sempre, evidenziando il non rispetto di quanto stabilito nella COP 21 di Parigi, dove si invitava a “ridurre i gas serra, per contenere la temperatura globale del pianeta al di sotto di 2 C° in riferimento ai valori preindustriali, impegnandosi a limitarlo a 1,5 C°”.
Nel discorso di apertura della COP 27 a Sharm el-Sheikh in Egitto, Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, ha descritto “l’attuale situazione della società mondiale come un’auto lanciata a tutta velocità su un’autostrada diretta verso l’ inferno climatico”. Dobbiamo prendere coscienza che l’atteggiamento arrogante dell’ “usa e getta”, ritenendo il pianeta il nostro supermercato, entra in contrasto con i processi naturali; dobbiamo prendere coscienza di essere parte integrante del pianeta e quindi di considerarci coinquilini della biodiversità: senza questa coscienza il gioco è destinato a rompersi.
Se prenderemo atto di ciò e delle difficoltà ingenerate dagli interessi costituiti, c’è la necessità di “accerchiare le città”, come sosteneva Mao Tse Tung. In altre parole, se la decisione di cambiamento, se la transizione ecologica ed energetica non viene proposta e portata avanti dai governi, c’è l’urgenza e la necessità di dare forza alla democratizzazione dal basso, partendo da ognuno di noi, per dar senso alla classica goccia. Non dovranno essere semplici gocce destinate all’evaporazione, ma gocce di fiumi, laghi e mari destinate ad alimentare l’oceano dei modelli aggregativi e comunitari della società civile.☺
