Nutrirsi di futuro
5 Luglio 2014 Share

Nutrirsi di futuro

“Devi augurarti che la strada sia lunga”, questo è il tema centrale della poesia Itaca di Costantinos Kafavis, versi che consiglio di leggere agli amici e compagni che hanno qualche incertezza con la vita e con la politica. Parole che mi ripeto, quando sento  avvicinarsi la sirena e la tentazione del gioco politico e del politicismo. Oggi più di ieri la politica deve nutrirsi di futuro e se vogliamo guardare al futuro con speranza, il tempo non può che essere lungo.

Tre consigli ripeto a me stesso e a quanti mi chiedono di tornare alla politica d’ogni giorno. In primo luogo evitare il corto circuito del sistema politico, per questo è necessaria la fatica del realismo politico, la comprensione delle dinamiche profonde e l’analisi dei rapporti di forza nella società e per questo Lucio Magri, per non scomodare padri antichi, resta un grande maestro. Per questa fondamentale ragione ho considerato Grillo una disastrosa avventura, per questo considero Renzi un interludio necessario. L’ attuale presidente del consiglio è lontano anni luce dalla mia storia e dalla mia cultura politica, ma lo considero l’ultima resistenza per evitare una deriva qualunquista della società e quel drammatico sonno della ragione che genera mostri. La deriva non tecnica di Grillo verso l’inglese Farange nella formazione del gruppo parlamentare nel Parlamento europeo è un segnale serio di questo rischio. L’agitazione plebea contro l’Europa, gli ammiccamenti contro gli immigrati, la leggerezza e lo scherzo teatrale su Hitler e su Mussolini, la permanente derisione e aggressione degli avversari, l’ evocazione di tribunali speciali e tanto altro da parte del leader del movimento cinque stelle formano un impasto di cultura e di politica che naturalmente spinge verso quel partito xenofobo e nazionalista di Farange che ha vinto le ultime elezioni inglesi. Renzi ha dinnanzi a sé un compito arduo, la vittoria elettorale può durare lo spazio di un mattino se non accadono fatti, se non vi sono risposte che rendano meno aspri e duri i problemi sociali. E il tempo delle scelte è ormai prossimo. Il giovane presidente del consiglio è scaltro e rapido, tutte virtù importanti, ma che servono a poco se non vi saranno scelte coraggiose e forti, in primo luogo per mutare radicalmente le politiche dell’Unione Europea: per questo obiettivo strategico chi ha sostenuto la lista di Tsipras e i tanti che sono a sinistra possono dare un contributo costruttivo e utile.

Secondo consiglio: immergersi nel territorio che è poi la vera frontiera. Vi sono generazioni e generazioni di militanti della sinistra più o meno radicale, un capitale politico enorme, donne e uomini democratici e di sinistra ridotti alla funzione di osservatori delle Nazioni Unite, vittime di quel meccanismo e di quelle scelte scellerate che hanno sciolto partiti e comunità politiche. Queste energie possono essere preziosissime se lasciano il cielo del politicismo, dell’elettoralismo e della rassegnazione e riprendono un fronte di iniziativa e di lotta nei gangli fondamentali del sistema. È necessaria una vera e propria rieducazione alla tenacia dell’impegno sociale per inventare un nuovo meccanismo economico-sociale, per affermare nuovi diritti dei cittadini e per lavorare a “un nuovo senso comune”. Come già altre volte nella storia, esemplari furono gli anni 20/30 negli Stati Uniti; la crisi economica profonda e strutturale del sistema potrebbe rivelarsi un terreno di grande fertilità proprio per prefigurare una nuova dinamica dell’economia e della società. La sostenibilità e la sobrietà  dello sviluppo, la coesione e cooperazione sociale, la creatività e la qualità sono principi che sempre più prendono forma in esperienze concrete. I distretti biologici, la cooperazione sociale, la tutela dei consumatori non sono frammenti di contropotere, aree franche di un’altra economia, ma inizio di una nuova organizzazione economica del territorio, una nuova struttura dello stato sociale, una nuova frontiera per difendere i diritti dei cittadini e l’inizio di un’altra cultura. Il mio non vuole essere un invito ad abbandonare la politica e rinchiudersi in territori liberati, sarebbe un’ingenuità e una fesseria. La mia convinzione è che oggi, se non vogliamo essere delle mosche cocchiere e degli agitatori del nulla, è proprio nei meccanismi reali, nelle “case matte” dell’economia, della cultura e della società che dobbiamo ripiantare l’albero della politica.

Infine il terzo consiglio, che solo per comodità di esposizione separo dal secondo: la battaglia delle idee, la cultura e la formazione come cuore della nuova frontiera. La nostra non è solo una crisi economica, quello che stiamo vivendo è un occidentale: la religione, la famiglia, il lavoro, il modo d’intendere la sessualità e gli affetti, lo spirito comunitario, il principio di autorità. Quella che stiamo vivendo non è semplicemente una congiuntura critica della politica e dell’ economia, è un vero e proprio passaggio d’ epoca. Per alcuni versi ricorda quella transizione che si ebbe in Francia nelle campagne dopo la rivoluzione del 1789 che ben descrive Faucault in “Io Pierre Riviere”, quando vi fu un collasso della civiltà rurale e il passaggio di civiltà nel “senso comune”, segnato dalla crisi di quei valori fondamentali sui quali ha poggiato per secoli la nostra civiltà, le cronache si riempirono di omicidi, parricidi, infanticidi e crimini d’ogni genere.

È del tutto evidente che una nuova visione del mondo non è dietro l’angolo, né tantomeno la si può immaginare separata dai meccanismi concreti che governano l’economia e la società; infatti un sistema dominato dalla competitività e dal mercato selvaggio, una società dominata dall’ individualismo e dall’egotismo  ben difficilmente può convivere con i sentimenti di libertà, di uguaglianza e di fratellanza. Pur tuttavia non è fuori luogo ricordare la straordinaria funzione che ebbero i conventi benedettini nel conservare e far vivere memoria, scritti, cultura e scienza antica. Tutti semi che furono fondamentali per le civiltà che seguirono. Tenere aperto il cantiere delle buone idee, far vivere laboratori di cultura, contrastare il conformismo e le tossine ideologiche dei nuovi barbari non solo è giusto in sé, ma è una premessa indispensabile per la politica.☺

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