Osso di femore guarito
L’antropologa americana Margaret Mead, in una conferenza universitaria qualche tempo fa, ha affermato che per lei il primo progetto simbolo del processo di civilizzazione è stato “un osso guarito di femore”. Ha spiegato subito il perché alla perplessità della platea. Se si fosse trattato di un animale ci avrebbe messo parecchio tempo a guarire e l’animale non sarebbe sopravvissuto a lungo senza la possibilità di cercarsi cibo e acqua, in quanto impossibilitato a cacciare, e sarebbe stato preda di altri animali feroci. Reperti di ossa guarite testimoniano in- vece che qualcuno si fosse preso cura di loro nel momento in cui non avrebbero potuto farlo da soli. Qualcuno li aveva sfamati e dissetati. Margaret continua dicendo che il primo segno della nostra civilizzazione non sono state le armi o gli utensili per la caccia bensì l’attitudine umana di sapersi prendere cura degli altri.
Il nuovo anno è iniziato e con noi abbiamo portato tanti buoni propositi ed insieme ad essi la speranza di realizzarli. Ma cosa c’è veramente “di inizio” allo scoccar della mezzanotte?
Mi ha sorpreso molto l’affermazione di Margaret Mead. L’ho letta nelle prime pagine di un libro che ho iniziato da poco: Una storia delle donne in cento oggetti di Annabelle Hirsch. Ascoltando un’intervista della scrittrice ho pensato subito che, da donna, non potevo non leggerlo. E l’inizio promette veramente bene. E chissà se quel qualcuno non fosse donna. Che anche le donne antenate erano capaci di cacciare e sfamare e non raccoglievano solo bacche e si prendevano cura dei figli. Non possiamo avere la certezza di ciò ma quello che evince è che qualcuno si sia preso cura di qualcun altro.
Guardandomi intorno la cura è vissuta in un cerchio molto ristretto. Io mi prendo cura della mia famiglia insieme a mio marito. Ci prendiamo cura di noi e delle nostre figlie e loro si prendono cura di noi. Mi prendo cura dei miei fratelli e loro di me. Dei nostri amici e viceversa e mi prendo cura, spero bene, dei miei ragazzi ma il cerchio è sempre troppo piccolo.
Il nuovo anno purtroppo non ha portato nuovi inizi. Ancora chi comanda nel mondo continua a non guardare alla cura della povera gente ma gioca a “Risiko” con strategie e rimbalzi di colpe e in tutto questo si muore. Muoiono soprattutto i bambini. Chi si prenderà cura di loro? Le donne continuano ad essere umiliate e uccise. Chi si prenderà cura dei loro figli rimasti soli? E della nostra terra ce ne prendiamo cura?
Non voglio immaginare o prospettare un nuovo inizio con la paura che sia troppo tardi. Voglio augurare invece non una buona fine ma una fine di tutto ciò. Se milioni di anni fa i nostri antenati si prendevano cura di qualcuno che non poteva cacciare o difendersi e gli davano l’opportunità di guarire, noi possiamo parlarci, guardarci e vedere nell’altro la stessa identica umanità, la stessa possibilità di cura. “Essere civili” perché è questo che ci rende donne e uomini capaci di amare e soprattutto di prenderci cura della nostra umanità e delle nostre ossa.☺