Questo ci meritiamo
15 Ottobre 2018
laFonteTV (3152 articles)
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Questo ci meritiamo

Da qualche tempo con una certa cupezza vedo e annoto qualsiasi argomento che riguardi l’arte per accostarlo ad altri periodi, ad altre scuole e momenti. Quasi sempre mi sento defraudata sempre più della bellezza di quello che abbiamo vissuto negli occhi e nel cuore per essere degni di vivere qui, ora, anche ora.

Sentiamo giornalmente, nella vita reale, piccoli buffoni di corte o di ciurma gridare offese e parole. I fascisti di turno riempiono strade, impallinano gente di colore, migranti: si dice fatalità non razzismo. Quindicenni sempre più fragili sperimentano la loro durezza nel vivere in prove estreme e spesso muoiono. Rinegoziamo la bellezza esteriore con la snellezza ovattata di un H&M o Desigual e la bellezza diventa una melassa sciropposa che lo stesso botulino non riesce a rivivificare.

Salvini urla ancora e gira per l’Italia evitando di andare al Viminale per elencare una, dico un’azione nei riguardi dei migranti. La situazione Ilva sta diventando una sceneggiata, il giovane fanciullo pentastellato inanella vacuità insieme a Conte e giriamo intorno ad un ponte Morandi della cui pericolosità, per usura, parlava decenni fa lo stesso costruttore, dicendo e contraddicendo il detto. Pericolosamente l’Italia si sta avviando in Europa verso un dichiarato fascismo ed un’innegabile disinvoltura nelle questioni economiche che, se non si correggerà il tiro, porterà ulteriori disastri.

Che fare in questo mondo diviso, se non “buttarsi” sui film? Che nessuno mi turbi. Ed invece ci è riuscito ieri sera Ricky Tognazzi nella prima puntata de La vita promessa una miniserie che ha venduto già il suo prodotto in varie parti del mondo. Dice il regista in conferenza stampa: “La vita promessa è un grande romanzo italiano che racconta la storia con la S maiuscola, attraverso storie di quotidianità. Questa storia racconta anche la vita promessa di chi oggi crede nell’Italia e nell’Europa e che non sempre viene accolto a braccia aperte. La storia si ripete, non si sfugge. La gente è così miope che non si accorge che sta cascando addosso un macigno già capitato ad altri un secolo prima. La storia si ripete, prima eravamo noi che fuggivamo, adesso sono altri che vengono da noi”.

Se queste erano le intenzioni non ci è riuscito. Parla di cafoni del sud, siciliani negli anni ‘20 dove proprio noi, brutti sporchi e cattivi, andavamo sognando la terra promessa. È la storia di una contadina, bella, madre di cinque figli stalkerizzata da un campiere, giovane attore espressivo come la carta velina. Non a caso Francesco Arca proviene proprio da una soap opera. E non ha dato alcun contributo all’intensità drammatica della storia perché immobilizzato in uno stile telenovellistico. La Sicilia viene rappresentata dall’ oleografia tutta colori tenui dallo shabbhy chic al marrone, e rimanda a luoghi da soap opera al feuilletton con questi cafoni dalla pelle liscia e ben curata e dai vestiti che non hanno nemmeno una grinza.

Il vellutato delle facce è la prima cosa che fa a pugni con il siciliano stretto a volte non comprensibile del film. Le immagini non hanno odore, manca ai film. Ma perché un san Girolamo di Caravaggio mi fa sentire la puzza della caverna, l’afro del sudore del corpo scavato e cadente e le immagini di ieri sera, i cafoni della famiglia Carrizzo, padre madre e cinque figli sono tutti così ben vestiti curati leccati? Anche le scene interne di case povere hanno trasandatezze curate, i balli contadini sono con i piedi affusolati e l’attrice ha il corpo ben stretto dopo cinque gravidanze in una linearità senza rughe che Ranieri forse non ha, ma dovrebbe avere se coltiva la terra e se la sua schiena si è chinata ogni giorno al lavoro dei campi e della casa (a che servono i truccatori?).

Rivoglio il neorealismo! Rivoglio il Visconti di Rocco e i suoi fratelli, 1961 storia di emigranti e di riscatto ma con altro spessore e altra regia e altra recitazione! O il cinema di Pasolini dove le rughe erano rughe e dove anche la Madonna è piena di rughe.

Qui, la temeraria contadina, dopo aver preannunciato la morte al marito che va dal don rodrighello per riscattarne l’onore e viene ucciso alle spalle, al “no, non andare no” (tutto questo urlato e stragridato con aggancio alla porta) viene chiamata dai carabinieri che le dicono: “Carmela deve venire con noi” e, scena eccelsa del Tognazzi regista in un luogo che dovrebbe essere la caserma, primissimo piano su mani di lui (il marito) insanguinate primissimo piano particolare su mani di lei che carezzano le mani di lui mani curatissime e levigate con unghie curate e ovviamente con smalto trasparente! No, basta!

Alla battuta inserita credo in sceneggiatura “te l’avevo detto che ti avrebbero ucciso” un sobbalzo come scrivere uova sotto un quadro con uova.

La derelitta con figlio minorato psichicamente per le mazzate ricevute dal campiere & company di cattivoni, scappa, sposando per procura un italiano emigrato, a Napoli dove finalmente una Lina Sastri, sagace e indaffarata affittacamere per poveri migranti, finalmente dico ci dà prova che un attore può anche riscattare la mediocrità di una sceneggiatura e di un film mediocre,viene colpita ancora dalla malasorte perché la figlia si ammala di malaria e viene condotta nella zona moribondi per cui la protagonista deve scegliere e partire con i figli o rimanere con la figlia.

Tutto è affettato e artificioso. Tutto appare esageratamente caricato e, soprattutto, si avverte la “leggerezza” con cui sono state ricostruite molte scene esterne, anche quelle americane.

Ricordo che anni fa in un documentario sui vecchi di Casacalenda, dove ognuno doveva parlare della propria vita e dell’amore vissuto in gioventù, sono stata criticata perché chiudevo il documentario con una donna che si allontanava su dorso di asino. Troppo oleografico mi dissero i casacalendesi. Ahimè, amici miei, guardate questa miniserie dove la coppola è l’unica prima donna, dove il paesaggio potrebbe essere l’ovunque, dove gli attori e le attrici sono ben stirati e asettici e poi ditemi ma davvero ci meritiamo anche questo?

Soprattutto in un prodotto Rai dove saranno stati spesi fior di quattrini (ricordiamo i nostri diciotto euro al mese per canone, per avere per tutta l’estate roba fritta e rifritta e boom e a settembre il film con il botto cioè la vita promessa ripeto venduto in altri paesi un feuilletton da periferia?). Con lo stereotipo dello stereotipo?

Dopo ho visto un monologo teatrale su Rai 5 dove la spassosa attrice napoletana diceva: “A noi ci hanno rovinato i film americani” sì, forse ci hanno rovinato quelli, e Visconti di La terra trema e Rocco e i suoi fratelli e de Sica e Rossellini e poi tanto mestiere del cinema italiano.

Avevamo bisogno di arrivare a questo☺

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