Riflessioni sul capitalismo
9 Gennaio 2022
laFonteTV (3152 articles)
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Riflessioni sul capitalismo

Non passa giorno che non abbia una ragione per gridare forte una stupita e rabbiosa incredulità nel constatare quanto ci stiamo allontanando dal dettato costituzionale, fondato, tra gli altri cardini, sul principio dell’eguaglianza e della solidarietà tra le classi sociali; su quello della salvaguardia del territorio, della pace e del ripudio delle armi (art. 11 della C.C.); sulla partecipazione responsabile alla vita del nostro Paese. La dolorosa pandemia del Covid 19 ha acuito la disagevole solitudine di chi soffre; ha ulteriormente radicato l’immiserimento di ampie fasce della popolazione; ha messo in risalto la sofferenza evidente, il disagio inquieto, il disorientamento di ordine morale e civile dei giovani (le baby gang e l’abbandono scolastico degli studi lo stanno a testimoniare), come pure ha messo in evidenza le condizioni disagevoli dell’universo femminile (sfruttamento e femminicidio).

Affrontare di petto le ragioni dell’attuale crisi non solo economica ma anche valoriale, civile ed etica, è davvero arduo, in quanto siamo sommersi pressoché unicamente – fatte rare eccezioni – dal chiacchiericcio televisivo e giornalistico, da vacui dibattiti su questioni che si riferiscono alla pandemia, alla obbligatorietà del green pass (che da cittadini coscienziosi e maturi abbiamo accettato), all’attenzione ossessiva dei media sui “no vax”, ma che nulla dicono sulla disaffezione diffusa nei confronti della politica, dell’attuale, modesto, ceto politico, di come si deve veramente intendere l’attività politica, considerata ormai, da tempo immemore, come mestiere, mercimonio (i cosiddetti “cambi di casacca” in Parlamento ne sono un esempio non invidiabile). E poi? Null’altro che ci faccia percepire segnali concreti sulle sofferenze sociali, sull’ abbandono di un’etica civile e sull’afasia culturale che sta enormemente allargandosi, prendendo piede, nel nostro Paese da alcuni decenni a questa parte.

Qualora in incontri ufficiali di natura politica o culturale – dibattiti o convegni che siano – si colga l’occasione di esprimere un concetto o un giudizio speculari al mantra ipoculturale al quale siamo sottoposti, perché bombardati dalle Tv pubbliche e private per il tramite di insulsi e superficiali talkshow, il meno che ti senti dire: “ma questo rema contro!”. Ascoltiamo con sofferenza tali sciocche ed insipide osservazioni, oppure assistiamo, percependolo con amarezza, al silenzio di interlocutori che abdicano ad un vero confronto. Esempi? Prendiamo come riferimento i dissidi sulle delocalizzazioni di aziende nazionali e multinazionali che hanno l’ obiettivo di trasferirsi in paesi anche europei dove il costo del lavoro è inferiore rispetto a quello che si pratica in Italia da decenni, peraltro soggetto alla contrattazione sindacale nel nostro Paese. Ci riferiamo, inoltre, anche alle comunicazioni di licenziamento fatte attraverso messaggi, impersonali e freddi, sui cellulari dei lavoratori. Le vicende della multinazionale americana Whirphol, azienda produttrice di elettrodomestici, e di quella fiorentina – Gkn – ne sono esempi chiari e inequivocabili. Allora ci chiediamo: in Italia ha ancora un senso ed un valore la nostra Carta Costituzionale? Tra gli altri articoli, quello 41 così recita: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

Certo non ignoriamo che stiamo trascorrendo una fase depressiva dell’ economia europea e mondiale, per la quale il lavoro dipendente assiste e deve sopportare dolorosamente il misero e volgare ricatto – “o questo o ti licenzio!” – del ceto imprenditoriale. Ma sappiamo anche che la Commissione Europea avvalora spudoratamente la filosofia del libero mercato e delle privatizzazioni dei servizi essenziali, quali la sanità, la scuola (l’università), la ricerca scientifica, i trasporti, pur in parte ancora controllati dalle amministrazioni pubbliche. Come pure, sempre la Commissione Europea (è chiaro che ci riferiamo al mercato) guarda anche alle comunicazioni, alla telefonia, alla rete distributiva del gas, del metano, dell’energia elettrica – gas e luce: oggi tutto ciò sotto i riflettori degli appetiti dei gruppi industriali che ne pretendono il controllo e la gestione al posto dello Stato. Teniamo presente, per esempio, il decreto “concorrenza”, “questo nuovo bastimento carico di privatizzazioni” – secondo l’amara considerazione di Marco Bersani, Attac Italia -, o le dichiarazioni fatte all’indomani dell’ approvazione del decreto “Concorrenza” dal nuovo sindaco di Napoli Manfredi “La zavorra dei vincoli e del debito ci impedisce qualunque movimento (..).È impossibile governare la città se non possiamo mettere risorse”. Allora, se le cose stanno così, non possiamo non gridare forte il nostro NO! a questo processo, oggi pressoché inarrestabile, di spogliazione dei beni comuni, a cui pocanzi abbiamo fatto riferimento.

Ma poi il decreto “Concorrenza” arriva alla provocazione impudente, quando sostiene che lo scopo è la promozione dello sviluppo della concorrenza, come rimozione degli ostacoli che si frappongono all’apertura dei mercati. E questo decreto avrebbe come obiettivo quello di rafforzare la giustizia, sociale nonché la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici; come pure – e qui emerge tutta la sfida ideologica di questo governo di unità nazionale – la tutela dell’ambiente ed il diritto alla salute del cittadino. Dunque, la privatizzazione dei servizi essenziali nella sanità, nella scuola – tra gli altri -, sarebbe una faccenda, un progetto a tutto vantaggio della collettività nazionale! Questa dichiarazione d’intenti è la più amara delle menzogne che ci vengono quotidianamente propinate.☺

 

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