rubare ai poveri   di Antonio Di Lalla
27 Aprile 2012 Share

rubare ai poveri di Antonio Di Lalla

 

Che c’è crisi lo sperimentiamo tutti fuorché i professionisti della politica e così, mentre assistiamo a frequenti suicidi di disoccupati e imprenditori che non riescono ad intravedere un futuro, i partiti continuano, con una spudoratezza senza pari, ad ingurgitare milioni di euro e a farli sparire almeno finché la magistratura non individua qualche cunicolo, come nel caso della defunta margherita o della lega nord. Da padroni a casa nostra sono diventati ladroni a casa nostra! Continuano a ripeterci che siamo sulla stessa barca, ma loro, per i quali “nulla è più necessario del superfluo” per dirla con Voltaire, sempre capaci di non farsi mancare alcun comfort abitando i piani alti, o ignorano come si vive nella stiva e che cosa significa raschiare il barile dopo aver toccato il fondo e allora vanno cacciati come incapaci, o sono così cinici e indifferenti da fregarsene, e dunque non possono rappresentarci perché non hanno a cuore il bene collettivo. Possibile che la cosiddetta sinistra parlamentare ed extraparlamentare non ha fatto mai una grinza, anzi rivendica e si accapiglia, di fronte al fiume di denaro pubblico che passa per le loro casse?

Come può un leader del centrosinistra sedersi al tavolo delle trattative per disegnare il futuro dell’Italia con quelli che hanno prostrato la nazione, ridotto il parlamento a una mangiatoia per divorare risorse, arricchire ulteriormente i già ricchi, favorire il loro capo con leggi ad personam, votare che Ruby era la nipote di Mubarak? Perché la sinistra non tocca temi scomodi come la riduzione significativa dei loro stipendi, l’eliminazione dei privilegi, il tetto massimo dei salari, un’economia di solidarietà? Non mi meraviglierei se in una manifestazione, magari quella del primo maggio a piazza S. Giovanni a Roma, prendesse la parola uno di loro e, novello Menenio Agrippa, arringasse la folla sulla necessità che i plebei continuino a lavorare per i patrizi perché insieme si è un solo corpo nella società!

Nel Molise le cose naturalmente non vanno meglio se non per faccendieri e speculatori sulle disgrazie degli altri: le imprese chiudono, i lavoratori sono alla fame, la ricostruzione delle zone terremotate poggia sulle bugie del commissario e dei suoi lacchè, la riprogettazione della sanità è nelle mani di chi ha provveduto a renderla un pozzo di debiti senza fondo. Nel mentre, i consiglieri regionali attendono trepidanti, in vista anche di possibili riposizionamenti, il verdetto dei giudici sulla validità o meno della tornata elettorale.

Al nostro periodico, perché le lotte tornino ad essere strutturali e globali in vista della trasformazione della società, interessa alimentare, o forse far rinascere, una sinistra sociale ed economica, più che politica e culturale, perché gli obiettivi restano la fine della povertà, la soppressione delle diseguaglianze tra esseri umani, strutture economiche tali da coniugare libertà e giustizia, la creazione di un mondo solidale, valori per i quali la destra economica non è sensibile e perciò li subordina all’efficienza del mercato. José Ignacio Gonzàles Faus, da cui traggo alcuni spunti, spietatamente dice che la sinistra non è semplicemente in crisi, piuttosto stiamo assistendo al suo naufragio (www.cristianismeijusticia.net). Una vera sinistra ha come principio di identificazione la sensibilità verso le vittime determinate dalle strutture economiche: la diseguaglianza non è immobile; se non si contrae, si espande. Non potrà mai esserci vera libertà in un mondo con enormi e crescenti differenze tra quanti hanno di più e quanti hanno di meno. Ogni essere umano ha diritto a un lavoro degno, con la consapevolezza che la competitività finisce per condurre alla guerra di tutti contro tutti. È immorale e crudele il sistema economico che abbiamo costruito, per quanto possa apparentemente risultare efficiente, perché l’economia è diventata più finanziaria che produttiva e abbiamo l’aggressione dei mercati sui cittadini, fino a distruggerli. La contraddizione più macroscopica è che si predica l’austerità ma si dice che bisogna consumare di più per uscire dalla crisi.

L’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato, quasi 40 anni fa, la seguente dichiarazione che trova la sinistra tuttora distratta: “proclamiamo solennemente la nostra determinazione comune a lavorare con urgenza per stabilire un nuovo ordine internazionale basato sull’equità, l’uguaglianza, la sovranità, l’interesse comune e la cooperazione di tutti gli Stati…, che permetta di correggere le disuguaglianze e di riparare le ingiustizie attuali, di eliminare le disparità tra i Paesi e di garantire alle generazioni presenti e future uno sviluppo economico e sociale che proceda in maniera accelerata nella pace e nella giustizia”. Ciò che indigna di questa dichiarazione non è, naturalmente, il suo contenuto, ma il fatto che, approvata con 120 voti a favore e solo 6 contro (più 10 astensioni), non sia servita assolutamente a niente, perché tutto il mondo ricco si è opposto a questa risoluzione e, pur essendo decisamente una minoranza, è riuscito ad impedire che venisse concretizzata. Ed è lo stesso mondo ricco che non esita ad appellarsi all’autorità dell’Onu quando mira a invadere un Paese per interessi economici, parlando in questo caso di “coalizione internazionale”.

Chi a sinistra osa alzare la voce per rivendicare una civiltà della sobrietà condivisa ed una democrazia economica? Purtroppo neppure nella chiesa istituzionale. Sogno il giorno in cui il papa affacciandosi alla finestra urlerà alla gente convenuta a S. Pietro: abbiamo in casa quanto è stato rubato al povero. È il caso di restituirlo se vogliamo ancora essere seguaci di Cristo.☺

 

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