Scambio di opinioni
Caro Antonio,
ti scrivo con piacere poiché apprezzo e condivido il tuo impegno per sensibilizzare le istituzioni e le persone nella ricerca di un modus vivendi e operandi ispirati dalla responsabilità per non far scivolare gli abitanti nel baratro dell’indifferenza e nel terreno franoso dell’accontentarsi. La nota che ti invio non è un programma in dettaglio ma lo schema di base di una programmazione sulla quale disegnare la vita della regione e porre, in prima battuta, un argine al suo spopolamento. Percepisco il senso della resa e, peggio ancora, un’ acquiescenza propria del “finché la barca va”.
Premetto un vecchio racconto che, come un apologo, dà un quadro di questa situazione. Un signore che viveva in città fu invitato da un contadino che abitava in un piccolo paese. Fu accolto con gioia e, come prima cosa, gli venne fatta visitare l’ abitazione. Al primo piano c’era la cucina e nel secondo piano le camere da letto. Al piano terra c’era la stalla destinata all’asino, alle galline, al maiale. All’ospite cittadino venne spontaneo chiedere: “Come fate a convivere con questa situazione?” Il contadino non aveva compreso bene la ragione della perplessità dell’ospite e rispose, riferendosi agli ospiti della stalla: “Nessun problema, si sono abituati”.
La situazione nel Molise è più o meno la stessa. Ci si è abituati allo spopolamento, non si dà peso alla fuga dei giovani, si osserva l’abbandono e non succede nulla per invertire la rotta. Il compito spetta alle istituzioni ma se non c’è la consapevolezza della gente, gli enti pubblici (il vertice della regione, in particolare) si trascinano in un comodo tran tran e potrebbero essere chiamate destituzioni.
Ho fatto di recente un’analisi a campione in occasione della realizzazione di un opuscolo realizzato da mia figlia Lucia (antropologa e esperta nell’editing) dedicato a disegnare un tracciato informativo per il turismo escursionistico e ambientale nel Molise. Le diecimila copie distribuite nel recente Salone del Camper a Parma sono andate a ruba, segno che l’interesse si può interpretare, per dirlo in termini gestionali, come prodromo della domanda, come orientamento per scoprire una terra della quale poco si sa e spesso in modo improprio.
Lo spopolamento e il declassamento delle fasce anagrafiche e della consequenziale consistenza numerica della popolazione non si bloccano con il burocratese degli enti pubblici o con pantomime di governance che escono, sbandierate, dalla cosiddetta politica. Ho detto politica ma l’andazzo non ha nulla a che fare, anzi la calpesta, con la polis. I problemi si risolvono con la consapevolezza della loro configurazione e con la capacità di una programmazione che non è solo enunciazione di progetti, e più spesso di semplici e fantasiosi propositi, ma richiedono analisi, studi, approfondimenti, verifiche. In sintesi con il linguaggio che fa del progetto non solo un binario ma un treno che ha una destinazione. Su questa base si analizza il problema e si studiano le soluzioni che non sono teoriche formulazioni ma concrete misure dei risultati.
Come ho premesso non intendo formulare un progetto ma solo indicare l’ossatura sulla quale renderlo concreto. In modo sintetico ecco alcuni dei passaggi che ritengo fondamentali:
- A) Svolgere un’azione che, proprio come una messa in moto, parta dai giovani per arrivare agli adulti. Quale azione? Quella della consapevolezza del significato dell’appartenenza alla comunità.
- B) Tracciare un quadro di interventi correttivi con l’obiettivo di scomporre il quadro socio-economico in tanti segmenti e valutare come, uno per uno, possono contribuire a disegnare una costruzione unitaria.
- C) Gli asset, in modo esemplificativo, sono: l’agricoltura, il turismo, la tipicità, il significato del borgo, i percorsi, la creazione di aree omogenee, la gestione in ogni comparto con metodiche proprie dell’economia. Mi fermo all’essenziale.
Dovrei parlare della configurazione della gestione da parte delle istituzioni, prima tra tutte quella dell’ente regione. Un terreno minato o, meglio ancora, bacato dalle intossicazioni dei partiti politici che sono solo sigle o biglietti di accesso per occupare i posti in prima fila. Che cosa c’entrano i partiti, in una realtà come quella di una piccola regione? Sono solo una scala per salire sugli scranni del Consiglio o nei comodi protettorati di questo e quell’ente. Il discorso sarebbe lungo e, per certi versi, penoso. Il vero scenario è quello della costruzione di una immagine disegnata da linee progettuali, interpretata da persone capaci e consapevoli, con il sostegno e la partecipazione della base, cioè da una popolazione che deve avere l’orgoglio del riscatto se non vuole cadere in una ibernazione inevitabile o se non si vuol accontentare di farsi cullare da persone che hanno incarichi ben retribuiti ma non sentono il carico della responsabilità dei problemi.
Caro Antonio,
non voglio farla lunga ma solo avere uno scambio di opinioni con chi come te, per fortuna, le possiede.
Una caro saluto.☺