scrutiamo l'orizzonte di Antonio Di Lalla | La Fonte TV
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Ne ho fatto esperienza, in questa bizzarra estate, ritrovandomi su un barcone con una striminzita tettoia, in mare aperto mentre la tempesta montava, schiaffeggiato dalle onde che con violenza si infrangevano contro il legno e inzuppato all’inve- rosimile per un interminabile tempo, animato da un’unica speranza: arrivare in porto. Ne fanno esperienza, ben conoscendo i rischi, migliaia di immigrati ricacciati in mare dalle loro amate terre a causa della nostra insaziabile brama di possesso e distruzione. Per molti, troppi, dati certi parlano di 17 mila nell’ultimo decennio, quell’acqua da solcare è diventata la loro tomba. Per noi cresciuti nel totale cinismo, alimentato ad arte da chi diffonde paure, semplicemente un problema in meno. Quelli che riescono a mettere i piedi a terra non trovano rassicuranti taverne ma una infinita corsa ad ostacoli, spesso imprevedibili. Una dura lotta per la sopravvivenza che si scontra se non con l’ostilità purtroppo con una dannata indifferenza.
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Forse nessuno l’ha detto a quei militari mandati a morire e a uccidere, per che altro, fuori retorica, si addestrano i soldati? La guerra, per non urtare moderne sensibilità e tacitare le coscienze, l’abbiamo chiamata “missione di pace” e c’è chi ci crede per non porsi domande scomode. Finché c’è un nemico da sconfiggere ci saranno sempre battaglie da affrontare e croci da piantare in terra. Li chiamiamo eroi per non far crollare il morale delle truppe, ma qualcuno vuole avere la bontà di spiegarmi in che cosa consiste il loro eroismo? Morti sul lavoro in cantieri non voluti che da governi ricattati da petrolieri e fabbricanti di armi, capitanati da individui che da bambini non furono mai soddisfatti di giocare con i soldatini di piombo e da adolescenti sui banchi di scuola non si saziarono di battaglie navali. Un grande rispetto per i morti, per tutti i morti, ma gli eroi sono quelli che si immolano per erigere, non per demolire. Nel Mediterraneo le fregate militari cercano nemici da sottomettere perciò lasciano che i barconi zeppi di profughi vadano alla deriva, tanto loro sono già stati vinti; addirittura oggi si scopre che gli Stati Uniti chiesero con fermezza nel 2008 al nostro governo di smettere di finanziare in Afghanistan i ribelli perché non aggredissero le nostre truppe. Una vera missione di pace! La Perugia-Assisi del prossimo 25 settembre, voluta da Aldo Capitini, serve a ricordarci che la pace non può mai essere armata.
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Certamente lo ignorano i nostri politicanti alle prese con le elezioni regionali di metà ottobre. Il centro sinistra a maggio ha perso infine anche la provincia di Campobasso, dopo essere stati allontanati da pressoché tutti i centri più grandi. Se i dirigenti dei partiti si fossero posta la più elementare delle domande: “perché?”, oggi sarebbero tutti a casa. Ci sono stati i referendum, non voluti dai partiti, e le persone sono corse a votare. Se anziché attribuirsi il merito e la vittoria, a urne scrutinate, si fossero chiesti perché alle elezioni c’è un forte astensionismo, avrebbero fatto le valige seduta stante. E invece sono ancora tutti incollati ai loro posti di comando. Con movimenti e associazioni si sono volute fare “prove tecniche di democrazia” tra giugno e luglio, invitando i partiti a un tavolo di confronto. Il risultato è stato pessimo; si è dovuto prendere atto che non avevano motivo di confrontarsi né tra loro né, soprattutto, con chi ai loro occhi è “nessuno”. Poveri polifemi, Ulisse non ha bisogno di studiare alcun stratagemma, sono già accecati dalla loro stessa saccenteria. Anziché individuare un candidato credibile che coagulasse tutte le forze e riappassionasse alla politica, hanno finto democrazia e hanno indetto le primarie inserendo un candidato dichiaratamente di destra che avrà buon gioco se i restanti quattro non diverranno uno solo. Ma chi convincerà tre di loro a fare un passo indietro perché non ci sia frammentazione di voto? Partecipare alle primarie è, in fondo, garanzia di candidatura per le elezioni regionali! Come vorrei che per una volta Cassandra venisse smentita dai fatti, ma vi sono tutte le premesse, se non accadrà questo, perché il Molise venga consegnato nelle mani di Iorio per il terzo mandato consecutivo. Il denaro amministrato e in gran parte dilapidato, – la ricostruzione delle zone terremotate è ferma, le imprese licenziano, il buco della sanità è sempre più voragine senza per questo veder migliorati i servizi – e quello strombazzato che non ci sarà, se non in briciole irrisorie, farà buon gioco alla prossima tornata elettorale, perché una persona disperata è pronta ad aggrapparsi anche a maghi e fattucchieri, se non gli si prospetta la benché minima chance di venir fuori dal suo dramma.
Vorremmo intravedere un uomo velleitario, abitato dall’utopia, non da calcoli e opportunismi, che, novello Noè, tra il facile sarcasmo dei vicinanti, costruisse un’arca. Incapaci di rassegnarci, siamo pronti a salpare, lavorare e sostenerlo affrontando paure, difficoltà e derisione, purché non svanisca il sogno di un altro mondo possibile e realizzabile, ben consapevoli che “pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Continuiamo perciò fiduciosi a scrutare l’orizzonte.☺
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Ne ho fatto esperienza, in questa bizzarra estate, ritrovandomi su un barcone con una striminzita tettoia, in mare aperto mentre la tempesta montava, schiaffeggiato dalle onde che con violenza si infrangevano contro il legno e inzuppato all’inve- rosimile per un interminabile tempo, animato da un’unica speranza: arrivare in porto. Ne fanno esperienza, ben conoscendo i rischi, migliaia di immigrati ricacciati in mare dalle loro amate terre a causa della nostra insaziabile brama di possesso e distruzione. Per molti, troppi, dati certi parlano di 17 mila nell’ultimo decennio, quell’acqua da solcare è diventata la loro tomba. Per noi cresciuti nel totale cinismo, alimentato ad arte da chi diffonde paure, semplicemente un problema in meno. Quelli che riescono a mettere i piedi a terra non trovano rassicuranti taverne ma una infinita corsa ad ostacoli, spesso imprevedibili. Una dura lotta per la sopravvivenza che si scontra se non con l’ostilità purtroppo con una dannata indifferenza.
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Forse nessuno l’ha detto a quei militari mandati a morire e a uccidere, per che altro, fuori retorica, si addestrano i soldati? La guerra, per non urtare moderne sensibilità e tacitare le coscienze, l’abbiamo chiamata “missione di pace” e c’è chi ci crede per non porsi domande scomode. Finché c’è un nemico da sconfiggere ci saranno sempre battaglie da affrontare e croci da piantare in terra. Li chiamiamo eroi per non far crollare il morale delle truppe, ma qualcuno vuole avere la bontà di spiegarmi in che cosa consiste il loro eroismo? Morti sul lavoro in cantieri non voluti che da governi ricattati da petrolieri e fabbricanti di armi, capitanati da individui che da bambini non furono mai soddisfatti di giocare con i soldatini di piombo e da adolescenti sui banchi di scuola non si saziarono di battaglie navali. Un grande rispetto per i morti, per tutti i morti, ma gli eroi sono quelli che si immolano per erigere, non per demolire. Nel Mediterraneo le fregate militari cercano nemici da sottomettere perciò lasciano che i barconi zeppi di profughi vadano alla deriva, tanto loro sono già stati vinti; addirittura oggi si scopre che gli Stati Uniti chiesero con fermezza nel 2008 al nostro governo di smettere di finanziare in Afghanistan i ribelli perché non aggredissero le nostre truppe. Una vera missione di pace! La Perugia-Assisi del prossimo 25 settembre, voluta da Aldo Capitini, serve a ricordarci che la pace non può mai essere armata.
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Certamente lo ignorano i nostri politicanti alle prese con le elezioni regionali di metà ottobre. Il centro sinistra a maggio ha perso infine anche la provincia di Campobasso, dopo essere stati allontanati da pressoché tutti i centri più grandi. Se i dirigenti dei partiti si fossero posta la più elementare delle domande: “perché?”, oggi sarebbero tutti a casa. Ci sono stati i referendum, non voluti dai partiti, e le persone sono corse a votare. Se anziché attribuirsi il merito e la vittoria, a urne scrutinate, si fossero chiesti perché alle elezioni c’è un forte astensionismo, avrebbero fatto le valige seduta stante. E invece sono ancora tutti incollati ai loro posti di comando. Con movimenti e associazioni si sono volute fare “prove tecniche di democrazia” tra giugno e luglio, invitando i partiti a un tavolo di confronto. Il risultato è stato pessimo; si è dovuto prendere atto che non avevano motivo di confrontarsi né tra loro né, soprattutto, con chi ai loro occhi è “nessuno”. Poveri polifemi, Ulisse non ha bisogno di studiare alcun stratagemma, sono già accecati dalla loro stessa saccenteria. Anziché individuare un candidato credibile che coagulasse tutte le forze e riappassionasse alla politica, hanno finto democrazia e hanno indetto le primarie inserendo un candidato dichiaratamente di destra che avrà buon gioco se i restanti quattro non diverranno uno solo. Ma chi convincerà tre di loro a fare un passo indietro perché non ci sia frammentazione di voto? Partecipare alle primarie è, in fondo, garanzia di candidatura per le elezioni regionali! Come vorrei che per una volta Cassandra venisse smentita dai fatti, ma vi sono tutte le premesse, se non accadrà questo, perché il Molise venga consegnato nelle mani di Iorio per il terzo mandato consecutivo. Il denaro amministrato e in gran parte dilapidato, – la ricostruzione delle zone terremotate è ferma, le imprese licenziano, il buco della sanità è sempre più voragine senza per questo veder migliorati i servizi – e quello strombazzato che non ci sarà, se non in briciole irrisorie, farà buon gioco alla prossima tornata elettorale, perché una persona disperata è pronta ad aggrapparsi anche a maghi e fattucchieri, se non gli si prospetta la benché minima chance di venir fuori dal suo dramma.
Vorremmo intravedere un uomo velleitario, abitato dall’utopia, non da calcoli e opportunismi, che, novello Noè, tra il facile sarcasmo dei vicinanti, costruisse un’arca. Incapaci di rassegnarci, siamo pronti a salpare, lavorare e sostenerlo affrontando paure, difficoltà e derisione, purché non svanisca il sogno di un altro mondo possibile e realizzabile, ben consapevoli che “pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Continuiamo perciò fiduciosi a scrutare l’orizzonte.☺
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Ne ho fatto esperienza, in questa bizzarra estate, ritrovandomi su un barcone con una striminzita tettoia, in mare aperto mentre la tempesta montava, schiaffeggiato dalle onde che con violenza si infrangevano contro il legno e inzuppato all’inve- rosimile per un interminabile tempo, animato da un’unica speranza: arrivare in porto. Ne fanno esperienza, ben conoscendo i rischi, migliaia di immigrati ricacciati in mare dalle loro amate terre a causa della nostra insaziabile brama di possesso e distruzione. Per molti, troppi, dati certi parlano di 17 mila nell’ultimo decennio, quell’acqua da solcare è diventata la loro tomba. Per noi cresciuti nel totale cinismo, alimentato ad arte da chi diffonde paure, semplicemente un problema in meno. Quelli che riescono a mettere i piedi a terra non trovano rassicuranti taverne ma una infinita corsa ad ostacoli, spesso imprevedibili. Una dura lotta per la sopravvivenza che si scontra se non con l’ostilità purtroppo con una dannata indifferenza.
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Forse nessuno l’ha detto a quei militari mandati a morire e a uccidere, per che altro, fuori retorica, si addestrano i soldati? La guerra, per non urtare moderne sensibilità e tacitare le coscienze, l’abbiamo chiamata “missione di pace” e c’è chi ci crede per non porsi domande scomode. Finché c’è un nemico da sconfiggere ci saranno sempre battaglie da affrontare e croci da piantare in terra. Li chiamiamo eroi per non far crollare il morale delle truppe, ma qualcuno vuole avere la bontà di spiegarmi in che cosa consiste il loro eroismo? Morti sul lavoro in cantieri non voluti che da governi ricattati da petrolieri e fabbricanti di armi, capitanati da individui che da bambini non furono mai soddisfatti di giocare con i soldatini di piombo e da adolescenti sui banchi di scuola non si saziarono di battaglie navali. Un grande rispetto per i morti, per tutti i morti, ma gli eroi sono quelli che si immolano per erigere, non per demolire. Nel Mediterraneo le fregate militari cercano nemici da sottomettere perciò lasciano che i barconi zeppi di profughi vadano alla deriva, tanto loro sono già stati vinti; addirittura oggi si scopre che gli Stati Uniti chiesero con fermezza nel 2008 al nostro governo di smettere di finanziare in Afghanistan i ribelli perché non aggredissero le nostre truppe. Una vera missione di pace! La Perugia-Assisi del prossimo 25 settembre, voluta da Aldo Capitini, serve a ricordarci che la pace non può mai essere armata.
“Pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Certamente lo ignorano i nostri politicanti alle prese con le elezioni regionali di metà ottobre. Il centro sinistra a maggio ha perso infine anche la provincia di Campobasso, dopo essere stati allontanati da pressoché tutti i centri più grandi. Se i dirigenti dei partiti si fossero posta la più elementare delle domande: “perché?”, oggi sarebbero tutti a casa. Ci sono stati i referendum, non voluti dai partiti, e le persone sono corse a votare. Se anziché attribuirsi il merito e la vittoria, a urne scrutinate, si fossero chiesti perché alle elezioni c’è un forte astensionismo, avrebbero fatto le valige seduta stante. E invece sono ancora tutti incollati ai loro posti di comando. Con movimenti e associazioni si sono volute fare “prove tecniche di democrazia” tra giugno e luglio, invitando i partiti a un tavolo di confronto. Il risultato è stato pessimo; si è dovuto prendere atto che non avevano motivo di confrontarsi né tra loro né, soprattutto, con chi ai loro occhi è “nessuno”. Poveri polifemi, Ulisse non ha bisogno di studiare alcun stratagemma, sono già accecati dalla loro stessa saccenteria. Anziché individuare un candidato credibile che coagulasse tutte le forze e riappassionasse alla politica, hanno finto democrazia e hanno indetto le primarie inserendo un candidato dichiaratamente di destra che avrà buon gioco se i restanti quattro non diverranno uno solo. Ma chi convincerà tre di loro a fare un passo indietro perché non ci sia frammentazione di voto? Partecipare alle primarie è, in fondo, garanzia di candidatura per le elezioni regionali! Come vorrei che per una volta Cassandra venisse smentita dai fatti, ma vi sono tutte le premesse, se non accadrà questo, perché il Molise venga consegnato nelle mani di Iorio per il terzo mandato consecutivo. Il denaro amministrato e in gran parte dilapidato, – la ricostruzione delle zone terremotate è ferma, le imprese licenziano, il buco della sanità è sempre più voragine senza per questo veder migliorati i servizi – e quello strombazzato che non ci sarà, se non in briciole irrisorie, farà buon gioco alla prossima tornata elettorale, perché una persona disperata è pronta ad aggrapparsi anche a maghi e fattucchieri, se non gli si prospetta la benché minima chance di venir fuori dal suo dramma.
Vorremmo intravedere un uomo velleitario, abitato dall’utopia, non da calcoli e opportunismi, che, novello Noè, tra il facile sarcasmo dei vicinanti, costruisse un’arca. Incapaci di rassegnarci, siamo pronti a salpare, lavorare e sostenerlo affrontando paure, difficoltà e derisione, purché non svanisca il sogno di un altro mondo possibile e realizzabile, ben consapevoli che “pe ‘mmare nun ce stanno taverne”. Continuiamo perciò fiduciosi a scrutare l’orizzonte.☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.