Scuola: tornare all’essenziale
Pinuccio non fa i compiti. Mirko gioca col cellulare. Davide rompe le penne. Romoletto scrive “Vado ha casa”. Siamo di fronte a vecchi Pinocchi o nuovi somari? Cosa succede nella testa di molti adolescenti di oggi? Per rispondere a queste domande non basta analizzare le statistiche dell’abbandono scolastico o interpretare i risultati delle prove di verifica. Bisogna indagare sulle emergenze sociali e culturali del nostro mondo, legate alla rivoluzione digitale, alla crisi della famiglia, alla frantumazione informativa, alla decadenza di princìpi morali un tempo ritenuti inaffondabili.
Eraldo Affinati, insegnante, scrittore, da sempre impegnato nel recupero dei ragazzi difficili, in Elogio del ripetente (Mondadori, 2013), uno di quei testi che non invecchiano mai e che, anzi, sarebbero da rileggere periodicamente per schiarirsi le idee, racconta con tenerezza non priva di ironia lo splendore e la fragilità dei quindicenni con cui divide l’esistenza quotidiana.
Riflette sulla sua esperienza di insegnante scegliendo il punto di vista del ripetente, cioè colui che fallisce, che ci rimprovera silenziosamente di non saper affrontare, spesso, l’emergenza dell’abbandono scolastico, ma proprio per questo può aiutarci a capire cosa non ha funzionato e perché.
La valutazione, la nota, i genitori, la questione del voto: questi e altri nodi sono affrontati nella consapevolezza che la sfida educativa contemporanea è un impegno decisivo per uscire da una crisi etica che riguarda tutti.
Pagine che si chiudono con l’immagine di una scuola diversa: la Penny Wirton, che opera a Roma, dove si insegna la lingua italiana ai ragazzi immigrati e dove proprio i “ripetenti” hanno la possibilità di vedersi con occhi nuovi aiutando i coetanei che arrivano da tutto il mondo. E qui si spalanca la porta su un’altra emergenza e- ducativa sulla quale, in Italia, siamo ancora disastrosamente impreparati: l’integrazione scolastica degli immigrati.
La Penny Wirton è una scuola di lingua italiana per stranieri e, di fronte al lungo cammino ancora da fare nel nostro bel paese, è una luce nel buio, il seme di una cultura e di una mentalità educativa aperte sul mondo, che ci fa ben sperare, e dalla quale possiamo attingere non solo metodologie centrate sull’ accoglienza della diversità culturale, ma ideali sui quali impostare il lavoro quotidiano con tutti gli alunni.
I corsi, diretti, appunto, da Eraldo Affinati e da Anna Luce Lenzi, sono attivati grazie al contributo di uomini e donne disposti a insegnare in modo gratuito.
La scuola è operativa da settembre a maggio ed è aperta a tutti: a giovani e adulti, uomini e donne di ogni provenienza e di ogni età. Non richiede iscrizione formale. Accoglie studenti lungo tutta la sua durata, in qualsiasi momento dell’anno scolastico. Lavora per piccoli gruppi, grazie alla presenza di numerosi insegnanti volontari: la sua proposta formativa è organizzata senza classi definite rigidamente, e resta sempre fondata sul contatto diretto, “a tu per tu”, tra insegnanti e studenti. In questo modo può dedicarsi con più elasticità alle diverse necessità di cui gli studenti sono portatori.
Nel portale di questa meravigliosa esperienza, si legge: “Alla scuola Penny Wirton si impara:
– a parlare e scrivere in lingua italiana per capire e farsi capire sempre più;
– a prendere confidenza e fare amicizia tra noi tutti;
– a conoscere i diritti e i doveri di chi vive in Italia;
– a capire un po’ meglio la cultura italiana e a raccontare la propria”.
Mi chiedo, forse con infantile ingenuità: non sarebbe il caso di tatuarci sulla pancia queste quattro “competenze” per farne alcune delle piste principali, semplici, pulite, del nostro lavoro? E se, nella selva dei progetti integrativi, tornassimo all’essenziale?☺