sotto le vesti
2 Luglio 2012 Share

sotto le vesti

 

Forse non tutti sanno da dove nasce l’idea propria della teologia cattolica riguardo all’esistenza del purgatorio e alla pratica della preghiera per i morti con la deriva di una pratica malsana delle indulgenze che ha dato origine, tra le altre cose, alla rivolta di Lutero contro il papa. Il testo principale all’origine di questo è in un libro deuterocanonico, considerato quindi apocrifo dal mondo della Riforma: il secondo libro dei Maccabei. In esso si racconta, a un certo punto (12,38-45), che dopo una battaglia conto i greci, Giuda Maccabeo manda i suoi uomini a raccogliere i cadaveri dei propri soldati. La grande sorpresa è quella di trovare nascoste tra le vesti dei morti, le statuette di alcuni idoli pagani e ciò spiega, agli occhi di Giuda, perché quei soldati sono morti: non hanno adorato il Dio dei loro padri, ma si sono affidati agli idoli e quindi sono stati puniti. Giuda tuttavia non si arrende a questa constatazione perché gli stanno a cuore tutti i figli di Israele, per cui chiede che si offrano sacrifici per il perdono dei peccati di quei defunti, avendo fede nella resurrezione dei morti.

Al di là della teologia, penso che questo racconto si presti a un supplemento di interpretazione per leggere le nostre vicende attuali, soprattutto quelle delle alte sfere ecclesiastiche che tanto fanno parlare la stampa e soprattutto molti credenti, che rimangono allibiti di fonte alle lotte di potere, un potere che è solo la sbiadita immagine di quello che la chiesa deteneva nella prima metà del II millennio, ma che tuttavia ancora sembra allettante per gli sbiaditi epigoni dei cesaropapisti (per farsi due amare risate, a questo proposito, consiglio di leggere un recente articolo di Michele Serra su l’Espresso). I cadaveri che nascondono sotto le vesti i simulacri degli idoli, costituiscono un’ottima metafora di questi novelli morti nello spirito che sembrano impegnati nell’annuncio del vangelo, come Giuda e il suo esercito era impegnato nella battaglia contro i pagani, ma in realtà nascondono altri interessi e vivono per altri culti e non certo per testimoniare Colui che disse: “tra voi non è così, ma chi vuol essere il primo si faccia l’ultimo e il servo di tutti, come il Figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito ma per servire” (Mc 10,43-45).

Lo scandalo non sta nel fatto che vengano trafugate delle carte segrete dallo studio del papa, ma che queste carte riguardino delle lotte per un potere che, se guardato sullo sfondo degli enormi problemi che il mondo sta attraversando, sembra la lotta tra i capponi che Renzo portava ad Azzeccagarbugli. Possibile che le tragedie delle guerre e delle catastrofi i cui racconti arrivano anche in Vaticano, grazie alla ramificazione dei nunzi apostolici, non faccia riflettere i porporati sulla serietà della vita, e questi continuino a dividersi in fazioni e cordate per accaparrarsi il privilegio di sfilare in auree fogge  per la basilica vaticana, facendo da menagrami  al pontefice regnante? O non c’è altra occupazione per i “grandi” della stampa cattolica che contendersi la benevolenza del prelato di turno, come dei buffoni di corte, mentre il loro ruolo di giornalisti dovrebbe farli piuttosto alleare nell’indignazione verso una gerarchia avvitata su se stessa anziché chinata sulle piaghe dell’umanità sofferente?

L’immagine dei caduti in guerra del libro dei Maccabei, morti con l’animo rivolto agli idoli, mi fa venire in mente una frase di quel Concilio che per un misterioso disegno di Dio ha avuto luogo tra quelle mura profanate da atavici e reiterati giochi di potere: “Cristo rivela l’uomo all’uomo”, frase che io mi permetto di parafrasare: la gerarchia rivela la chiesa a se stessa, una chiesa che ha rifiutato di tornare alle origini, come sognava il Concilio, ed ha invece continuato ad essere ancora più di prima la meretrice che siede sui sette colli: mentre un tempo si poteva vivere non conoscendo le miserie del mondo, oggi grazie alla globalizzazione, queste miserie si conoscono e non consentono di continuare a far finta di nulla, pena l’abbandono di questa chiesa da parte della stragrande maggioranza di chi desidera credere nel Dio di Gesù Cristo, come di fatto sta già avvenendo, nonostante tutti i tentativi di prolungare l’agonia con inutili e costose kermesse.

 Il racconto dei Maccabei è incentrato sulla preghiera per quei morti e questo ci spinge a voler pregare come fece Gesù per i suoi carnefici, scusati perché non sapevano ciò che facevano. In fondo voglio credere che se c’è gente che, anziché farsi sconvolgere dal vangelo e dal dolore del mondo, continua a litigare per un potere effimero che si ammanta di religione, è perché non ha mai incontrato veramente quel Gesù che ha detto: “a che giova guadagnare il mondo intero se si perde poi la propria anima?”. È per questo che, forse, è meglio continuare a pregare e sperare che prima o poi quel Vento, che spirò cinquant’anni fa sul colle vaticano, torni ancora con forza a soffiare.☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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