Un facciolla bis
14 Maggio 2021
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Un facciolla bis

Dopo un “esilio” dorato di sette anni in quel di Parigi, il 14 marzo scorso viene eletto nuovo segretario del Partito Democratico con 862 si e 2 no dall’Assemblea Nazionale del partito, Enrico Letta. Viene incoronato da quegli stessi uomini e donne che sette anni prima lo dimissionarono. L’ex segretario, Nicola Zingaretti, pochi giorni prima, per giustificare le sue dimissioni, il suo fallimento politico, scrive che il Pd: “è un partito che parla solo di poltrone”.

Nei giorni precedenti l’assemblea accade qualcosa di strano: che al fallimento di una linea politica, non seguisse l’avvio di una discussione per ridefinirne un’altra. Si è assistito a una sorta di cristallizzazione degli equilibri interni. I capicorrente di maggioranza e minoranza fermi, immobili nelle loro posizioni a ungere di lodi il “nuovo” che arriva. Questo almeno sino alla notte in cui al Nazareno verranno vergate le liste elettorali delle prossime elezioni.

Intendiamoci, che ci sia una narrazione positiva intorno all’elezione di Enrico Letta da parte di commentatori televisivi vicini al PD e dei militanti è fisiologico. Ciò che non si riesce a comprendere, e a giustificare, è come un partito, in una fase storica dove il mondo in un anno si è capovolto, nei bisogni, nelle priorità e nelle prospettive, decida consapevolmente, e a tavolino, di evitare di mettersi realmente in discussione. Non confrontarsi con la comunità, con le esigenze, e non offrire risposte adeguate bensì perseguire il salvataggio e i destini personali dei capicorrente e dei loro sodali. In questa ottica, Enrico Letta più che il segretario del rilancio del Pd, è il segretario dell’élite piddina che guiderà il partito sino alle prossime elezioni senza cambiare nulla. Una scelta di comodo e di convenienza: perché tutti si sono affrettati a stoppare sul nascere l’ipotesi di un congresso post emergenza? Perché il concorrente dato per favorito, Stefano Bonaccini, rispetto a tutti gli altri, era uno che avrebbe potuto rompere quegli equilibri. Si è preferito convergere sugli interessi di pochi piuttosto che sulle necessità di molti: la contesa sull’elezione della nuova capogruppo alla Camera ne é la dimostrazione. Dinanzi alla domanda diffusa di un nuovo paradigma sociale ed economico nazionale, europeo e mondiale, il PD ha preferito mantenere i rapporti di forza delle sue correnti, anziché avviare una discussione a viso aperto di fronte al Paese.

E in Molise cosa succede? Nella nostra regione i dem praticamente non esistono o meglio sono assolutamente schiacciati sui rappresentanti istituzionali, gli eletti in consiglio regionale: Micaela Fanelli e Vittorino Facciolla, che tra l’altro è anche il segretario regionale; dettano e interpretano la linea da seguire, una linea piena di falle come nel caso della crisi sanitaria. La chiusura dell’ospedale Vietri di Larino, ad esempio, è figlia del Piano Operativo Sanitario voluto dal precedente governo regionale, quello targato Frattura, nel quale Facciola era vicepresidente e la Fanelli segretario regionale del partito. Certo, misure prese per tamponare il buco di 600 milioni di euro lasciato da Michele Iorio in campo sanitario; ma può questa classe dirigente “rimangiarsi” quanto deliberato senza una vera discussione all’interno del partito? Può radicarsi un partito, crescere nei territori, se tutto è concentrato su un’unica persona? Non può. Servirebbe una discussione, un confronto e un rinnovamento reale dove gli eletti amministrano e il partito fa politica. Ma in fondo, riflettendoci, il PD regionale, rispetto a quello nazionale, ha anticipato i tempi: oggi Facciolla è venerato, dopo essere stato nominato segretario, da quegli stessi che nel 2018 lo odiavano e sbeffeggiavano. Come non ricordare i battibecchi, per essere educato, a mezzo stampa e via social tra l’ex sindaco di San Martino in Pensilis ed esponenti di Molise 2.0 (cartello elettorale che fece opposizione al governo Frattura e Facciolla per poi candidarsi nel 2018 a supporto di Carlo Veneziale non eleggendo nessun rappresentante) oggi dirigenti e untori di lodi del Consigliere regionale del PD?

Facciolla, in tal senso, è stato un precursore: potremmo dire che Letta è un Facciolla bis. Oggi il PD regionale è governato, abuso del termine, da capi bastione che hanno fatto terra bruciata intorno sia negli uomini che nelle idee. Circoli chiusi e tesseramento fermo al palo. Ma d’altronde quanti oggi, con questa classe dirigente, si tessererebbero?  Il Covid ha solo evidenziato i problemi strutturali del partito. Politica fatta a tavolino, dietro ad uno schermo ma estranea alla società.☺

 

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