Uno scudo poetico contro i mali
12 Marzo 2025
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Uno scudo poetico contro i mali

La piccola ma raffinata casa editrice catanese ilglomerulodisale, fondata e diretta dal poeta Gaetano Giuseppe Magro, ha da poco inaugurato una collana di plaquettes intitolata «Omaggio a» e curata da un’altra affermata voce poetica catanese, Franca Alaimo. Il numero 1 della serie è dedicato ad Alessandro Fo, che vi pubblica dodici poesie in un librino assai elegante, in carta avorio e legatura a mano (una cucitura di raffinato refe rosso), dal titolo Scudo stellare (21 novembre 2024). Questo «scudo» è riprodotto in copertina ed è in realtà un disegno di Adriano Caprioli, non (ancora?) un affermato grafico, bensì un nipotino del poeta, dell’età di tre anni, che, interrogato dalla madre su cosa stesse raffigurando, ha risposto con le parole che Fo ha messo in versi nell’ultimo componimento:

«Questa macchia… Prima era nel Sole…
È una macchia grandissimissimissima.
E questa macchia cura tutte le cose».
«Davvero?» «Sì, cura… tutte le cose».
«Tipo?… Potresti farmi qualche esempio?»
«Cura te, cura papà, cura io,
cura me, cura nonno, cura nonna,
cura l’altro nonno e l’altra nonna…
Passa da tutti quanti, e lì…
E chi sta male…
Passa… E aggiusta tutto il corpo, pensa tu».

Dunque la «macchia», poi trasformata dal nonno in portachiavi per tutta la famiglia, potrebbe ‘funzionare’ come beneaugurante scudo sanitario anche per i fortunati possessori del libriccino, tirato (al momento) in sole 150 copie numerate.
Le altre undici poesie toccano vari momenti della vita. Si inizia con un’immagine di quelle che i nostri computer offrono al momento dell’accensione. È una veduta aerea di un esotico paesaggio: vi figura – minuscolo – un tempio, e chissà se dai suoi cieli lo stesso Dio si compiace delle lodi che se ne levano, oppure «un po’ quasi intenerito,/ sorride all’infinita piccolezza/ di costruzioni e di speranze umane». È in una delle nostre chiese, invece, che incontriamo «una suora cicciotta» in pianto per un rimprovero della superiora; nel suo sfogo disperato, osa violare il raccoglimento del luogo pur di trovare un po’ di conforto in una conversazione al cellulare. Una giovane intanto – forse la stessa che ha sorpreso la suora -, attraversando la città, svela dove si annidino i più bei fiori che spontaneamente la adornano. Altrove il poeta ripercorre episodi infantili (un certo muro di una vecchia abitazione che conservava ancora i suoi sgorbi di bambino) e incontri con persone care scomparse. Così come nell’Odissea la dèa Atena dimentica la sua lancia nel palazzo di Odìsseo, un’anziana amica dell’autore ha scordato in ospedale il suo bastone; il covid impedisce di andarglielo a riprendere, e di lì a breve la donna scompare: così quel suo bastone resterà per sempre fra le cose ‘irrisolte’ della vita, «dimenticato in qualche magazzino/ o, prima o poi, chissà, gettato via». Di altri amici che vivevano a Mantova il poeta tesse un compianto tramato di parole che evocano il nome della loro città (corsivi miei): «Mano nella mano, insieme mangiano/ due ragazze, scopertamente amanti./ Sole, intorno, e bellezza, sempre incantano,/ ma lì accanto il portone vostro è chiuso», tutte cose che «non aiutano in quanto mi mancate,/ e, di più, in quanto voi mancate a Mantova». Pensieri, sentimenti, ricordi che, nella poesia Eclissandomi, non si lasciano percepire ‘dentro’ l’ombra dell’autore proiettata sul marciapiede, così come non si colgono le infinite bellezze e sofferenze della Terra nel sereno arco che essa proietta sulla Luna durante un’eclissi.

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